domenica 27 settembre 2015

Appalti, Bergoglio e Barcellona



Tre pensierini in libertà

In tre giorni di clinica per accertamenti sanitari ho avuto modo di pensare e riflettere su tante cose. Ma mi limiterò a commentare tre fatti tre.

1.      E'proprio vero che una cattiva notizia fa audience e una buona nessuno la guarda o la commenta. Qual è la buona notizia comparsa solo nelle pagine interne dei giornali? Che la famigerata legge Obiettivo del 2001 - targata Berlusconi - lanciata nel salotto di Vespa con tanto di lavagna illustrativa – è stata abolita. Morta, defunta. D’altronde è come se non ci fosse mai stata se non per le spese abnormi prodotte. Solo il 16% delle grandi opere progettate sono state realizzate  e con costi triplicati. Per via del famigerato obbligo di fare gli appalti al minimo ribasso con conseguenti vittorie dei mascalzoni e varianti (iperpreviste) in corso d’opera e moltiplicazione dei costi. Anche il general contractor è stato abolito, figura ambigua che nominava nel direttore dei lavori colui che lo doveva controllare. D’ora in poi le gare si faranno con il criterio della qualità del progetto rapportata al costo (quindi il principio del rapporto prodotto-costo). Dobbiamo solo brindare a una soluzione di trasparenza che non impedisce tout court la corruzione ma obbliga a lavorare seriamente. Viva!

2.   Papa Bergoglio stupisce il mondo per le sue aperture e il suo modo schietto e diretto di parlare ai potenti della terra. Ci vuole del coraggio a invitare un’assemblea (come il Congresso degli Stati Uniti dominato dai repubblicani conservatori) ad abolire la pena di morte e il mercato delle armi. Ma l’insidia contro papa Bergoglio sta maturando nelle file dei suoi cardinali e vescovi conservatori. Che magari mal sopportano il pacifismo e l’ecologismo di Francesco ma sanno che c’è un punto debole: la famiglia, oggetto dell’imminente sinodo. Qui si tocca la dottrina tradizionale della chiesa in materia di sesso, matrimonio e connessi. La truppa dei conservatori sessuofobi e antigay (magari appartenendo alla categoria), armata di scritti dogmatici e di diritto canonico è pronta a sparare le sue cannonate. Bergoglio rischia, dovrà forse temperare la sue aperture, anche perché basta un altro papa a disfare un’eventuale tela progressista. Per questo diciamo chiaramente che se qualcuno si aspetta che Francesco apra sul matrimonio gay equiparandolo alla famiglia tradizionale e apra anche all’aborto terapeutico, si sbaglia. Non potrà mai farlo se non rischiando lo scisma e questo non solo non lo vuole, ma significherebbe la fine della Chiesa cattolica e anche della sua missione ecopacifista nel mondo.

3. I movimenti separatisti celebrano il loro momento di gloria oggi, elezioni amministrative in Catalogna. Se dovesse vincere il movimento separatista di Mas tutte le altre istanze europee di separatismo e autonomismo prenderebbero forza e vigore. Magari anche la Lega che sembra dimentica del suo vecchio cuore padano. Una riflessione semplice: che senso ha separarsi in un mondo globalizzato? Dove le frontiere cadono, non esistono più per le merci, la comunicazione e le idee? Il separatismo è idiota perché nasconde solo un’istanza isolazionista, autarchica, ipernarcisista nel senso di “noi siamo meglio di tutti, ce la facciamo da soli, gli altri sono brutti sporchi e cattivi.” E’ che oggi occorre unirsi sempre di più, non separarsi. Noi Europei lo dovremmo sapere molto bene che solo uniti saremo forti nel mondo. Come pensi di sopravvivere Barcellona chiudendosi nella sua roccaforte è un mistero. Javier Cercas  dice che la campagna nazionalista è fatta di falsità e populismo. La piccola Catalogna troverebbe le porte sbarrate in Europa… Mimando un bel libro di Saramago “La zattera di pietra” andrà alla deriva nel Mediterraneo in cerca di una sponda cui appoggiarsi. Ma non la troverebbe mai.

Amoproust, 27 settembre 2015

domenica 20 settembre 2015

Annunci e trovate a sorpresa



ANNUNCI E TROVATE A SORPRESA


I toni sono sempre drammaticamente alti. Nella politica italiana dell’oggi non si dialoga né discute, preferibilmente si urla. Ma con gli schiamazzi i problemi non si risolvono.


Il premier Matteo Renzi non rinuncia alla sua specializzazione: l’annuncio eclatante, forte, se non vogliamo dire “populista” diciamo pure di grande presa sulle masse. Questa volta tocca alla promessa di abolire la TASI, la tassa sui servizi indivisibili, per brevità ridotta a tassa sulla casa.  Tassa sulla casa era l’ICI, poi l’IMU rimasta per le seconde terze case, non la TASI. Stupisce che il premier con i suoi annunci favorisca l’ignoranza, la semplificazione. Con la TASI i cittadini pagano l’illuminazione pubblica, la manutenzione delle strade e quant’altro i comuni devono fare per la qualità della vita dei cittadini. Abolire la TASI significa ancora una volta affamare i comuni, impedire loro di fare il loro mestiere. Ma di questo Renzi se ne fa un baffo.


Non solo, ma come si è detto e gridato a gran voce dall’opposizione soprattutto interna nel PD, abolire tout court ogni tassazione per i servizi basata sul possesso di una casa significa trattare da uguali chi è disuguale. Le situazioni sono molteplici: c’è chi ha una casa grande in centro ereditata e magari un reddito piccolo, chi ha una villa e chi un monolocale… La casa è una scelta individuale o familiare. C’è chi ha preferito investire in una casa grande e chi invece preferisce il piccolo ma centrale ecc.ecc. 
Dire: nessuno paga più niente è come fare un regalo ai ricchi, inaspettato e lasciare i poveri con un pugno di mosche in mano. Non sarebbe meglio, se le tasse devono essere ridotte (e in questo tutti sono d’accordo) rivedere le aliquote per i redditi più bassi? Così si rilanciano i consumi e riparte l’economia, sembra.


Seconda questione: esplode il problema del Senato. Forse bisognava pensarci un po’ prima  e non in seconda lettura che tutto si fa più complicato. Ma un Senato di nominati (come si prevede sia un Senato di consiglieri regionali) accanto a una Camera per lo più di nominati riduce la sovranità popolare  a una barzelletta. E poi io sarò vecchio ma un Senato ridotto a niente, a poco più di una commissione consultiva, mi sembra uno sfregio costituzionale intollerabile. Infatti i Padri Costituenti vedevano nel Senato la Camera alta, quella dei seniores e se invece diventa la camera dei nominati tanto per dire, meglio abolirlo o chiamarlo diversamente, Camera delle autonomie, p.e. Ma che debba essere eletta dai cittadini questa Camera non ci piove, altrimenti c’è uno sfregio alla sovranità popolare non da poco.


A Matteo – ormai è palese – piace l’autoritarismo, piacciono le decisioni secche prese dall’alto, da chi comanda, lui, in questo caso. Ed è molto pericoloso, questo modo di porsi e di pensare, per la democrazia. Purtroppo la democrazia ha tempi lunghi, prevede passaggi plurimi. Possiamo vedere di accorciare i tempi ma la delega totale a un “uomo solo” non è mai democrazia. 
E’ vero. Di riforma del Senato si parla, come dice Renzi, da molti anni. Ma se ci siamo decisi a farla superando il bicameralismo perfetto, facciamola bene. Io non so chi abbia inventato questo meccanismo balordo dei senatori scelti tra i consiglieri regionali, è veramente un pateracchio, un insulto al buon senso. Se si voleva evitare una seconda scheda in sede di elezioni politiche (e perché mai?), non era il caso di pensare a un’assemblea di macchiette, reperendo eletti nei consigli più inaffidabili che ci siano. Comunque un fatto è certo: i senatori devono essere eletti dai cittadini. Poi possiamo non pagarli, pensare solo a un rimborso spese, abolire la complessa macchina dei dipendenti di palazzo Madama (attenzione! Aspettiamoci una bella giusta protesta!). 
Un Senato di nominati no. E se Matteo vorrà a tutti i costi far votare questa ignobile riforma, passerà alla storia come il “dittatorello” fiorentino. Non passerà molto tempo ma la sua riforma come altre sue riforme saranno riviste, riformate. A meno che il fiorentino non sia l’apripista di un governo eternamente centrista, eternamente con un piede di qua e uno di là.  


Amoproust, 20 settembre 2015