domenica 31 gennaio 2016

family day



Family day

Migliaia di persone, tra cui intere famiglie numerose, si sono riversate a Roma – diciamolo chiaramente – non tanto per celebrare la gioia della famiglia, quanto per condannare e criticare e demonizzare scelte altrui, diverse.

Quindi una folla di intolleranti e di integralisti, uniti solo dalla voglia di impedire che altri, diversi da loro, abbiano dei diritti,

Noi condanniamo, e ben a ragione, l’integralismo islamico, ma questo che è se non integralismo cattolico? E della peggior specie perché vorrebbe impedire al legislatore di dar vita a una legge di riconoscimento delle coppie di fatto, delle coppie omosessuali e dei loro bisogni, tra i quali quello di essere genitori.

Nella legge non si parla di uteri in affitto o di altre fantasie. Si affermano solo stati di fatto, li si legittimano. Opporsi in nome di una famiglia unica, teoricamente  perfetta, è per lo meno disumano. La disuguaglianza in nome della soluzione unica, legittima, sacrale.

Mi ha fatto specie soprattutto l’orgoglio ostentato di genitori di sette, tredici figli, come se il numero sia elemento e garanzia di bontà della famiglia, mentre è solo segno di un indebito sfruttamento della donna, condannata a continue gravidanze, come una specie di matrice, di stampo a vita. Ricordiamo a questi signori orgogliosi e perbenisti che anche la donna ha diritto  a una vita che non sia solo quella di madre e nutrice.

Se questo fosse il modello ideale ogni parametro economico salterebbe, ogni welfare scoppierebbe, a danno di tutti, a danno della collettività intera.

Ricordiamo e vogliamo anche citare che nella famiglia si registrano i peggiori orrori, delitti e disuguaglianze. Che la famiglia è amore, si fonda sull’amore e l’amore non ha sesso, età o limiti.

Quindi bando agli sbandieramenti numerici e alle classifiche di coiti efficienti. Siamo uomini e donne, non un pollaio. E la famiglia è anche amore di due persone dello stesso sesso e di figli adottati.

Si vergogni Gasparri che ha detto, commentando una bella iniziativa dell’Ikea a baciarsi come segno di amore ”ho dei fazzoletti in casa dell’Ikea, mi ci pulisco il sedere e li rimando usati ai capi di Ikea. Così forse li mangeranno”. Spero che si sciolga nella sua merda, isterico fascista che non è altro.

Signori questa è l’Italia che condanna il mondo del fanatismo islamico. Guardiamoci in casa nostra  e facciamo pulizia nelle nostre latrine.

Amoproust, 31 01 2016.

sabato 23 gennaio 2016

unioni civili?



Unioni civili

Chiamarle così sembra un insulto alle altre unioni che, per contrapposizione, dovrebbero essere “incivili”. Oppure, smettendo di celiare, civile significherebbe “unioni laiche” mentre le altre unioni, come per esempio il matrimonio eterosessuale sancito dal diritto sia canonico che non, sarebbero “sacre”. 

Distinzioni barocche, che non temerei di chiamare incivili perché non degne di un paese di diritto.

Infatti ogni forma di unione finalizzata alla convivenza e al reciproco sostegno è in qualche modo rispettabile e sacra, perché riflette la volontà di individui, sia che siano maschi o femmine, un maschio e una femmina, due maschi, due femmine e così via. Mettere distinzioni per cui un’unione vale più di un’altra è, questo sì, incivile. Significa in qualche modo sancire una differenza per cui gli eterosessuali sposati sono di più (più sacri, più degni, più civili) degli omosessuali uniti (non si vuole stupidamente in questo caso parlare di matrimonio). È una grave violazione del principio di uguaglianza di tutti i cittadini, comunque la mettiamo.

Ci sono anche altre unioni (convivenze) che sono degne di rispetto e dovrebbero avere diritti. Come per esempio la convivenza di un padre o di una madre con un figlio, oppure la convivenza di due fratelli o sorelle. Il riconoscimento di diritti significherebbe un privilegio nell’asse  ereditario e soprattutto il diritto alla pensione di reversibilità che permetterebbe  all’unico che sopravvive di campare. Ma per ora non formuliamo ipotesi avanzate ché la nostra cultura e il nostro diritto  sono fermi ancora al riconoscimento dei diritti  delle coppie.

Sappiamo che in questa materia è la Chiesa e sono i cattolici che ritardano tutto. L’Italia è infatti l’unico paese europeo su 28 a non avere ancora una legge sulle unioni “civili”, anche blanda, anche limitata a un semplice riconoscimento delle unioni eterosessuali fuori dal matrimonio. Il perché è oscuro, è solo tradizione, è solo conservazione pura. 

Infatti, per quanto ne dica il Papa - mi dispiace perché ammiro molto Francesco - non c’è un comandamento divino, una affermazione evangelica che sancisca come unica unione possibile quella eterosessuale. Il tema sessuale è praticamente inesistente nel Vangelo. Si parla di adulterio, ma Gesù perdona l’adultera  e la lascia libera. C’è l’affermazione citatissima di “l’uomo non separi ciò che Dio ha unito”  che sembra (dal contesto evangelico di Marco) una difesa della donna dal ripudio, più che una difesa tout court del matrimonio eterosessuale. Infatti era diffuso il costume del ripudio, che era un divorzio vero e proprio, anche se mascherato da ragioni ereditarie. 
Il contesto culturale in cui agiva Gesù non permetteva certo di parlare di unioni omosessuali e infatti Gesù non lo fa, l’avrebbero lapidato. E Gesù è fedele al suo proponimento di osservare la legge giudaica. Ma questo non significa affatto che ci sia una proibizione “divina” di unioni sessuali diverse.

Ma il Papa sa bene che la cultura si evolve e si evolverà sempre e che la Chiesa deve tenerne conto. Come, se vuole sopravvivere, la Chiesa cattolica dovrà fare i conti con la negazione del sacerdozio agli uomini sposati e alle donne. Non ci sono ragioni per sostenere oggi questa clausola del diritto canonico risalente al Concilio di Trento. Qui non c’è dogma di Fede, qui non c’è legislazione divina. C’è solo pervicace volontà del legislatore cattolico, maschilista e misogino. Ma alla fine la Chiesa dietro il collasso di vocazioni, si piegherà e riconoscerà ciò che esige essere riconosciuto. Ma è stupefacente questo ritardo costante della Chiesa, questo “remare contro” la cultura moderna, che, nonostante tutti gli sforzi, la  fa apparire reazionaria e arroccata al vecchio. Mentre, in campo umanitario e sociale, è all’avanguardia. Una contraddizione che va risolta, che non può continuare ad esistere.

Non ha senso poi, oggi, dopo il crollo del collateralismo politico, che ci siano forze in Parlamento che si parano dietro i dettami clericali. Lo Stato è laico, la Costituzione è il suo riferimento primo, non esiste altra guida.

Art. 2 La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.

Art. 3 Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.
Art. 29 La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio.
Il matrimonio è ordinato sull'eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell'unità familiare.

Dove mai si parla di famiglia esclusivamente eterosessuale? Dove mai si sancisce che il matrimonio è solo quello eterosessuale?  Il concetto di famiglia si è evoluto nella società e la Costituzione non può che tenerne conto.

Amoproust, 23 gennaio 2016.


martedì 19 gennaio 2016

Il ricatto del fiorentino



Referendum istituzionale

E’ il dibattito del giorno. Renzi annuncia (e minaccia) che, se dovesse vincere il no, lui lascerà la politica. Fatto che non mi impressiona né mi  amareggia più di tanto. 
E credo con me tanti democratici veri, per niente convinti dagli annunci e dai (mis)fatti del fiorentino. Mi verrebbe da dire: un pallone gonfiato in meno, siamo buoni, un cattivo politico in meno. 
A me dispiace quando se ne va un buon politico. Ho pianto quando è caduto il governo Prodi per mano maramalda, mi dispiace che non si riproponga Pisapia alla guida di Milano. Ma non riesco a dispiacermi  se se ne va Renzi. La congiuntura nazionale  e internazionale forse potrebbe averne un contraccolpo negativo. Potrebbe non essere il momento giusto. Ma il fatto di trasformare un referendum sul Senato della repubblica e la sua riforma in un plebiscito  a favore o no di se stesso, è un atto di estrema debolezza. Il vero politico dice: “Ho fatto una proposta, il Parlamento l’ha accettata, vediamo cosa dicono i cittadini”. E si rimette alla volontà del popolo. Non lo ricatta, non gli pone condizioni. Può dire: “sono stato sconfitto, mi ritiro” ma non con quell’aria da apocalisse. Perché senza Renzi possiamo vivere benissimo, magari meglio, con una politica più trasparente e riforme vere.

Il vero tema del referendum di ottobre (a proposito mai campagna elettorale per un referendum è iniziata a tale distanza temporale) è la Riforma del Senato. Che, diciamocelo, piace a ben pochi. Gli addetti ai lavori, costituzionalisti, studiosi di diritto, giornalisti democratici in coro si sono pronunciati contro. Finora non mi è capitato di leggere serie argomentazioni a favore. Perché è una riforma indifendibile, un pateracchio indigeribile.

Ma la conosciamo bene? Vediamo di ripercorrere le sue linee guida generali. Che in definitiva, in sintesi sono molto poche.
·      Il  numero dei senatori si riduce drasticamente: da 315 a 100. Di cui 74 consiglieri regionali, 21 sindaci, 5 nominati da Presidente della Repubblica.
·      Il Senato non esaminerà più le leggi che saranno discusse e approvate solo dalla Camera. E’ la fine del cosiddetto bicameralismo perfetto.
·      Il Senato parteciperà all’elezione del Presidente della Repubblica (che avrà nuove regole)
·      Compiti del nuovo Senato (ancora da definire): politiche comunitarie, enti locali, genericamente Europa. Elezione dei giudici costituzionali.
·      I Senatori saranno eletti non dai cittadini ma dai Consigli regionali. In che modo ancora non si sa.

La fine del bicameralismo è il vero piatto forte della riforma. Ma questo si poteva realizzare senza dar vita a un Senato burletta che non è eletto dai cittadini, ha compiti del tutto secondari e puramente di controllo ed è formato da personaggi di secondo/terzo piano. E il bicameralismo è un male così perfido? No se è bilanciato da compiti diversi delle due camere. Invece con la riforma abbiamo una sola Camera eletta dai cittadini (si fa per dire perché la maggioranza saranno nominati). Potevamo prendere esempio da altri stati europei di lunga democrazia. Ma no, noi mai! Riforme in salsa italica.

Il tutto viene giustificato con risparmio di risorse pubbliche, perché i senatori non verranno retribuiti. Il che significa solo che faranno il loro lavoro con malavoglia e come “secondo lavoro”. Una forte perdita di credibilità.

Il fatto più grave è tuttavia un altro: il rafforzamento del potere esecutivo. Infatti con una Camera di quasi tutti nominati e un Senato non eletto direttamente dai cittadini, il Parlamento si sgonfia (il potere legislativo) e l’esecutivo si rafforza. Renzi evidentemente ha pensato solo a se stesso, forse si crede immortale. Se avesse pensato al Paese avrebbe giustamente riflettuto che al potere domani ci potrebbe essere la destra o i 5 stelle. E allora cucù, il pateracchio è compiuto.

La riforma vera del Senato avrebbe dovuto prevedere l’elezione diretta da parte dei  cittadini magari su una lista di maiores, di seniores, di illustri cittadini, liberi da macchie etiche e illustri per opere politiche, scientifiche, agire sociale. Renzi e i suoi consiglieri hanno preferito  i consiglieri regionali e i sindaci (quali, poi?): categoria (mi perdoni chi non c’entra) la più squalificata politicamente, quella che ha originato più scandali e altri peccatucci. Perché questa scelta? Mistero. 
Il Senato, dai tempi di Roma, le camere alte nei tempi moderni hanno sempre rappresentato la saggezza, l’anzianità di ruolo, l’integrità. Noi no: rappresentiamo con questo senato la cortigianeria. Il risparmio è un alibi perché anche i consiglieri regionali senatori avranno bisogno di una sede, di segreterie, di rimborsi spese.  Quale risparmio? Spiccioli, bricioline di fronte all’ingente spesa dello Stato per il mantenimento delle Istituzioni.

E infine la funzione. E’ paradossale che si riformi la Camera alta senza ben sapere che funzioni avrà se non per cenni, per titoli. Il Senato dovrebbe avere compiti alti, di controllo e di verifica, di proposizione di progetti democratici. Ma ridotto  a una miniassemblea di consiglieri regionali, demotivati e privi di potere, sarà una barzelletta. Ha detto qualcuno (Scalfari) che era meglio farne  a meno. D’accordo.

E’ chiaro, che, stando così le cose voterò “no” al referendum di ottobre. E sarò in ottima compagnia: mi bastano i nomi di Rodotà, Zagrebelsky, Scalfari, Mauro. 
Non temo le conseguenze se  dovesse vincere il “no”. Temo invece il successo di una riforma disastrosa per le Istituzioni repubblicane, eletta magari da un paese assenteista e con un sì rappresentativo del 30% dei cittadini.

Amoproust, 20 gennaio 2016