martedì 22 novembre 2016

Avventura metropolitana (ossia follia di ordinaria burocrazia)

Donatella soffre di disturbi della memoria. Il medico curante dice : “Qui ci vuole uno specialista. E’ meglio che vada  a Milano”. Così mi rivolgo all’istituto Besta che mi dà un appuntamento abbastanza  veloce. Si fa per dire: quattro mesi.

La neurologa, gentilissima e competente ma con un cartellino al petto che dice co.co.co. (una professionista!), dopo vari esami di cui preferisco non parlare (due mesi di tempo e 200 euro di ticket) mi dice: “Ci sono dei farmaci che possono aiutare. Glieli segno così il suo medico curante glieli prescrive”.

Ma, per questi medicinali, occorre un cuore perfetto. Quindi visita cardiologica. Mi rivolgo alla ASL del luogo: 4 mesi. No, dico. Mi rivolgo a una struttura privata convenzionata: 15 giorni. Il cardiologo visita, fa l’ECG e dice: “Ci sono dei segni che non mi convincono.  Sembra che ci sia stato un infarto, ma è una piccola probabilità. Serve un’ecocardio.  Prenoti qui  e venga”. Prenoto (intanto paura e sospetti) e dopo quindici giorni l’ecocardio. Stesso ambulatorio e stessi medici. Ma non potevano farlo subito? 

Siamo contenti perché non c’è nulla di importante. Cuore perfetto.

Torniamo dalla neurologa di Milano che gentilmente ci dà un appuntamento fuori CUP, altrimenti ci vogliono i 4 mesi. “Bene – dice la dottoressa – le faccio il piano terapeutico perché per questi medicinali ci vuole il piano terapeutico”. Un foglio con i dati anagrafici della paziente, il medicinale prescritto e il tempo di prescrizione (30 giorni). Non altro. 
Bene, con il piano terapeutico torniamo dal medico curante che fa la ricetta. Rossa, perché per questi farmaci ci vuole la ricetta rossa (quella bianca non basta). La farmacista osserva la ricetta e dice: “Gliela procuro”. “Perché, non l’ha in negozio?” “No questo tipo di farmaci li consegna direttamente la ASL. Torni domani.”

Finalmente riesco ad avere il farmaco. Chiedo alla farmacista: “Perché tutta questa manfrina? E’ un farmaco costoso?” “No - è la risposta. 16 euro”.

Perdirindina.

Ho speso per ticket delle varie visite ed esami più di 100 euro per avere un farmaco che ne costa 16?

Questa è la burocrazia della sanità  in Italia. Non ammalatevi e se vi ammalate… beh vi auguro una felice cura e incrociate le dita.


Amoproust 22 novembre 2016

venerdì 18 novembre 2016

Voterò…sì.

Credo che a pochi interessi ciò che farò il giorno del referendum, ma dato che nel mio blog mi sono sempre esposto sinceramente, trovo corretto esprimere il mio orientamento per il voto, nel massimo rispetto di chi ha deciso diversamente.

Io penso che la riforma proposta da Renzi abbia molti difetti ma, leggendola attentamente:
·       non vedo lo stravolgimento della Costituzione. Infatti i punti fondamentali rimangono intatti
·              non ho riscontrato pericoli di svolte autoritarie o peggio
·            ci sono positività che si rincorrono da anni: il superamento del bicameralismo perfetto, compiti diversi per la Camera  e il Senato, maggiore semplicità nell’approvazione delle leggi
·        la riforma del titolo V attribuisce poteri allo Stato che prima erano delle Regioni: fatto positivo in quanto il federalismo accentuato rischiava di minare l’uguaglianza dei cittadini e il diritto di tutti a prestazioni identiche (la riforma del 2001 si è rivelata profondamente sbagliata).

I difetti:
·             un Senaticchio formato da consiglieri regionali e sindaci con un doppio lavoro non retribuito. Non faranno bene né la prima cosa né la seconda e si sa che, quando una persona non è retribuita, non fa niente o quasi. Era forse meglio abolire il Senato del tutto.
·        l’assenza di un’indicazione chiara di chi elegge i Senatori, la camera alta. Perché sottrarre ai cittadini questa prerogativa?
·             il pericolo, data l’ambiguità di alcune norme, di conflittualità permanente tra lo Stato e le Regioni (si sa la litigiosità degli italiani che si accapigliano per tutto e sono riottosi a regole comuni).

In sintesi: la Riforma poteva essere fatta meglio e con maggior giudizio ma questo non è ragione per bocciarla al cento per cento. Bocciarla significa lasciar tutto come prima, perdere i vantaggi che offre (indiscutibili) e ricominciare a lamentarsi per mettere in piedi a ritmo continuo altri aborti di riforma non condivisa.

Ancora: il Parlamento (e noi siamo una Repubblica parlamentare) ha operato due letture della Riforma per Camera e l’ha approvata nel testo esatto e con il titolo esatto in cui viene sottoposta ai cittadini.  Delegittimiamo il Parlamento? E perché alcuni parlamentari che l’hanno approvata adesso optano per il “no”? Non do giudizi, mi pongo la domanda.

Le obiezioni relative al cosiddetto “combinato disposto” risultante dall’incrocio perverso tra riforma e legge elettorale è stato in parte superato con l’accordo interno al PD per una riforma della legge elettorale. Cuperlo l’ha firmato.

E’ solo una promessa e una prospettiva, ma il capo del governo ha tutto l’interesse politico a mettere in piedi una riforma dell’Italicum che ora promette solo di sbalzarlo di sella. Non solo ma l’accordo prevede di riportare i cittadini alla elezione dei Senatori. “Come” non si sa, ma è un passo avanti. E poi c’è il fatto che la legge va approvata dal Parlamento  e nessuno è disponibile a votarla prima del 4 dicembre (ci sono i numeri?).

Infine per il no e il sì alcune considerazioni strategiche.

Il “sì” origina stabilità, non apre scenari di crisi. Indiscutibile. Renzi (è un arrogante - lo sappiamo -  attacca a testa bassa, si rende antipatico) si rafforza ma non sarà un regime. Togliamoci questa idea dalla testa. C’è un Presidente della Repubblica e c’è una forte opposizione. Timori infondati.

Il “no” introduce fatalmente un periodo di instabilità. Nessun dramma, ma molti problemi. Urla e strepiti. Richieste di dimissioni del Governo, che, se accettate, potrebbero portare a elezioni anticipate. Con quale legge? Una per la Camera e una diversa per il Senato? Con quali conseguenze? Le elezioni porterebbero fatalmente a un ballottaggio in cui gli italiani –  si prevede (al di là dei sondaggi di cui non si fida più nessuno, ma in una prospettiva politica corretta) – consegnerebbero il Governo ai 5 stelle. Potrebbero anche governare bene, ma Grillo non dà alcuna affidabilità.  Chapeau, un capolavoro.

Oppure il no prelude a un governicchio tecnico o a un ritorno di Renzi con le grandi intese. E’ questo che vogliono i sostenitori del no?

E non me la sento di mettermi in compagnia di Salvini, Grillo, Brunetta e Meloni. + Sel e alcuni dem. Non mi piacciono queste ammucchiate destra-sinistra, sempre preludio nella storia di brutti periodi.

Con i problemi  sul tappeto in Europa e nel mondo non è il caso di aprire una crisi che può essere semplice ma anche drammatica. Non lo possiamo prevedere. 
Oggi non abbiamo un’alternativa seria, migliore a Renzi. Lo predica da mesi il filosofo Cacciari. E gli do ragione.  La pensano così altri autorevoli personaggi. Mi trovo in compagnia di Scalfari, Veltroni, Pisapia, Cuperlo, Fassino, Chiamparino, Rossi, Zingaretti, autorevoli rappresentanti del PD. Forse anche Prodi. Gente di sinistra, tra i fondatori del PD. E il referendum non mette in gioco il governo (dichiarazione di Bersani).

Sono approdato al “sì” con un travaglio personale che mi vede scegliere una soluzione che molti dei miei amici e compagni non condividono.

Mi dispiace ma la coscienza politica è coscienza politica.


Amoproust, 18 novembre 2016

martedì 15 novembre 2016

e-commerce

E-commerce

L’e-commerce è un’altra di quelle formule “magiche” che definiscono la modernità tecnologica. Non vorrei sembrare reazionario ma io ho le mie perplessità. E vi spiego il perché.

Certo, è di una comodità sconcertante. Vai su Internet, esplori i siti di vendite (Amazon p.e.), trovi un prodotto che ti piace, fai pochi clic e lo comperi. Con la carta di credito o con Paypal. Non ti muovi da casa tua, in vestaglia e pantofole. Qualche giorno dopo ti arriva il plico con il prodotto. Velocissimo. Amazon prime promette in un giorno.

Ma pochi pensano a cosa c’è dietro: colossali magazzini dove giovani spesso al primo lavoro (si prende ciò che si trova) registrano gli acquisti, movimentano le merci, le impacchettano, le dirigono agli spedizionieri, le caricano e via al destinatario. Moderni operai: una vera catena di montaggio logorante, un nuovo schiavismo. Retribuzioni da fame, spesso a cottimo: chi più fa (pacchetti – movimentazioni, imbustamenti) più guadagna. Un  tanto a lavorazione. Facchinaggio, carrelli, pacchi, scaffali, ritmi insensati. Stakanov insegna.

Nessuna vera tutela, precarietà assoluta, licenziamenti facili. Una fabbrica senza sindacati.

E poi? Camion e furgoni che girano per il territorio a consegnare. Sempre in fretta, sempre senza respiro.

Internet, la rete doveva semplificare la vita e andare verso il disinquinamento del pianeta. E’ esattamente l’opposto con l’e-commerce.

Non discuto che certe categorie di persone abbiano bisogno della consegna a domicilio  e certi beni siano rintracciabili solo on-line. Ma se uno ha le gambe e la voglia di uscire di casa va  in centro, gira per i negozi, guarda le vetrine. Trova ciò che gli piace, lo acquista. Queste abitudini possono aiutare a rivitalizzare i centri cittadini, alcune volte degradati  a favore di enormi centri commerciali.

Volete aiutare la società? Alzatevi dalla sedia  e muovetevi. Limitate l’e-commerce allo stretto necessario. I giovani possono trovare lavoro come commessi e vetrinisti e commercianti. Non saranno più schiavi di un enorme magazzino.

Poi ingiuriatemi come codino e retrogrado. Ci sto.

Amoproust, 15 novembre 2016


giovedì 10 novembre 2016

la vittoria di Trump

Trump ha vinto

Le elezioni presidenziali in America. 

Trump ha vinto. Non nei numeri perché in termini di popolazione Hillary ha avuto più voti, ma per il perverso sistema americano per cui, negli Stati, chi vince anche per un solo voto, si prende tutti i grandi elettori. Una vittoria politica, di sistema,  che dovrebbe essere amara  e far riflettere un uomo che si definisce antisistema, anti  establishement. Non ha il consenso popolare se non per il 50%. 

Ma intendiamoci! Mai vedremo fare ragionamenti di questo tipo. In America il sistema è sacro anche per chi è political incorrect. Trump si è affrettato  a fare dichiarazioni concilianti, dopo una campagna elettorale “armata”, corredata di promesse “rivoluzionarie” oltre che di insulti e diffamazioni.  

L’uomo Trump è imprevedibile e ciò continua  a renderlo pericoloso  e disponibile a qualsiasi avventura purché nella direzione voluta dalla middle class dei wasp, i maschi bianchi protestanti e lontani da ogni vera “intellettualità”. Il culturame (direbbe Scelba)  che questi ultras americani disprezzano in nome del vecchio sogno americano maschio, bianco e puritano. Quella razza bianca americana così viva e forte negli Stati rurali e discendenti nostalgici dell’individualismo  e del farsi giustizia da sé, intollerante di regole restrittive, viva il Far West. 

Ha vinto lo spirito dei John Waine e dei Clint Eastwood. Senso di predominio, paura del diverso, uso della forza delle armi, negazione della democrazia come dialogo, steccati, disprezzo della cultura, supremazia sulla donna: queste le caratteristiche di Trump e del suo popolo. L’ho già detto e lo sanno tutti.

Cos’è in gioco per cui il mondo è cambiato dopo Obama? 

E’ in gioco l’ambiente, Trump farà carta straccia degli accordi di Parigi, troppo frettolosamente esaltati come la soluzione del problema. E’ in gioco la pace: Trump ama l’uso della forza delle armi e questa logica ha conseguenze nefaste, soprattutto se, all’orizzonte, si staglia una perversa e inedita alleanza con la Russia di Putin. 
E’ in gioco la pace intrarazziale, che potrebbe, se le minoranze etniche fossero di nuovo ridotte all’emarginazione, scatenare una vera guerra civile. 
E’ in gioco la relazione pacifica con l’Europa che vede di fronte a sé non più un sicuro alleato, ma un interlocutore difficile e pronto all’appoggio di forze disgregatrici. Non per nulla hanno esultato Orban, Erdogan, Le Pen e Salvini, nonché, ahimé, il mi(se)rabile   Grillo. Pronto  a sfruttare qualsiasi vaffa.

Ma l’America non è compatta dietro Trump. Forse è quello che lui vorrebbe e che si è augurato nel discorso postelettorale. 

Il popolo americano è di fatto spaccato in due: da una parte la minoranza dei maschi bianchi conservatori e una middle class dimenticata e impoverita cui si sono aggregate minoranze rabbiose per la loro condizione sociale e le lobbies delle armi e del big oil. Questa minoranza oggi ha il petto gonfio per la vittoria, e, forse, sotto sotto risogna la segregazione e l’apartheid (che bello avere la moglie ai fornelli e i domestici negri in giardino e nella casa a tenere in ordine a costo quasi zero!). Dall’altra la minoranza colta dell’intellighenzia delle Università e della cultura cui è pronto ad aggregarsi  l’establishement economico finanziario che non alcun interesse a vedere il paese spaccato in due  e impoverito. 

Questa minoranza, se Trump dovesse procedere come un carro armato nelle sue controriforme (in campo sanitario, ambientale, pacifista) esprimerà il dissenso nei modi più forti possibile. Aspettiamoci una stagione di manifestazioni, scontri, marce degli ecologisti, dei movimenti delle donne e delle minoranze etniche. 

Trump non potrà spegnere l’incendio del dissenso con i sistemi di Erdogan (anche se forse gli piacerebbe) perché semplicemente gli Stati Uniti non sono la Turchia, ma lo Stato democratico più longevo del pianeta. Non potrà in alcun modo.

Per questo, come ha detto Obama con un intelligente retropensiero “il sole sorgerà ancora”. Molto presto. Spesso la vittoria degli ultra conservatori antisistema serve ad aprire gli occhi ad una nazione intera, forse al mondo occidentale intero.

La speranza non è morta.

Amoproust 11 novembre 2016



giovedì 3 novembre 2016

Le elezioni americane

Trump e Hillary

Noi siamo turbati e quasi paralizzati dal disastro immane che ha colpito il nostro già povero Paese e ciò ci rende distratti nei confronti di altri eventi di portata universale.

Le elezioni presidenziali in America. Trump in forte ripresa: un uomo che molti definiscono “pericoloso”, rappresentante di quella razza bianca americana così viva e forte negli Stati rurali e poco “intellettuali” degli USA. Senso di predominio, paura del diverso, uso della forza anche delle armi, negazione della democrazia come dialogo, steccati, disprezzo della cultura, supremazia sulla donna: queste le caratteristiche di Trump e del suo popolo. Assai poco rassicuranti per il mondo, se dovesse vincere.  La pace che già non c’è in pericolo come non mai. 

La controparte Hillary non è poi il meglio che l’America democratica potesse esprimere e non stiamo a dilungarci sul perché. Tra i due è il candidato più rassicurante e ci auguriamo che vinca. Ma non è finita.

Il sistema americano, in più parti perverso, oltre a consentire di arrivare alla corsa per la Presidenza solo a chi possiede mezzi enormi (ed è quindi di fatto una plutocrazia), permette maggioranze diverse per la Camera e il Senato per cui è possibile una Camera repubblicana e un Senato democratico oppure tutte le combinazioni possibili. E’ chiaro che una vera governabilità dello Stato e della politica estera è possibile solo con una forte coesione politica  a livello di organi decisionali. Questo non è avvenuto per Obama che avrebbe potuto realizzare molto di più del suo programma se non fosse stato ostacolato dall’opposizione della Camera.

Hillary, se eletta, corre rischi molto più alti. Non solo i repubblicani si concentreranno sull’elezione dei loro rappresentanti al Senato e alla Camera per creare appunto una situazione di conflitto e di stallo (la classica stanga tra le ruote) ma Hillary sarà perseguitata dalle accuse e dagli impedimenti. Le sarà impedito di eleggere membri della Corte suprema (il Senato può bocciare le decisioni presidenziali). Le lezioni di mid-term possono creare situazioni di paralisi. Hillary sarà resa impotente.

Questo è il risultato di un sistema perverso, pensato per avere contrappesi ma, in caso di odio fra le parti e demagogie irrazionali, destinato a creare le promesse per una totale ingovernabilità. E ciò per la potenza più grande del mondo è un dato impressionante. Putin ridacchia e il premier cinese si sfrega le mani soddisfatto.

Tenendo conto poi del dato che in America votano solo il 30% dei cittadini aventi diritto, ci possiamo chiedere che fine ha fatto o farà quella che fu chiamata la più grande democrazia del mondo.

Le democrazie sono in crisi un po’ ovunque e dilagano populismi e  regimi autoritari, anche in Europa. Il panorama è desolante. L’Italia ancora si salva (in un contesto di tensioni non indifferenti). 

Monito anche per non dimenticare che rappresentatività e governabilità sono due assi dello Stato democratico da salvaguardare attentamente per non “perdersi”.


Amoproust 3 novembre 2016