mercoledì 30 novembre 2011

LETTERA APERTA N.2


Egregio Professor Monti,

Non credo che Lei abbia letto la mia lettera del 27 u.s. e perché la so affaccendata attorno al nostro letto di agonia e perché questo povero blog non supera i confini dei suoi pochissimi lettori.

Ormai l’attesa delle tanto famose manovre o leggi o iniziative o chissà cavolo che cosa ha un termine: il 5 dicembre, lunedì. Purché non ci ripensi un’altra volta, mi raccomando.

Intanto ho ricevuto sulla mia posta una letterina da Gabriella che si dice anch’essa delusa e intristita e un po’ arrabbiata: governo di impettiti, governo algido.  Questa lettera che avrei voluto pubblicata come commento sul blog, perché tutti la leggessero, mi ha fatto riflettere. Perché noi italiani non tolleriamo o tolleriamo male questa dignità altezzosa, questa distanza emotiva da noi, popolo?

Ho ripensato all’esplosione di gioia liberatoria e commossa quando nel lontano 1959 alla morte di Pio XII papa Pacelli, fu eletto Giovanni XXIII e lui fece quel famoso discorso di “fate una carezza ai vostri bambini e dite loro che questa è la carezza del Papa”. La gente non osava credere alle proprie emozioni… dalla figura snella e fredda, ieratica e rituale di papa Pacelli all’affettuosità calda e contadina del grassottello  papa Roncalli.

Orbene mi viene in mente tutto questo perché noi cittadini, noi italiani, gente comune, lavoratori, piccoli imprenditori, professionisti veri e falsi, saremo anche un po’ furbetti e mascalzoncelli, ma nella media siamo gente onesta che lavora duro, che paga uno sfracello di tasse, che non ha colpa dell’enorme debito accumulato sulle sue spalle da amministrazioni sciagurate e disinvolte, che si sente dire un giorno sì e l’altro pure che deve fare sacrifici, che è finita la festa, che basta con la goduria. Ma quale? Ho settantanni e di programmi di austerità ne ho sentiti tanti, ma tanti, ma annunci di festa (abbassiamo le tasse, alziamo gli stipendi, aumentiamo i giorni di vacanza, diamo pane  a tutti) nessuno, mai.

Insomma vogliamo che qualcuno ci dica che ci vuol bene, che pensa a noi non come  a una massa di limoni da spremere, ma come cittadini “sovrani” cui va rispetto  e attenzione. Ma quando mai da noi, per noi piccoli e sconosciuti cittadini, c’è stata la festa? Forse per pochi potenti e iperbenestanti sì. Forse per i mafiosi sì. Ma per noi… Prima la guerra, anche quella disastrosa civile, fra di noi,  poi la fatica della ricostruzione, poi un piccolo boom che ci ha liberato dalla povertà, poi subito dopo il terrorismo, poi i governi democristiani dei dieci mesi e i pentapartito, Craxi e la ruberia infinita, poi l’epoca del berlusconismo in cui molti di noi hanno creduto proprio perché ingenuamente hanno creduto nella festa e si sono ritrovati con uno che parlava bene ma governava più che male, anzi non governava affatto perché troppo preoccupato di se stesso.  Tutti papà avari, distratti , severi e soprattutto debordanti in fatto di promesse. Vane.

Noi cittadini siamo deprivati emotivamente. Abbiamo bisogno di sentire che qualcuno ci vuol bene e opera sinceramente per noi. Che non è sulla luna mentre noi razzoliamo su questa terra infelice. Che è attento ai nostri problemi di fine mese.  Che distribuisce equamente i carichi. Che sa chi colpire per primo, se è necessario.

“Ma che colpa abbiamo noi” (firmato i Rokes)  mister Monti, per essere trattati così?

Abbiamo stima di Lei Professore: non ci deluda. Buon lavoro, Prof. Monti.

Amoproust, 30 novembre 2011

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