Difendere le
Istituzioni
La
libertà di critica e di pensiero, di stampa e di esternazione, è un diritto di
tutti i cittadini. Ma, per non cadere nel fatidico difetto per cui, per
difendere ed esercitare la propria libertà, si offende o limita la libertà
altrui, allora occorre ricordare che ogni diritto richiede un dovere. In questo
caso il dovere del rispetto e della tolleranza, della non violenza e del
pacifico esercizio della protesta.
Due
riflessioni. La prima circa il cosiddetto
movimento dei forconi o del 9 dicembre (qualcuno nega che si tratti della
stessa cosa). Si stenta a capire chi
stia dentro questa protesta e chi la stia sfruttando, strumentalizzando. Il
disagio odierno è comune a una miriade
di cittadini, studenti, precari, pensionati, sottoccupati, artigiani e anche
imprenditori. Esternare questo disagio è legittimo. Ma quando si urla “tutti a
casa” “via questo governo e tutti questi partiti”, viene spontaneo chiedersi “per
affidare il potere a chi?” “come? con quali regole di rappresentanza?”. Dietro
l’angolo di una protesta tanto radicale da includere “tutta la casta, tutti i
partiti, tutta la classe politica” c’è l’anarchia e, dopo l’anarchia, la
richiesta da parte dei cittadini di ordine e quindi la dittatura del più forte
e del più radicale. Historia magistra vitae.
Nel
1922 si pensava che quattro teste calde di squadristi non avrebbero intimorito
nessuno. Ma nacque il fascismo che fece finta, all’inizio, di salvaguardare un
fantasma di democrazia, ma ben presto si tolse la maschera, una volta consolidato
il potere.
La
seconda riflessione riguarda forze che siedono in Parlamento e che, non potendo
gridare sempre “via tutti i partiti” “via la
casta”, per non autoaggredire se stessi, hanno preso di mira il capo dello
Stato che, secondo una frettolosa diagnosi, sarebbe colpevole, addirittura, di alto
tradimento, in quanto intervenuto impropriamente nella vita politica dettando
regole e scadenze (la faccio breve).
Ora
Napolitano è al secondo mandato, non ha chiesto lui di essere rinominato, ma le
principali forze politiche, quasi in ginocchio, l’hanno implorato di
intervenire e accettare perché incapaci di procedere. Lui ha accettato e, nel discorso
di investitura, è stato chiarissimo. Non ha dettato regole ma contesti, ambiti,
principi. E oggi ha il diritto di reclamare da parte dei politici l’osservanza
di questa specie di patto. Lo fa e gli gridano “traditore!” non solo alcuni
partiti politici ma anche parte della stampa e giornalisti come l’attaccatutto
Travaglio (cui non va bene quasi mai niente). Napolitano è un nobile signore di
88 anni che ha “minacciato” solo di dare le dimissioni, qualora il quadro
politico disattenda il patto. Dov’è il tradimento, quando uno dice: ”Non ci
sto, me ne vado”? Quale impeachment? Per che cosa?
Che
a gridare tutto questo sia Grillo, beh, è il suo stile maleducato e cafone e
antipolitico. Ormai un’icona triste
degradata, inguardabile. Un vero buffone, un mentecatto guascone e
parolaio. Ma che lo faccia un ricchissimo signore condannato con giudizio definitivo per un reato grave,
imputato in più processi, che, nonostante la condanna gira ancora libero e immune
da restrizioni, grazie a una giustizia fin troppa generosa, beh, è semplicemente
scandaloso. E che una parte di italiani non lo capiscano, che tifino ancora per
lui è più che scandaloso, è segno di una mentalità antidemocratica e
fascistoide, che grida alla libertà per fare strame della libertà.
Difendo
la nobiltà di Napolitano, il suo senso dello Stato. Anche la sua capacità di
supplenza, in alcuni casi, della classe politica troppo presa dai suoi deliri
antagonisti. Non condivido sempre l’azione del Capo dello Stato, non sono d’accordo
con alcune sue indicazioni, ma ritengo che abbia il diritto di farlo. L’abbiamo
invocato, supplicato di rimanere lì quando già aveva fatto le valigie. Adesso,
in nome di una funzione di garanzia sterile, vogliamo tappargli la bocca? Chiaro
che, così, sia dignitoso, da parte sua, andarsene. E se lo farà, non
lamentiamoci.
Amoproust,
18 dicembre 2013.