mercoledì 18 dicembre 2013

Difendere le Istituzioni



Difendere le Istituzioni

La libertà di critica e di pensiero, di stampa e di esternazione, è un diritto di tutti i cittadini. Ma, per non cadere nel fatidico difetto per cui, per difendere ed esercitare la propria libertà, si offende o limita la libertà altrui, allora occorre ricordare che ogni diritto richiede un dovere. In questo caso il dovere del rispetto e della tolleranza, della non violenza e del pacifico esercizio della protesta.



Due riflessioni.   La prima circa il cosiddetto movimento dei forconi o del 9 dicembre (qualcuno nega che si tratti della stessa cosa). Si stenta  a capire chi stia dentro questa protesta e chi la stia sfruttando, strumentalizzando. Il disagio odierno è comune  a una miriade di cittadini, studenti, precari, pensionati, sottoccupati, artigiani e anche imprenditori. Esternare questo disagio è legittimo. Ma quando si urla “tutti a casa” “via questo governo e tutti questi partiti”, viene spontaneo chiedersi “per affidare il potere a chi?” “come? con quali regole di rappresentanza?”. Dietro l’angolo di una protesta tanto radicale da includere “tutta la casta, tutti i partiti, tutta la classe politica” c’è l’anarchia e, dopo l’anarchia, la richiesta da parte dei cittadini di ordine e quindi la dittatura del più forte e del più radicale. Historia magistra vitae.



Nel 1922 si pensava che quattro teste calde di squadristi non avrebbero intimorito nessuno. Ma nacque il fascismo che fece finta, all’inizio, di salvaguardare un fantasma di democrazia, ma ben presto si tolse la maschera, una volta consolidato il potere.



La seconda riflessione riguarda forze che siedono in Parlamento e che, non potendo gridare sempre “via tutti i partiti”   “via la casta”, per non autoaggredire se stessi, hanno preso di mira il capo dello Stato che, secondo una frettolosa diagnosi, sarebbe colpevole, addirittura, di alto tradimento, in quanto intervenuto impropriamente nella vita politica dettando regole e scadenze (la faccio breve).



Ora Napolitano è al secondo mandato, non ha chiesto lui di essere rinominato, ma le principali forze politiche, quasi in ginocchio, l’hanno implorato di intervenire e accettare perché incapaci di procedere. Lui ha accettato e, nel discorso di investitura, è stato chiarissimo. Non ha dettato regole ma contesti, ambiti, principi. E oggi ha il diritto di reclamare da parte dei politici l’osservanza di questa specie di patto. Lo fa e gli gridano “traditore!” non solo alcuni partiti politici ma anche parte della stampa e giornalisti come l’attaccatutto Travaglio (cui non va bene quasi mai niente). Napolitano è un nobile signore di 88 anni che ha “minacciato” solo di dare le dimissioni, qualora il quadro politico disattenda il patto. Dov’è il tradimento, quando uno dice: ”Non ci sto, me ne vado”? Quale impeachment? Per che cosa?



Che a gridare tutto questo sia Grillo, beh, è il suo stile maleducato e cafone e antipolitico. Ormai un’icona triste  degradata, inguardabile. Un vero buffone, un mentecatto guascone e parolaio. Ma che lo faccia un ricchissimo signore condannato con giudizio definitivo per un reato grave, imputato in più processi, che, nonostante la condanna gira ancora libero e immune da restrizioni, grazie a una giustizia fin troppa generosa, beh, è semplicemente scandaloso. E che una parte di italiani non lo capiscano, che tifino ancora per lui è più che scandaloso, è segno di una mentalità antidemocratica e fascistoide, che grida alla libertà per fare strame della libertà.



Difendo la nobiltà di Napolitano, il suo senso dello Stato. Anche la sua capacità di supplenza, in alcuni casi, della classe politica troppo presa dai suoi deliri antagonisti. Non condivido sempre l’azione del Capo dello Stato, non sono d’accordo con alcune sue indicazioni, ma ritengo che abbia il diritto di farlo. L’abbiamo invocato, supplicato di rimanere lì quando già aveva fatto le valigie. Adesso, in nome di una funzione di garanzia sterile, vogliamo tappargli la bocca? Chiaro che, così, sia dignitoso, da parte sua, andarsene. E se lo farà, non lamentiamoci.



Amoproust, 18 dicembre 2013.

lunedì 16 dicembre 2013



I partiti sono inutili?

Per qualcuno forse sì.  Per la Costituzione e il mio modo di pensare, no. I partiti sono l’anima e il veicolo della democrazia presso la gente, il popolo e gli elettori. Senza i partiti, elaboratori di idee, di consenso e di dissenso, la strada è aperta all’autoritarismo. Non per nulla i dittatori hanno sempre, per prima cosa, pensato di abolire i partiti.

A qualcuno, attento solo agli scandali e al cattivo uso della politica e dei suoi fondi, questa considerazione può solo non piacere. In Italia l’antipolitica e il continuo fiorire di malaffare e corruzione nell’ambito dei partiti ha portato a toglier loro l’aria con cui respirano: i soldi.

L’abolizione di qualsiasi tipo di finanziamento pubblico ai partiti, per me (e non solo) è un grave errore. Noi viviamo in Europa e negli Stati europei (Francia – Germania – Olanda ecc.) una forma di finanziamento pubblico, molto controllata e seria, trasparente, c’è. Perché la politica ha bisogno di soldi: costano assemblee, riunioni, informazione, Tv e sedi, personale amministrativo e operativo. Da qualche parte questi soldi devono venir fuori. Ed è preferibile un finanziamento equo, chiaro, pubblico a un finanziamento occulto, poco trasparente.

Con la decisione di Letta si va a ruota del populismo di Grillo (che comunque non si calmerà e non si accontenterà mai, non dirà mai: hai fatto bene)  e si cerca di anticipare le mosse del competitor interno Renzi.  Ma è una mossa pericolosa, che sarà causa di difficoltà e imprevisti.

Al finanziamento pubblico si sostituisce il finanziamento dei privati, tramite il 2 per mille o donazioni. Ma questo è già un aggiramento del problema: il 2 per mille sono soldi che il contribuente deve versare allo Stato e che vengono dirottati ai partiti designati. Soldi pubblici dunque. Le donazioni sono deducibili (se chiare e alla luce del sole): nuovo trasferimento di soldi dal pubblico, almeno in parte. 

Non solo ma la politica messa in  mano alle donazioni dei privati è a rischio: il privato dona perché (a  parte pochi casi di passione e condivisione valoriale) vuole una contropartita. Le lobby cresceranno e premeranno perché si realizzino i loro interessi. A ciò che si dà in modo trasparente seguiranno le donazioni mascherate, il “nero”. Si esaspererà il conflitto di interessi.

Ma non solo. Soprattutto il finanziamento privato prediligerà  e arricchirà i partiti dei ricchi, dei conservatori che hanno di che dare. Un partito dei lavoratori su che fondi può contare quando i suoi iscritti sono sulla soglia  della povertà? E chi sarà mai in grado di controllare i finanziamenti mascherati e occulti?

Sarebbe infatti molto più equo e controllabile un finanziamento pubblico, moderato, sul modello di quello francese: si sa quanto i partiti introitano e si potrebbe stabilire che non possono spendere più di quanto avuto. Tutto online: soldi avuti e soldi spesi, fatture, bonifici e quant’altro.

La rabbia delle gente contro la cafoneria e la corruzione di una classe politica che con i soldi pubblici si paga cene e compra gioielli per le amanti e mutande dal colore discutibile è giustificata, ma non deve annebbiare il legislatore inducendolo a mosse che sono solo demagogiche e populiste.

Trascrivo qui il pensiero di un illustre economista:

“Avremmo preferito una riforma magari meno radicale, che optasse per un  sistema misto, anziché per l’abrogazione tout court del finanziamento pubblico dei partiti, ma che entrasse subito in vigore, (senza le calende greche del 2018, prima delle quali tutto potrebbe succedere. n.d.a.)… In  ogni caso occorre stabilire chi dovrà esercitare supervisione  sui partiti… non solo per sapere da chi arrivano i soldi ma anche come questo soldi vengono utilizzati”.  (Tito Boeri – La repubblica – 14 dicembre 2013).

Insomma questa decisione non convince chi vive la politica seriamente. E a chi dice “I partiti sono pieni  di soldi” dico: venite  a vedere come viviamo noi nel circolo PD di Varallo Pombia. Abbiamo una piccola sede ma ce la paghiamo noi, con l’autofinanziamento, così come paghiamo le bollette della luce e del gas. Abbiamo pagato noi, con  la nostra piccola cassa, anche le spese per le primarie, i volantini, i manifesti. E i due euro raccolti da ogni elettore li abbiamo inviati alla Federazione,  soldo su soldo. Ci autofinanziamo con il volontariato alle feste del partito e con altre iniziative, giovani e anziani. Nulla ci viene dato del finanziamento del Partito perché tutto serve per il funzionamento della macchina a livello centrale. Siamo più arrabbiati noi se ci sono ruberie e corruzioni di quanto non lo siano  cittadini non iscritti, ve lo garantiamo.

Amoproust, 16 dicembre 2013.