La Le Pen sconfitta?
Molti commentatori “democratici”
sui quotidiani odierni esultano perché - dicono - la Le Pen è stata sconfitta.
Permettetemi di non unirmi all’esultanza.
Perché è vero: in nessuna delle quindici macroregioni francesi il FN ha vinto.
Il ballottaggio ha permesso l’union sacrée
tra republicains di destra e di
sinistra per facilmente sconfiggere l’ultradestra, intuita come un pericolo. E
molti disertori del voto al primo turno hanno dato una mano alla sconfitta
della Le Pen. Tutto giusto a livello dei
numeri e del risultato.
La sostanza è però un’altra: i
lepenisti non hanno perso un voto tra i due turni. Sono maggioranza nel paese e
maggioranza restano. Sconfitti? Ma andiamo!
Non è giusto esultare per il motivo
di cui sopra, la stragrande platea di fascisti presenti nel paese delle libertà e dell'uguaglianza, ma non è giusto esultare anche pensando che cittadini consapevoli
e responsabili sono andati a votare al secondo turno solo per evitare il
disastro, cioè in una logica di emergenza. Un cittadino consapevole e
responsabile va a votare e non si
astiene, punto. Soprattutto se la competizione si fa rischiosa e la posta in
gioco è alta. In questo senso la società democratica francese ha fatto “cric”,
ha scricchiolato.
In secondo luogo perché l’ammasso,
il cumulo, l’inciucio tra destra moderata e sinistra per battere il fascismo è
un pateracchio che non ha futuro. Il giorno dopo si comincia a litigare. Il
fascismo invece è tale perché è compatto: i fasci sono strettamente legati e
hanno una scure indicativa di qualcosa di molto sinistro.
Io mi preoccuperei di avere, nel
mio paese, un 40% di fascisti. Non è escluso che sia così anche da noi. Salvini e la sua predicazione sono puro fascismo. Perché
il fascismo non è né un voto, né una semplice tessera. È una mentalità, un modo
di vivere e di appartenere alla società.
È fascismo vedere negli altri, nei
diversi da noi semplicemente dei nemici o anche solo qualcuno che ci ruba posto
al mondo o l’aria che respiriamo o il cibo che mangiamo. È fascismo chiudersi
nei confini di una nazione o regione o città, ritenendo che gli altri debbano
star fuori, privi di diritti. È fascismo anche solo credere in un capo, in un
verbo, in una parola d’ordine senza poterla discutere e criticare, metterla in
dubbio se non è convincente. È fascismo pensare, anche solo pensare che esista
un’unica cultura, un unico modo di vivere, un’unica famiglia e un’unica fede religiosa.
È fascismo credere di essere gli unici che hanno il giusto modo di vivere, di
alimentarsi e di fare cultura. Il fascismo è l’esatto opposto dell’apertura e
della tolleranza, della convivenza pacifica e del pluralismo culturale e
politico.
In tutte le culture e le civiltà
esiste un criptofascismo strisciante che talora si ammanta di difesa della
propria identità contro gli inquinamenti o le contaminazioni. La propria identità
personale e societaria è cosa sacrosanta
ma solo quando è aperta e disponibile a recepire l’innovazione e il cambiamento
positivo.
Questo cripto fascismo da noi è più
che diffuso, è quasi la normalità del
modo di pensare e di vivere. E lo si coglie nella battute da bar, nei
corsivi dei giornali di provincia, nei pareri espressi anche da autorevoli
commentatori.
Allora non c’è da esultare se
ammucchiate pseudodemocratiche e improvvisate
vincono tornate elettorali bloccando il comune nemico. Perché questo
rimane lì, intatto, monolitico, arcigno. E pronto a riattaccare quando sarà il
momento.
La società – soprattutto politicamente
parlando – ha la memoria corta. Ci siamo in fretta dimenticati degli orrori del
nazismo e del fascismo, in Europa e
altrove. Ci siamo dimenticati di come anche questi fascismi siano giunti al
potere in modo quasi sempre morbido, come portatori di ordine e di civiltà in
società dilaniate dalla competizione politica e dai conflitti sociali. Per
imporre poi la caserma sociale, la cultura e il pensiero unici, la strage e l’annientamento
del nemico.
Dobbiamo vigilare perché questo non
avvenga. Sostenendo la democrazia e andando a votare per le forze politiche che
la rappresentano anche se non ci piacciono
al 100%. E le forze politiche che si dicono democratiche hanno il dovere di comportarsi,
verso i cittadini e la società tutta, come tali. Accettando p.e. il dibattito e
il confronto, la critica costruttiva e il dialogo.
Spesso il fascismo comincia così:
dando la parola solo al capo. Sono fischiate le orecchie all’amico Renzi?
Amoproust, 14 dicembre 2015