lunedì 31 marzo 2014

Non capisco, non capisco, non mi adeguo…



Non capisco, non capisco, non mi adeguo…

Sono allibito.


Renzi ha promesso una riforma radicale del Senato (abolizione del Senato elettivo, no al bicameralismo perfetto) ma non ha, che io sappia definito le linee e i compiti del nuovo Senato non elettivo. Tutto da studiare e mettere  a punto. Camera delle regioni, Senato delle autonomie, con quali compiti? Sarebbe meglio saperlo presto. 

Renzi vuole tutto questo per snellire le procedure di approvazione delle leggi e risparmiare. Non ha torto se si pensa alla tortuosità del percorso bicamerale e alle spese abnormi di due camere. Fino a ieri tutti d'accordo, a cominciare dal Capo dello Stato.


Oggi però qualcuno si muove contro. Dice di non essere d’accordo. Poteva scantarsi per tempo e non aspettare la proposta in Parlamento. Ma noi in Italia amiamo i colpi di scena. E Grasso si adegua. Vorrebbe ancora un Senato almeno in parte elettivo. Perché? Quando questo qualcuno si chiama Grasso allora, beh, sull’attenti e sentiamo cos’ha da dire. Ma ci sono altri che parlano di svolta autoritaria e di fine della democrazia. Anche qui nomi grossi… Rodotà, Zagrebelsky, tutta Libertà e Giustizia… gente dalle idee forti e sane. 

Ma ahimè, si alleano con Grillo e compagnia, tutti uniti contro il cambiamento. A me questa roba non va giù! Grillo antiautoritario e custode della Costituzione…? Lui, proprio lui, ma andiamo!


Dove sarebbe la svolta autoritaria? Nel monocameralismo? Direi proprio di no, dopo anni che si chiacchiera contro il bicameralismo perfetto. Nella legge elettorale approvata alla Camera? Non è perfetta, ha molti buchi ma due grossi pregi: assicura un vincitore netto, mette fine alle grandi intese (vivaddio!), assicura una buona governabilità e una maggioranza per cinque anni. Svolta autoritaria? Sì, se a tutto questo preferiamo gli immobilismi paralizzanti dei veti incrociati e alle decisioni preferiamo  le eterne discussioni infinite, le nottate e le votazioni con cinquemilaseicentosessantasei emendamenti. Manca la libertà di stampa in Italia? Non più di tutte le nazioni occidentali. Siamo in una democrazia rappresentativa, vale il principio della maggioranza che non deve impedire il dibattito, ma, vivaddio ancora, alla fine una decisione va presa! E questa non può essere che la volontà della maggioranza. E ancora la svolta autoritaria sarebbe la concessione di maggiori poteri al premier? Nulla è deciso e tutto dipende da che cosa si tratta. Se è solo il potere di sfiduciare un ministro e sostituirlo, poca cosa, mi sembra.


Ora le riforme costituzionali vogliono uno schieramento più ampio possibile. Viene l’orticaria  a pensare che – in questo schieramento – c’è ancora l’eterno puzzone. Ma così va il mondo: a destra più puzzano e più se li tengono cari. Ma allearsi con Grillo, dopo quello che ha detto e che ha fatto, dopo la sua dichiarazione che lui “democratico” non è, no, mai!


Signori costituzionalisti a oltranza, fatevi una ragione della necessità di certe riforme. Una bella donna come la nostra Costituzione invecchia bene e in salute, ma, ogni tanto un po’ di restyling e di make up le fa anche bene.

Amoproust, 31 marzo 2014

sabato 15 marzo 2014



I maschietti progressisti

Su Facebook un’amica scatenata mi ha chiamato “maschietto progressista” perché ho osato dire che la parità non si prescrive per decreto. Io penso infatti che sia un grande errore stabilire delle quote rosa in una legge elettorale. La consapevolezza che le donne hanno pari dignità degli uomini e che possono aspirare  a guidare e rappresentare la società è una conquista storica, dopo secoli di pregiudizio e supremazia maschile. Ma non si deve imporla per legge. Le forze politiche che hanno maturato questa consapevolezza agiranno di conseguenza e, se non lo fanno, mostreranno la natura atavica del pregiudizio. Ma è inutile chiedere a forze che non hanno questa consapevolezza, forze retrive e reazionarie che – per legge – introducano quote femminili. Spesso non le hanno, in politica. Spesso storicamente hanno “onorato” le donne mandando in Parlamento solo bellone, raccomandate, escort e veline. Bella conquista!

La parità non c’è ora. Si realizzerà non per decreto ma agendo sui meccanismi sociali che premiano gli uomini e discriminano sessualmente ovunque, nella scuola, nelle aziende e nei partiti. Occorre un cambio di mentalità e di atteggiamenti.

Poi guardiamoci in giro. Già oggi il Parlamento italiano (grazie alla sinistra ndr) è il Parlamento che, in Europa, ha più presenze femminili. Non c’è in Europa una nazione che abbia stabilito per legge delle quote rosa. Ma le donne al potere ci sono, e come!

Le donne considerino con attenzione chi è dalla loro parte e chi fa finta di esserlo. Fatti, ancora una  volta. Non parole e nemmeno decreti.

Renzi e i mille euro

Già si è detto tutto sulle modalità di marketing di presentazione della proposta Renzi. Ci vuol poco a capirlo, basta guardare Renzi parlare e vedere in lui un ottimo venditore.

Ma a me la proposta non piace. Perché anzitutto osannata da tutti e già questo la rende sospetta. E poi perché demagogicamente orientata solo alla platea dei lavoratori dipendenti. I più tartassati d’accordo, ma non meno dei pensionati e non meno dei piccoli artigiani che, se magari evadono un po’, tuttavia fanno fatica a mettere insieme pranzo e cena e sono strangolati dalla burocrazia. Quanti ne ho visti e sentiti che hanno preferito gettare la spugna e la partita Iva per farsi assumere! Meno grane e stipendio piccolo ma sicuro a fine mese. Non si ottiene giustizia sociale discriminando.  Permettere poi detrazioni a chi ha un lavoro dipendente e non al pari reddito che ha uno status diverso è anticostituzionale. Soprattutto se si considera l’enorme platea di pensionati con assegno mensile pari o inferiore ai mille euro. A loro niente? Se la mossa Renzi è orientata a risollevare i consumi, i pensionati forse non sono consumatori? Poi c’è un’altra considerazione. In molti casi la pensione dei nonni e dei padri è il più grande ammortizzatore sociale che permette di vivere a tanti giovani disoccupati, soprattutto al Sud. Se non ci fossero queste pensioni, ciao pepp! Rivoluzione sociale o meglio rivolta sociale sicura! E allora, Matteuccio caro, buttiamo un occhio su tutte le situazioni di disagio e non solo sulle platee che creano consenso.

Infine una vera riforma fiscale non agisce sulle detrazioni ma cambia la curva delle aliquote, alleggerendo le basse e inasprendo man mano che si sale. Lo sanno anche gli studenti al primo anno di economia.
Speruma.

Amoproust, 15 marzo 2014

sabato 1 marzo 2014

Non ammazziamo Renzi



Non ammazziamo Renzi

Lo sport preferito della sinistra tradizionale, quello di farsi del male, ha  avuto un incremento fortissimo di fans con l’avvento del Governo Renzi.

Critiche, minacce di secessione, sottili distinguo, preannunci di sfaceli prossimi e futuri. E’ una storia già vista.


Del modo poco corretto e un po’ prepotente con cui Renzi è andato sulla poltrona di Palazzo Chigi, già si è detto e non ci ripetiamo. Ma ora che è lì ben insediato, è compito preciso della parte che lo ha portato lì, lo ha voluto lì (vedi primarie, vedi segreteria, vedi voti in Direzione) di sostenerlo compatti e uniti. Sostenere non vuol dire non criticare, non vedere gli errori, consigliare al meglio: sostenere vuol dire, in questo caso, rendersi conto che, se fallisce questo tentativo, fallisce l’ultima possibilità del paese di uscire dalla “palude”.


La sinistra che oggi guarda con sussiego, dall’alto, il tentativo di Renzi, è la sinistra che ha fallito almeno gli ultimi vent’anni di vita del paese: non ha saputo efficacemente contrastare Berlusconi, non ha mai fatto, quand’era al Governo, leggi adeguate a contenerne il potere mediatico, ha boicottato, con le sue divisioni e litigi e massimalismi, l’unico serio tentativo di buon governo (Prodi), ha saputo perdere elezioni sbagliando la campagna elettorale quando tutti i sondaggi la davano vincente, ha divorato il suo buon segretario (Bersani), ha compiuto il lavoro di autodistruzione con l’assassinio nella Cattedrale (il trombamento di Prodi al Quirinale: un capolavoro!), è andata lietamente incontro alle larghe intese dopo aver detto che non le avrebbe fatte mai più.  Questa vecchia bolsa sinistra non ha il diritto, oggi, di dire che Renzi è di destra, che è un presuntuoso, che il suo tentativo fallirà. La sinistra, con questa storia pazzesca alle spalle,  ha il compito-dovere di sostenere Renzi, di collaborare al successo della sua iniziativa.



Renzi propone (non entro nei dettagli) due grosse battaglie: una contro la disoccupazione, soprattutto giovanile, l’altra contro la burocrazia. Battaglie che si incrociano e che ne richiedono altre, collaterali, ma non meno importanti.



La disoccupazione. Un Governo non è in grado di creare posti di lavoro, ma è in grado di creare le premesse per il rilancio dell’economia e degli investimenti: meno costi, meno burocrazia, incentivi per attirare gli investimenti dall’estero, sanzioni per chi non investe , ma colloca i capitali all’estero. E il Governo è in grado di tutelare chi rimane senza lavoro (senza alcuna sua colpa). Il lavoro è un diritto, ma anche un dovere, cui nessuno si può sottrarre. E qui entra in gioco l’imprenditoria italiana che non ha, negli ultimi tempi, dato buona prova di sé: chiusure ingiustificate, delocalizzazioni all’estero, mancanza di coraggio imprenditoriale (intraprendere è un rischio, non è un buon imprenditore chi non vuole alcun  rischio), esportazione di capitali, investimenti in finanza anziché nel creare lavoro. Un capitalismo bieco e assai poco incline all’uso sociale della proprietà privata. Questa imprenditoria va messa alla frusta e non vale dire “la roba è mia” perché quando è in gioco la collettività, non esiste “mio” che tenga.



Seconda battaglia: la burocrazia, la piovra che divora lo Stato con la sua inutilità, inefficienza, lungaggini e ricatti. Tra i potenziali leader che si sono affacciati sulla scena politica Renzi è l’unico ad aver individuato nei lacci della burocrazia un vero nemico “interno” da battere. Guardate che è una lotta impari, difficilissima. I Governi e i Ministri passano, ma la dirigenza nei Ministeri e nelle grandi “partecipate” pubbliche rimane. La burocrazia crea spazi parassitari dove si annidano gli sprechi, crea e sostiene privilegi atavici, resiste al cambiamento, difende assurde prassi che giustificano lentezze e posti inutili. Troncare le sue spire e mettere in riga questa piovra è essenziale per la riforma dello Stato. La burocrazia è in grado di impedire che le leggi vengano attuate, che risorse non vengano utilizzate, è in grado di sostenere gli amici degli amici. Corruzione e sprechi qui si annidano. 800 miliardi di spesa è il costo della macchina dello Stato e annessi: ridurne il costo a 700 (poco più del 10%) salverebbe già il paese, creerebbe risorse per riforme importanti e la diminuzione del debito.



Agire su questi piani significa fare, il “fare” propugnato da Renzi. Ci riuscirà? Vedremo. Intanto non impediamogli di lavorare, non continuiamo a criticare la sua squadra, dicendo che la Guidi è un’infiltrata di Berlusconi (a fare che?), che la Boschi è la bella madonnina di Renzi, che era meglio la Bonino della Mogherini ecc.ecc. Non esiste un’opera perfetta. Era perfetto il governo Letta? Ma andiamo!



Io, personalmente, come molti altri, avrei preferito una buona legge elettorale  e poi il pronunciamento degli elettori. E’ sembrata una strada impossibile e rischiosa. Beh, allora, teniamoci Renzi. Il suo è un governo quasi personale, si è assunto tutta la responsabilità personale di un eventuale fallimento. Questo o è irresponsabilità o è coraggio. Di fronte alla storia è temerarietà. Ma i temerari spesso hanno compiuto grandi imprese.



Amoproust, 1 marzo 2014