In
attesa perenne (aspettando Godot… o il deserto dei tartari?) seconda puntata
Come volevasi dimostrare. La
Consulta ha espresso il suo parere e ha detto (pro forma dovuta) che ciò che
rimane nell’Italicum è sufficiente per andare
a votare. Ma non è vero perché rimangono le difformità tra Camera e Senato e i cittadini sono “derubati” del loro
diritto a scegliere i loro rappresentanti.
Toccherebbe al Parlamento darsi una
mossa e mettere in piedi una legge elettorale decente che garantisca tre cose:
il rispetto del popolo sovrano, la rappresentanza
e la governabilità (vera).
Nessuna forza politica ha in Parlamento
la maggioranza utile a approvare una legge importante come la legge elettorale.
E poi è bene (ce lo diciamo da anni) che tale tipo di legge abbia un largo
consenso. Sembra invece che il Parlamento incapace o pigro o arroccato voglia
lasciar la prerogativa di fare le leggi alla Consulta o alla Magistratura.
Stravolgimento. Così si aspetta la sentenza
nel suo articolato. Si aspetta come sempre.
E’ una situazione paradossale. Come
uscirne senza andare a votare con due
leggi zoppe e un esito di totale ingovernabilità nessuno lo sa. Mi vien voglia
di dire “Precettiamo i deputati e i senatori. Non escano dalle loro aule senza
una legge adeguata e che corrisponda ai
requisiti come sopra”. Chi lo può fare? Credo nessuno. Il Quirinale potrebbe
emanare un forte invito sotto forma di moral suasion, nulla di più.
Il buon senso (ma è ormai una merce
rara) vorrebbe che si assuma con una disposizione di un solo articolo la legge
elettorale del passato che ha dato storicamente
il miglior risultato (sempre tenendo presenti i tre principi di cui sopra): i
partiti comincerebbero a litigare sul maggioritario, il proporzionale secco, quello temperato da una forma di
premio di maggioranza, Consultellum, Porcellum, Italicum, Mattarellum, Legalicum
(ultimo nato. Auguri!) e via via… Perché nessuno, dico nessuno, tra i partiti
esistenti ha il senso dello Stato e della necessità di rispettare la sovranità
popolare. Ognuno tira l’acqua al suo mulino, o meglio pensa solo e soltanto ai
suoi interessi di parte. Partiti come partigianerie.
I cittadini hanno tutte le ragioni per
indignarsi contro la casta. Ma la democrazia esige il voto rispettoso dei
diritti. L’alternativa è la rivoluzione o l’uomo forte che faccia la sua
rivoluzione, sempre per i suoi interessi. Siamo messi male.
Non è pessimismo – diceva quel tale
– è realismo.
Amoproust, 27 gennaio 2017. Giorno
della memoria.