QUASI
DUE SETTIMANE DOPO
Amoproust, dopo il 20 aprile, è
andato prima in apnea, poi in semiagonia, infine in vacanza per dimenticare.
Non ci è riuscito.
Il Governo Letta è insediato ma
Amoproust non è contento. Amoproust è passato attraverso molteplici sentimenti.
Ha cambiato mille opinioni, un giorno pensava rosso, il giorno dopo l’esatto
contrario, ma, alla fine gli è rimasto sul gozzo un pensiero di fondo. Che si
accinge a confessare schiettamente. Magari ha torto marcio. Magari si sbaglia.
Mah!
Il pensiero di Amoproust riguarda
il PD e la cosiddetta sinistra di governo. Che per governare è finita nell’abbraccio
con il nemico, guarda caso quel Berlusconi che è vent’anni che lo ostacola e
gli sta sulle croste. E ci è finito dopo una campagna elettorale giocata al
grido: Mai il governissimo!
Bugiardi e infidi coloro che
dicono che non c’era alternativa. C’era, ma ci voleva un coraggio da leoni a percorrerla.
Ci siamo cagati sotto e, come bambini impauriti, ci siamo rifugiati tra le
braccia protettive di nonno Giorgio, Onnipotente Patrono dell’Italia. Siamo
corsi da lui dopo aver fatto tremende marachelle, che mai dico! veri delitti patricidi.
Che Giorgio ci perdoni! Forse per quello chi ha regalato una bella penitenza!
Qual era l’alternativa? Un rischio pazzesco! Invece di
guardare sempre a destra, voltare il capo a sinistra. Inaudito per un partito
che si dice di sinistra! C’era una candidatura bella, pulita, pronta,
disponibile: si chiamava Rodotà. Non era un palese mascalzone e nemmeno un discutibile uomo dal passato
pieno di macchie. Era semplicemente un austero sostenitore della Costituzione e
dei diritti, guarda caso uno dei nostri padri fondatori.
Bene: non l’abbiamo
degnato nemmeno di uno sguardo, di una considerazione. Pussa via! Candidatura
sporcata dai grillini, sostenuta dai grillini, quegli infami che ci hanno
rifiutato pervicacemente per giorni! Certo Grillo è un demagogo populista, un arruffapopoli
come pochi. Ma ha avuto 8 milioni di elettori e ha portato in Parlamento una
pattuglia di deputati e senatori. Che facciamo? Li ignoriamo per 5 anni? Non li
integriamo come fossero dei lebbrosi?
Orbene secondo Amoproust condividendo la candidatura Rodotà si apriva
un portone. Amoproust è in buona compagnia perché lo ha detto anche Cacciari
(che schifo! Un intellettuale!) e poi Barca (come osa quel novizio?) e poi altri
(tutti eretici, tutti scomunicati). Sostenevano Rodotà migliaia di elettori del
PD. Ignorati. La nomenclatura ha pensato che non era il caso. Di aprire un
portone che ci avrebbe portati a un governo condiviso con i 5 stelle, magari di
minoranza ma che avrebbe permesso di
fare a tamburo battente leggi fondamentali per il futuro dell’Italia come la soluzione
del conflitto di interessi, l’anticorruzione, la legge elettorale ecc.ecc. No,
non si può. Qualcuno non vuole! Non si devono fare, non si faranno mai!
Ma guarda un po’! No al sozzo
abbraccio con i grillini, sì all’abbraccio
mellifluo e drogato con il Cavaliere e la destra berlusconiana. Abbraccio che
una sparuta nomenclatura nel PD voleva e che trombando Marini e poi Prodi ha concretizzato
nell’appello a Napolitano che, si sa, per esercizio e dovere istituzionale è favorevole
alle larghe intese. Lo si sapeva, da sempre.
In tutto ciò ha stradominato la
vecchia politica della casta e hanno perso i cittadini. Mettendo insieme il PD,
la sinistra e il M5S si è avuto, in questa circostanza, per la prima volta
nella storia della repubblica, una maggioranza dell’elettorato favorevole a
riforme radicali: anticasta, antiprivilegi, anticorruzione. Non mi si dica, per
contraddire Amoproust, che il M5S è
antisistema: non si va in Parlamento se si è veramente (e non solo a parole)
antisistema. E poi essere antisistema, se per sistema si intende il pozzo nero
delle lobby e delle intese sulla pelle dei cittadini e non il rispetto della
Costituzione e della vera democrazia, non è forse anche un dovere?
Ora quindi ha vinto il partito
delle larghe intese.
Come a dire che ha vinto, ancora
una volta, il Cavaliere e la sua corte. Sghignazzava, infatti, l’infame. Un capolavoro
di strategia politica (della triste politica ottocentesca degli intrighi e
delle manovre sottobanco alla Cavour). Sghignazzava perché è lui ad avere in
mano il pallino, o meglio la palla del calcio di rigore che noi gli abbiamo consegnato.
Amoproust questo pensa e vorrebbe pensare altro. Ma si
tiene una riserva riservina. Vediamo delle belle promesse del discorso lettiano
di fine aprile quante ne verranno mantenute. In campo economico e in campo
istituzionale. Intanto abbiamo ministri che si chiamano Lupi (CL), Mauro (CL), Quagliariello,
Alfano e via dicendo. Dopo la vergogna
combinata da CL in Lombardia. Un altro che sghignazza impunemente, dal suo
seggio di senatore è il Formigotto.
Doveva finire in una chiavica, è finito a Palazzo Madama.
Una riserva piccola piccola. Se
ce la farà questo Governo Letta, onore al merito Se ce la farà a salvare l'Italia dal baratro economico, a dare un po' di lavoro e di speranza ai giovani e a fare due riforme istituzionali, due.
Ma intanto di leggi per i diritti
civili, di jus soli, di diritti dei gay non si parlerà. Non si parlerà più di
legge anticorruzione. E si seppellirà una volta per sempre il problema del
conflitto di interessi. In nome del partito di governo?
Berlusconi voleva come
primo punto l’abolizione dell’IMU: l’ha avuta subito, a tamburo battente.
Provvedimento che porterà alle famiglie prosperità e pace oppure provvedimento che
garantirà al Berlusca tanti bei voticini quando lui, togliendo la fiducia a
questo governo, manderà tutti a votare?
Amoproust vede questo scenario (e
spera di essere smentito):
- Vita breve o vivacchiamento infelice del governo Letta
- Qualche pretesto berlusconiano (uno qualsiasi) per rovesciare il tavolo delle riforme
- Si va a votare (Porcellum sì, Porcellum no... l'Italia dei cachi!)
- Napolitano dà sconfortato le dimissioni
- B. (indovinate quale B?) vince la partita delle elezioni
· Con un Parlamento nelle sue mani B. si fa eleggere
Presidente della Repubblica (e non avrà traditori a impallinarlo)
·
Saremo una repubblica Presidenziale.
Se questo scenario non si
avvererà Amoproust ne sarà felice. Ma non per un’alternativa qualsiasi. Siamo comunque
messi male, fratelli!
Amoproust, 6 maggio 2013.