lunedì 14 marzo 2011

la "deforma" della giustizia

E quindi il nano nazionale e il suo governo hanno dato il via alla riforma della giustizia. Dichiarandola "epocale". Esaltando il suo carattere "rivoluzionario". Il viatico (nel senso dell'augurale buon cammino) glielo ha dato il Sultano dicendo che "se ci fosse stata questa riforma non ci sarebbe stata Tangentopoli o Mani Pulite". E tutti a interpretare questo nobile pensiero. Amoproust è sicuro del suo significato, cioè: "i magistrati e i giudici non avrebbero rotto il cazzo e avremmo potuto tutti (imprenditori e politici) continuare tranquillamente a fare i nostri porci comodi, a corrompere e farci corrompere,  a mestare e a far soldi a palate". Nella tradizione del miglior liberismo. A man bassa.
Perché questo è il berlusconpensiero: che lo Stato non metta il becco negli affari più o meno privati, che lasci che il "mercato" si espanda nel migliore dei modi. Vinca il più forte, il più abile, il più furbo. Amen.

Ma veniamo alla cosiddetta riforma e al suo contenuto, per quanto si sappia. Senza addentrarci nei dettagli tecnici, una cosa appare subito chiara. La riforma intende mettere il freno alla magistratura, intende limitare la sua autonomia e intende collocarla, almeno in parte, sotto il controllo dell'esecutivo.  Una bestialità, una mostruosità. Lo ha detto il Sultano: fine della dittatura dei Giudici. Ve ne siete accorti di questa dittatura? Le carceri sono infatti strapiene di poveri diavoli mentre i corruttori , i grand commis dell'affarismo di Stato, sono  a piede libero. Però questa riforma  è riforma costituzionale, per cui dovrà seguire un iter tutto particolare, la doppia lettura in Parlamento, nei due rami e poi il referendum confermativo. Un iter che dovrebbe durare almeno due anni o più. Ma tra due anni, se non cade prima, ci sarà la fine della legislatura e, come si sa, ogni volta che finisce la legislatura, di riprende daccapo con i progetti di legge, che decadono. A meno che il Sultano non stia pogettando di abolire le elezioni: tanto a che servono? Ci sono già i sondaggi che dicono che vince lui. 
Quindi - riprendendo il discorso -  la riforma viene concepita in ritardo, corre seri rischi di aborto.  Non vedrà mai più la luce se vincerà il centro sinistra e dovrà ricominciare daccapo se rivincerà l'Imperatore. Cosa che non ci auguriamo. E poi, ammettendo che la riforma ce la faccia a arrivare in porto, siamo sicuri che i cittadini, con il referendum la approverebbero? Qui non siamo alla Camera, con i  numeri gonfiati dalla legge maggioritaria, qui votano tutti e senza quorum!  Mi sa che questa riforma è morta, è tempo perso, è un  altro modo di impegnare il Parlamento a fare cose inutili o cose che possono essere utili solo all'Imperatore. Invece di interessarsi dei problemi della gente  e della crisi economica e del disastro che è, sotto molti aspetti, questo Paese. La "deforma" della giustizia. Di ben altro aveva bisogno la nostra giustizia. Come tutti sanno, a cominciare dai computer e dalla carta per i tribunali, dai cancellieri e da nuove norme per le notifiche  e per gli avvisi.
Ma fare le cose semplici no, facciamo le grandi riforme inutili o dannose.  Questa la logica del centro destra.

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Ieri sera - sul terzo canale della RAI - è andata in onda una divertente sceneggiatura involontaria . A "Che tempo che fa" la Ministra Gelmini e - subito sopo - a "Presa diretta" un servizio di Jacona sulla scuola e la sua riforma. Tutto da ridere!
La Ministra Maria Stella Gelmini, con la sua calma placidità ha detto cose immonde: - che la scuola non ha subito tagli, che l'Università è stata riformata per il meglio - che la scuola pubblica non è sotto attacco da parte del Governo e che finanziare la scuola privata è un modo di risparmiare soldi (se la scuola privata crea scuole, non  le deve fare lo stato - così...!!!). Infine ha detto che coloro che protestano in piazza sono poi quelli che mandano i figli alle scuole private. Sic! Ovviamente con frequenti citazioni della sinistra cattiva, come se fosse compito di un Ministro fare campagna elettorale, invece che illustrare il suo operato ai cittadini, tutti. Perché questo Governo si dimentica troppo spesso di essere il Governo di tutti e, quando dice italiani, intende "noi di centro-destra" e si dimentica che italiani siamo tutti, anche gli oppositori - che le leggi vengono fatte per tutti, anche i "comunisti".

Poi è venuto il servizio di Jacona che ha dimostrato ampiamente non solo quanto fosse bugiarda la Gelmini, facendo toccare con mano e con interviste dirette ai protagonisti il disastro delll'università con la riforma gelminiana, ma ha anche fatto vedere immagini "luccicanti" del Leone XIII - la scuola privata dei Gesuiti a Milano (palestre e piscine, campi da gioco e aule) e, al contrario, lo squallore  e il degrado di alcune scuole pubbliche, senza palestra, con aule provvisorie, con totale mancanza di attrezzature. Diamo quindi soldi a chi tanti ne ha (la scuola privata - paritaria) e tagliamo i fondi alla scuola pubblica, perché - si sa - lo ha detto il premier - questa tende a "inculcare" nei giovani principi e valori contrari allla famiglia. Già perché i prof della scuola statale sono tutti comunisti, di sinistra, atei, mangiapreti e potenziali "pedofili":  vade retro Satana. Mentre nella scuola paritaria - cattolica -  i giovani vengono educati a diventare tanti fedeli difensori dei valori cristiani, come il Berlusca, per esempio, che ha frequentato il liceo dei Salesiani. Giusto? Defensor fidei.

Non se ne può più di questi bugiardi, mistificatori, ingannatori, populisti. E per quanto riguarda la Gelmini la sua icona di "Madonnina perbenino" è perfetta: l'ipocrita mangiapile.

Amoproust 14 marzo 2011


giovedì 10 marzo 2011

Il mio amico - ma avversario politico - Aurelio mi scrive (non solo a me) che l'andare a firmare per i referendum, chiedere i referendum, è segno di bieco antiberlusconismo. Non capisco (perché voglio farmi tonto): l'essere e il comportarmi da antiberlusconiano è per me un onore, oltre che un dovere civico. Quell'aggettivo "bieco" però mi intriga: cosa significa? Sono andato  a verificare sul "dizionario dei sinonimi e dei contrari" e trovo che bieco significa  "minaccioso, sinistro, torvo, cupo, malvagio, cattivo, turpe, aggressivo, irato, losco, accigliato, ostile... ". Quindi per alcuni versi ci siamo: certamente chi è "anti" è ostile, ma non necessariamente minaccioso o turpe, o malvagio... magari aggressivo sì un po', perché per combatter qualcosa o alcuno un po' di ostilità ci vuole... Ma insomma! Aurelio dicendo così intende dire che il mio e nostro antiberlusconismo è d'accatto, è "vile", è in malafede e strumentale chissà a che cosa!   A far dimettere il nano nazionale certo, a farlo sparire dalla scena politica anche e tutti sanno il perché. Perché è un farabutto corrotto e corruttore, che ha infagato la vita politica, che ha costretto la nazione e il Parlamento a ripiegarsi solo e soltanto sui suoi problemi, perché attacca ciò che abbiamo di più sacro, la nostra Costituzione. 

Stiamo comunque al tema: i firmatari e i proponenti dei referendum sarebbero malati di bieco antiberlusconismo. Per me siamo soltanti animati da sano e serio spirito civico. Vogliamo che l'acqua sia un bene pubblico e gestito dal pubblico, perché un bene troppo prezioso per essere dato in mano alla cupidigia dei privati. Che c'entra con Berlusconi? Non fa bene anche  a lui che l'acqua sia pulita e a prezzo equo? O beve e si lava solo con champagne? - Vogliamo poi che il nucleare stia fuori dalla porta, non per paura, no, ma perché il nucleare, oggi, è una scelta antistorica. Anche se la costruzione di centrali nucleari partisse oggi, ci vorrebbero almeno 15 anni (e in Italia si sa, i tempi!) perché siano attive e in questi 15 anni che si fa? si vive ancora di bieca dipendenza dal petrolio e dal carbone e dalle fonti inquinanti, mentre si potrebbe, da subito, attivare un grande piano di utilizzo delle fonti rinnovabili, a disposizione, da subito, oggi, qui. Senza dipendenza energetica da alcuno e senza  problemi di scorie che si sa, come vanno questi problemi, in Italia soprattutto!  Non siamo capaci si smaltire dei semplici rifuti urbani, immaginiamoci le scorie radioattive! Meglio non spendere tutti quei soldi per ritrovarci con nuovi problemi tra le mani, caro Aurelio!  E questo sarebbe antiberlusconismo e per di più bieco?  - Certo che, se proprio vuoi,  nel terzo referendum un po' di antiberlusconismo sano e doveroso c'è e come! Non vogliamo il legittimo impedimento, semplicemente perché vogliamo il rispetto della nostra Costituzione che dice "siamo tutti eguali di  fronte alla legge": cosa per altro che vediamo scritta su tutti i frontoni dei tribunali da quando siamo piccoli. Che significa che  l'unto del Signore, l'Imperatore se ne va buono buono di fronte al tribunale che lo accusa e si fa processare. E se è innocente nei suoi 4 o 5 processi viene prosciolto e se è colpevole  viene condannato. Fine. Perché secondo voi, te, Lui non può essere condannato, è immune qualsiasi cosa abbia fatto?

Caro Aurelio, il giochino si è rotto, ed è ora di smetterla. I nodi del berlusconismo sono venuti al pettine e il regime si regge sulle fandonie e sulla compravendita di deputati e senatori. Dà colpi di coda, ma è in agonia. Ma può fare ancora molto male. Come tutti i regimi in via di dissoluzione: guarda cosa sta succeddendo all'amico Gheddafi. Non è vostro amico? Ma se lo avete accolto in pompa magna, baciato e riverito e ossequiato, come nessuno mai?

E, poi, rispondete sinceramente: cosa vi ha dato il regime in questi anni? Vi ha abbassato le tasse come aveva promesso? No, a nessuno. E voi, pavidi sostenitori non dite nulla, mentre quando c'era il Governo Prodi strillavate  come aquile, perché era il governo delle tasse. Il governo Berlusconi ha limato il debito pubblico? No, mai è stato così alto. Il governo Berlusconi ha dato benessere al paese? No, perché mai così tante famiglie sono sull'orlo della povertà e la disoccupazione impera... colpa della crisi internazionale? Va bene, ma almeno diamoci da fare per mitigare la crisi e innescare la crescita. Nulla, il Governo Berlusconi  in tal senso non ha fatto nulla, niente di niente. E forse il Governo Berlusconi ha salvato l'immagine dell'Italia nel mondo? No, perché non è mai stata così bassa, così ridicola e sprezzata da tutti, da tutta la stampa internazionale. Non abbiamo una vera politica estera, non siamo nessuno. Abbiamo una scuola  a pezzi, una giustizia che fatica a vivere senza risorse, una cultura dimezzata nei mezzi, un ambiente disastrato.. vecchi problemi? Ma uno si aspetterebbe che un Governo si attivasse per fare qualcosa in positivo. Nulla, non fa nulla, anzi peggiora, taglia, controriforma, ...peggiora lo stato delle cose. E il suo capo fa festa, a Arcore, con ganze giovanissime. Per la dignità delle donne.

Che fa il Governo? E' impegnato in una stupida corsa per un federalismo d'accatto che non ha nulla di vero federalismo, tanto per dare un contentino alla Lega e tenersela stretta se no, il Berlusca lla  Lega lo manda al confino domani mattina (di fatto Bossi governa). E per una legge sulla giustizia che sa di marcio e di pro domo sua a trenta leghe di distanza. 

Ma che ti devo dire, caro Aurelio! Sarò cattivissimo e se non vuoi cadere in angoscia, non leggermi più. Sai qual è il vero male dell'Italia, oggi? Siete voi, i Berluscones, voi, perché non si sa perché, tenete la testa sott'acqua e non volete vedere la realtà. Amate il vostro capo fino a non avere limite alla piaggeria e al servilismo, schiavi. Siete voi che lo tenete in vita per paura, perché vi fa paura un futuro senza la sua figura protettiva, senza i suoi miliardi che risolvono tutto, dal problema del consenso politico al finanziamento della goduria di stato nei festini di Arcore. Sapete molte cose, ma non le volete vedere. Volete credere contro ogni evidenza che il cadavere sia vivo, mentre già puzza. E lo sostenete come i sovietici sostenevano Breznev a colpi di iniezioni rivitalizzanti. 

Caro Aurelio, vuoi continuare a essere berlusconiano e a vivere sostenendo il cadavere politico o, se preferisci,  l'uomo "malfattore" che conosciamo? (mal fattore= che si è comportato male).  Fai pure, fatti tuoi. Ma lasciaci essere sanamente, allegramente, gioiosamente, liberamente, solarmente antiberlusconiani. Biecamente,  a vita.

Mario

venerdì 4 marzo 2011

federalismo in salsa padana.

E' facile "sciacqquettarsi" la bocca con il termine federalismo, come fanno ormai da anni i leghisti, è invece difficile concepire e attuare un vero federalismo. Il federalismo in salsa padana, addomesticato dalla maggioranza berlusconiana, è una barzelletta: non serve a nulla - anzi - aumenta il carico fiscale sui cittadini e non realizza se non un pasticcio di competenze e di attribuzioni.  Ragioniamo, com'è giusto fare.
Innanzitutto in Italia stiamo vivendo un processo federalista a rovescio. Di solito regioni che si federano (vedi la confederazione helvetica o più semplicemente la Germania) partono da piccole unità indipendenti che si uniscono per avere più forza e delegano parte della loro sovranità a uno stato centrale, che però garantisce loro ampie autonomie. Localismo e rispetto delle tradizioni si unisce a forza centrale e contenimento delle spinte centrifughe.
Da noi si sta avviando un processo a rovescio: da uno Stato fortemente centralizzato (così si è formato dal Risorgimento e dopo la Resistenza) si tende a dar vita a regioni e municipalità più autonome e capaci di autogoverno e autoregolamentazione. Perché questo processo si avveri è necessario che lo Stato centrale rinunci ad alcune sue prerogative e deleghi alla periferia competenze e poteri. Quali? Ed è qui il primo scoglio perché lo stato non appare tanto disponibile a rinunciare alle sue prerogative e il processo è potenzialmente pericoloso in quanto potrebbe disgregare la nazione e creare forti disuguaglianze al suo interno, tra regioni diverse.
Poi vera autonomia non si ha se non si è economicamnete indipendenti e liberi. Il Federalismo deve per forza comportare una forma di autonomia impositiva alle Regioni e ai Comuni, che dovrebbero prelevare dai cittadini ciò che è necessario alla gestione delle aree di loro competenza. Per esempio se le Regioni gestiscono in proprio la Sanità dovrebbero raccogliere sul loro territorio le risorse necessarie alla gestione sanitaria. E se il Comune gestisce le scuole materne, idem, dovrebbe raccogliere sul territorio e dai cittadini le risorse relative. Naturalmente poi esiste la Stato centrale con le sue esigenze per quanto riguarda - ad esempio - la difesa, la polizia, le grandi infrastrutture, i trasporti nazionali ecc. Idealmente si va verso tre livelli contributivi fiscali (non considero le Province che dovrebbero sparire come ente intermedio del tutto inutile) con grave rischio di aumento indebito e paradossale dell'imposizione tributaria, se non esiste una regola calmierante e equilibrante. Un cammino veramente difficile  e impervio. Una regola potrebbe essere quella che - rovesciando l'attuale sistema - i comuni (come enti più vicini ai cittadini e dotati di maggiori poteri di controllo e di verifica) incassino le imposte e le ridistribuiscano secondo parametri certi alla Regione e allo Stato. Una vera rivoluzione irta di rischi e di pericoli, oltre che di potenziali vantaggi.
Per fare ciò i Comuni devono essere entità locali di una certa valenza politica. E quindi è necessario dar vita previamente a una unificazione nei confronti della frammentazione attuale, abolendo i piccoli e piccolissimi comuni per creare entità locali di popolazione non inferiori a 5/10.000 unità. Notiamo che ciò comporterebbe un risparmio di scala ingentissimo e libererebbe  risorse per servizi sociali ai cittadini. Aboliamo poi le Province come enti intermedi nutili (le loro competenze possono essere trasferite alla regione  ai comuni, senza grossi problemi) e realizziamo un altro colossale risparmio gestionale. Ma i cittadini e la comunità politica sono disponibili a una rivoluzione del genere? Si tratta di vincere resistenze municipalistiche e debellare clientele e sacche di potere non da poco.

A questo punto (ma ci vogliono riforme coraggiose rispetto alle quali le attuali proposte della Lega e della maggironaza sembrano pigolii privi di senso) il modello è:
  • autonomia impositiva dei Comuni e delle Regioni entro un quadro globale di controllo dello Stato
  • responsabilità gestionale delle aree di competenza e obbligo alla parità di bilancio (non ci sarebbe più nessun stato centrale che può intervenire  a ripianare i debiti): motivo di responsabilizzazione della comunità politica locale che deve rispondere direttamente ai cittadini dell'uso delle risorse  - cittadini che possono controllare da vicino e mandare  a casa chi governa male e sperpera (il discorso vale soprattutto per la sanità e la scuola)
  • senato delle regioni (occorre che una camera sia dedicata al processo federalista)
  • vincolo di unità verso lo Stato centrale e interventi perequativi verso le regioni più deboli e - pur virtuose - non in grado di reggere economicamente.
Naturalmente bisognerà anche decidere quali attribuzioni e competenze rimarranno allo Stato, per evitare frammentazioni e disuguglianze  abissali. Per esempio la scuola pubblica dovrebbe rimanere "statale", concedendo alle Regioni solo interventi periferici e marginali (per esempio l'istruzione professionale, che ha forti ricadute territoriali). Se si permettesse una scuola regionale, immaginate lo scempio che potrebbe avvenire: siamo in Europa e l'istruzione deve confrontarsi a livello europeo.

Così si attua un federalismo solidale che responsabilizza la periferia e rafforza i poteri di controllo e di  supervisione  dello stato centrale, respingendo le spinte centrifughe e salvaguardando le autonomie anche culturali delle municipalità.

Gridare alla vittoria del federalismo perché si è introdotta una IMU al posto di una ICI e si è dato ai comuni il potere di imporre l'imposta di soggiorno e l'addizionale Irpef, con buona pace dei leghisti, fa letteralmente scompisciare dalle risate. La montagna che ha partorito il topolino.

amoproust - 4 marzo 2011

giovedì 3 marzo 2011

agesiquidagis: In fuga

agesiquidagis: In fuga: "Ammettiamo che un cittadino, una persona qualsiasi, per un incidente o per un fraintendimento o per un banale errore di valutazione o per ci..."

In fuga

Ammettiamo che un cittadino, una persona qualsiasi, per un incidente o per un fraintendimento o per un banale errore di valutazione o per circostanze dovute al caso, venga accusata di un crimine mai commesso: per esempio uno stupro o una omissione di soccorso (cosa che può capitare facilmente per uno scambio di targa o per una svista). Cosa fa questo cittadino, che riceve l'avviso di garanzia, riceve l'invito a presentarsi di fronte ai giudici o - addirittura - viene arrestato? Banalmente si prende un buon avvocato e si difende; cerca di dimostrare la sua innocenza. E, se ha le carte in regola e sa ciò che fa, la cosa non è difficile: è facile dimostrare che lui non c'entrava, che era da un'altra parte, che i testimoni o supposti tali si sbagliano. Comunque si difende, non cerca di evitare il giudizio, non cerca di sottrarsi al processo, anche perché così aggraverebbe la sua situazione: se scappa significa che ha la coscienza sporca, significa che in qualche modo si sente colpevole.

Ebbene, in Italia c'è un individuo che, aprofittando dei suoi miliardi (è ricco sfondato) e quindi di un apparato di difesa micidiale (può permettersi di pagare avvocati su avvocati) e, da almeno 16 anni, di incarichi politici che lo rendono "potente", cerca in ogni modo e con mille congegni e marchingegni, di sfuggire alla giustizia, non presentandosi ai processi e prendendosi gioco dei tribunali. Questo tale si dice perseguitato, oggetto di un complotto giuridico/mafioso, si dice ingiustamente accusato, anche di fronte  a prove palesi, documentate. Andare di fronte ai giudici? Mai più. Comportamento che è segno inequivocabile che innocente proprio proprio non è, se vale  l'assunto e l'esempio precedente. Se fosse innocente si presenterebbe davanti ai giudici e con l'apparato difensivo di cui dispone non avrebbe difficoltà a manifestare e provare la sua estraneità e la sua innocenza. Ma così non è: costui, sempre aprofittando della sua posizione privilegiata di "pubblico ufficiale-primo ministro", si inventa lodi, legittimi impedimenti, conflitti di competenza, cerca addirittura di spingere il Parlamento a costruire leggi su misura per permettergli di evitare quel tribunale, quei giudici. Perdiana, i giudici vincono un concorso, lui è stato eletto dal popolo sovrano: perché mai dovrebbe sottostare a un tribunale? Se io fossi nella veste di quei giudici avrei la bile infestata e la bava alla bocca: cercherei in tutti i modi di incastrarlo, di "fotterlo" con i mezzi legittimi a disposizione della giustizia e nessuno mi potrebbe accusare di "persecuzione indebita". E' lui che si sottrae, che mi irride, che vanifica il mio lavoro, che mi prende in giro, che si fa beffe della legge. Certamente se fosse un cittadino qualunque, il gioco sarebbe durato poco... ma lui non è un cittadino come gli altri?
E' un cittadino come gli altri, purtroppo sostenuto da una corte sapientemente costruita di fedelissimi lacché, di servi o corrotti o plagiati, o legati dalla logica del potere; gente che è disposta a tutto per difendere l'eletto e fare scudo all'imperatore, disposta allo spergiuro, alla menzogna, all'ipocrisia più sfacciata. Un Parlamento, una maggioranza disposta a votare (votare!) che lui ha agito credendo sul serio che Ruby era nipote di Mubarak, ha agito per evitare uno scandalo internazionale. Un'intera maggioranza in malafede, un Parlamento di infidi traditori della verità, di bugiardi! Un'intera maggioranza parlamentare.  Questo è.

Non so se mai "verrà un giorno" (come diceva Fra Cristoforo a Don Rodrigo), non lo so, anche perché non credo in una giustizia divina superiore, ma laicamente credo che i conti vadano fatti in questa vita e in questo mondo. Ma quasi sempre i nodi vengono al pettine e i dittatori (più o meno palesi), gli usurpatori, i mestatori vengono smascherati e, se non puniti, delegittimati. Ciò che sta succedendo nel Nord Africa insegni. E non mi si dica che il paragone non regge. Regge perché il regime di qui è il massimo dell'usurpazione consentita in uno stato occidentale europeo. Il massimo  che, circostanze permettendo, sarebbe facilmente tracimato in forme ben più  massicce di  potere personale.  La dice lunga l'ammirazione sconfinata che il nostro dimostra per dittatori e  dittatorelli, a cominciare da Putin e Gheddafi e quel tale della Bielorussia di cui non ricordo il nome. 

Ma soprattutto io mi auguro che la sporca corte di gente senza coscienza e priva di qualsiasi etica politica e civile - corte che lo sostiene e lo galvanizza - venga spazzata via con lui e con lui definitivamente sconfitta e condannata dalla storia. Costoro sono feccia della società e molto più colpevoli e responsabili di colui che difendono e proteggono.

amoproust - 3 marzo 2011

martedì 1 marzo 2011

Fini e la destra

Ieri sera ho seguito, su La7, l'intervista a Gianfranco Fini in Otto e mezzo. Intervista in cui il Presidente della Camera ha ribadito concetti noti. Tuttavia mi offre di nuovo occasione di riflettere sui significati delle parole "destra" e "sinistra" nella politica odierna. Il nostro si è affannato a ripetere più volte che la sua compagine politica è una formazione di destra e che nulla ha a che vedere con la sinistra (nessun contatto, nessuna contaminazione). Tuttavia, quando poi si va a scoprire la "lista" dei valori che Fini attribuisce alla destra moderna, cui lui intende appartenere, si coprono punti e affermazioni che - in gran parte - senza tema di smentite - sono propri e riaffermati anche oggi - dalla sinistra. Quando si parla di legalità, senso dello Stato, rispetto della Costituzione e delle Istituzioni, laicità, giustizia sociale, attenzione ai problemi della gente, ditemi: sono valori di destra? sono valori di sinistra? O non sono piuttosto basi condivisibili dell'agire politico, dello stare insieme in una comunità ordinata, dove domina, su tutto, il rispetto della persona e dei suoi diritti?  Da qui alcune conseguenze e il mio pensiero.

Se Fini intende contrapporsi politicamente alla sinistra in che si contrappone, cosa propugna? Se è d'accordo sull'integrazione degli immigrati, sul giusto salario agli operai, sulla libertà di pensiero, su una giustizia corretta e veloce, su un'economia basata sul libero mercato, allora non si contrappone  a nulla. Sarebbe interessante assistere a un futuribile confronto tra Fini, come leader di una compagine di destra e un leader di una  compagine di sinistra: si troverebbero d'accordo sull'80% dei temi. Forse Fini avrebbe da eccepire solo a limitazioni della proprietà privata che la sinistra per altro, da tempo, si bada bene dal proporre. Allora perché competere? Perché non trovare un accordo per una piena e condivisa governabilità del Paese, per quelle riforme e costituzionali e ordinarie che tutti ritengono indispensabili? Già Fini annuncia che - per alcune cose - la condivisione è indipsensabile...

Io penso che tutto questo dimostri, ancora una volta di più, che le categorie politiche, che tutti si ostinano ancora a usare e sostenere (destra-sinistra) sono morte e obsolete e inutilizzabili. La vera competizione oggi è tra forze ragionevolmente riformiste (che vedono l'urgenza di cambiamenti e modifiche degli assetti e delle strutture dello Stato) e forze  centrifughe, autoritarie, conservatrici, velleitarie (come la Lega p.e.). Parlando il linguaggio comune, tra cittadini consapevoli e responsabili e forze sovversive.

Non so perché Fini si ostini a volersi a tutti i costi differenziare dalla sinistra dicendo le stesse cose: forse per salvarsi dalle facili accuse dei berluscones, forse per non sentirsi accusare di essere un comunista, forse per placare rabbie occulte di chi per anni e secoli ha detestato la sinistra, l'ha combattuta al  limite della zuffa continua. Ma Fini si dovrebbe ricordare anche cos'era la destra storica, subito dopo il fascismo: fuori dall'arco costituzionale (il MSI ricordate?), nostalgica del manganello, antioperaia e sostenitrice di una forma autoritaria di stato. Fini dovrà o prima o poi riconoscere che il convertito a una destra europea, nobile e legalitaria è lui. Come la sinistra dovrà riconoscere definitivamente la rinuncia ai suoi miti ideologici (più o meno di stampo marxiano). Queste sono le condizioni per un incontro, non solo di reciproco riconoscimento, ma un incontro finalizzato a una seria collaborazione per la riforma e il rilancio dello Stato.

amoproust 1 marzo 2011