martedì 20 dicembre 2016

Renzi rilancia

Il rilancio di Renzi

I sindaci passano, gli apparati restano. Questo è il vero commento per la vicenda Raggi. Le migliori intenzioni sono destinate a infrangersi contro la cortina fumogena delle Amministrazioni corrotte fino al midollo. Gli errori e le ingenuità, nonché gli antidirivieni dell’ormai più chiacchierata sindaco (non mi piace sindaca) d’Italia non si contano. Ma procederebbe con il vento in poppa se l’apparato fosse stato pronto  a raccogliere le sue indicazioni politiche e a farle proprie. Poi si è messo di mezzo il Movimento e Grillo e Casaleggio. Ma che c’entrano, soprattutto quest’ultimo? Chi lo ha eletto? Ha vinto anche lui un concorso? Allora zitti e fuori dai piedi!

Il caso Sala (mentre scrivo può darsi che ci siano gli ultimi sviluppi) non è equiparabile. Sala è vittima-forse colpevole della fretta e di una burocrazia pazzesca. Gli appalti al massimo ribasso sono un’idiozia e obbligano le Amministrazioni a accettare condizioni che poi si rivelano impossibili da mantenere con i conseguenti aumenti in corso d’opera. Deja vu fino alla nausea. Già visto, sempre così. Del Rio ha detto che si cambia sistema, speriamo. Sala ha firmato quel che non doveva firmare perché l’Expo doveva partire  a tutti i costi. Ha retrodatato alcuni verbali? Per fare in fretta, non ripensarci. Spero che non si sia messo in tasca del denaro, non voglio crederci. Ma lui non è un politico calato nell’apparato. Lui è un uomo di apparato. Un po’ più di attenzione, please.

Renzi ha rilanciato il Mattarellum. Finalmente una cosa sensata, una grande opportunità. Un sistema elettorale equo e che garantisce partecipazione di tutti e governabilità (entro certi limiti, s’intende). Già pronto, servito in tavola, sperimentato. Poi tocca all’intelligenza dei cittadini. Un sospiro di sollievo dopo il Porcellum, il Consultellum e l’Italicum (morto prima di nascere). Ovvio che alcuni non ci stiano. Ma è così da sempre, per tutto. Una riforma condivisa da tutti è impensabile. Soprattutto se prevede il ritorno al vecchio proporzionale con le conseguenze di ingovernabilità e inciuci inevitabili. La sinistra del PD esce dall’aula. Ma perché?


Amoproust, 20 dicembre 2016.

martedì 13 dicembre 2016

nuovo governo

Nuovo governo…

Il referendum è alle spalle e sarebbe inutile recriminare, stracciarsi le vesti e guardare indietro. Il responso  delle urne è stato chiarissimo e così anche l’”intenzione” vera che ha guidato il voto: mandare  a casa Renzi. 
Esito logico con l’ammucchiata che ha visto accomunati nel “no” estrema sinistra e estrema destra, nonché forze antisistema. Il quesito del referendum ignorato dai più, come si può constatare dialogando con i cittadini che hanno votato contro Renzi.
“Perché cosa succede?”è la domanda comune, la FAQ, si direbbe in linguaggio informatico.

Ogni riforma costituzionale, compreso il bicameralismo perfetto bloccata, chissà ancora per quanto tempo. Il caos Governo Regioni causato dalla riforma del titolo V fatta dal centro sinistra nel 2001 (purtroppo) continuerà imperterrito.

Ora Renzi giustamente si è dimesso. Ma le Istituzioni sembrano non avere capito a fondo il messaggio dei cittadini che hanno votato “no”. 
Dicendo “no” a Renzi si è invocato un cambio di passo in economia, sulle riforme per il lavoro, sulla crisi in generale, sulle emergenze territoriali. Cioè il messaggio è stato: “Pensate un po’ di più ai nostri problemi, un po’ meno alle vostre poltrone”. Messaggio che si è servito del no, impropriamente.

La riproposizione di un governo semifotocopia ha due significati: si continua come prima (senza significativi cambi di rotta) e sarà per poco: qualche mese e non di più, giusto il tempo per fare la riforma elettorale, gestire gli incontri internazionali e andare  a votare. Riforma elettorale necessaria per evitare clamorosi pasticci e ingovernabilità.

Quindi ancora attesa e lungaggini per l’attacco deciso ai sempiterni problemi dei cittadini.

Gentiloni è un galantuomo, si spera che abbia una modalità di relazione con il Parlamento e con i cittadini più cortese e garbata e nel merito dei problemi. Speriamo.

Poi certe scelte ministeriali sono, a dir poco, discutibili.
Perché Alfano agli esteri? Non ha alcuna competenza e la situazione internazionale esige invece decisioni, lungimiranza e esperienza. Poltrona data solo per  completare il cursus honorum del Soggetto.

Perché Maria Elena Boschi giubilata, promossa? E’ la grande sconfitta dall’ esito del referendum, da lei si esigeva un passo indietro come ha fatto Renzi. Il posto di sottosegretario a Palazzo Chigi è delicatissimo, non era il caso di cambiare. La Boschi (un’altra!) non ha esperienza in merito.

Perché solo la Giannini punita con l’esclusione? Certo l’istruzione è una casella importante, ma l’insuccesso della “buona scuola” è solo della Giannini? E cosa potrà fare la Fedeli in pochi mesi? E non c’era nessun altro (tipo Poletti) da mettere da parte?

Insomma o Gentiloni e il Presidente della Repubblica hanno avuto solo fretta (un po’ a ragione) e hanno fotocopiato per mandare un messaggio: “dura minga, non può durare!”

Alla prossima dunque, dopo le elezioni.


Amoproust, 13 dicembre 2016

sabato 3 dicembre 2016

Un paese spaccato

Un paese spaccato

Domani si vota per il referendum. Un sospiro di sollievo per la fine di questa oltraggiosa  e vergognosa campagna elettorale. Oltraggiosa per la democrazia in sé  e per la dignità del paese.

Sono volati insulti e minacce, bugie incredibili e supposizioni balorde. Previsti disastri da tutte le parti, sia che vinca il sì, sia che vinca il no.

Non una semplice consultazione referendaria ma una vera guerra civile a parole. Sia chiaro che ciascun cittadino può scegliere come meglio crede, ma nessuno è legittimato  a prevedere e augurarsi disastri se vince la parte avversa.

L’invito a calmare le acque è venuto da più parti, soprattutto dal Presidente della Repubblica.

Ma purtroppo il “calore incendiario” rimarrà anche dopo. E’ facile profezia.

Se vincerà il sì, i sostenitori del no grideranno ai brogli elettorali e faranno denunce  e querele, manifestazioni e proteste. E bisognerà riformare la legge elettorale.

Se vincerà il no, comincerà una lunga serie di dimissioni, consultazioni, tentativi di formare governi e forse elezioni anticipate  per le quali serve una legge elettorale che contempli almeno anche il Senato. Un periodo di turbamento nella miglior ipotesi.

C’è solo da augurarsi che le parti politiche e i cittadini accettino di buon grado il responso delle urne. Si calmino gli animi e si ricominci a vivere una vita politica dignitosa.

Inutile distribuire patenti di “colpa”. Un paese spaccato e diviso non serve a nessuno, è solo foriero di eventi peggiori.

Buon voto.


Amoproust 3 dicembre 2016