mercoledì 13 luglio 2011

LO STROZZO


LE MANI NELLE TASCHE? NO, INTORNO AL COLLO!

Amara vigilia di vacanze. Questo Governo ne inventa una ogni giorno per amareggiare la vita dei cittadini che, pavidi, sembrano ingoiare tutto: leggi liberticide, scandali, corruzione, balzelli e via dicendo. I giorni della rivoluzione del voto amministrativo e dei referendum sembrano già lontani, tutto è già rientrato nella normalità grigia e uniforme della rassegnazione.

Con lo spauracchio del ricatto dei mercati e della speculazione si è imposta al Paese una cosiddetta manovra tagliola incredibile (e con l’avallo dell’opposizione e con la spinta della moral suasion del Presidente), con la quale non solo si mettono le mani nelle tasche ma le si collocano nella posizione intorno al collo atta allo strangolamento. Perché si colpiscono i più deboli: solo un cinico infame può pensare di fare cassa sulla pelle degli ammalati, mettendo ticket sulle visite e sui farmaci. Un esempio che basta.

Ma quello che più spaventa è la totale assenza di alcune iniziative che avrebbero potuto ben segnare una svolta: non c’è nella manovra una voce che indichi un’iniziativa per colpire l’evasione fiscale, eppure questa è la priorità, se si pensa che si tratta di miliardi e che – a detta degli organi competenti – un rientro parziale dell’evasione risolverebbe molti dei nostri problemi. Nessuna iniziativa, vale a dire tolleranza, anzi collusione (non si possono ferire gli amici e gli amici degli amici).  Poi nella manovra non ci sono misure per la riduzione delle spese della politica. Basterebbe citarne due: l’abolizione delle Province (enti del tutto inutili e surrogabili) e l’accorpamento  obbligatorio dei piccoli comuni.  A che servono enti locali di 100, 300 abitanti? Solo a mantenere un sindaco e una giunta e qualche  impiegato addetto? Forse ad accontentare il campanilismo di qualche valligiano nostalgico?  Questo tipo di spesa va razionalizzata, eliminando rappresentanze sul territorio inutili, accorpandole, creando servizi per i cittadini sulla base non di confini municipali, ma di territori omogenei.  Con queste due iniziative, oltre che con la riduzione dei privilegi dei nostri rappresentanti (parlamentari e consiglieri regionali) si sarebbero potuti risparmiare un bel po’ di quattrini. Ma si è preferito (ripeto con la collusione dell’opposizione che protesta ma poi agisce in senso opposto – vedasi il vergognoso voto del PD sulle province) mettere le mani al collo dei poveri cristi. Come sempre.

Non so (ma dubito molto) se questa manovra riuscirà a fermare la speculazione. So che farà molto male  e che non basterà, perché sarà seguita da altre e sempre più feroci manovre – tutte puntate sulla riduzione del welfare (per i più deboli) e non sulla riduzione della disparità e della disuguaglianza.  Vadano le nostre autorità nei porti vacanzieri e vedano lo schieramento degli yacht privati: basterebbe salire a bordo e verificare la dichiarazione dei redditi di lor signori… forse qualche sorpresina verrebbe fuori. Ma , si sa, non si fanno torti agli amici.

Forse una bella rivoluzione di popolo, pacifica ma decisa e furibonda non guasterebbe (bisogna attendere  la fine della stagione baneare?).
Buone vacanze.

Amoproust 14 luglio 2011

una legge infame


E ORA POSSIAMO MORIRE IN PACE

Un Parlamento distratto da altri problemi e delegittimato per impotenza e lontananza dai cittadini, ha approvato la legge sul “testamento biologico”. O meglio si potrebbe dire che ha affossato il testamento biologico nella sua più vera essenza, la libertà dell’individuo di scegliere per se stesso, di decidere la sua sorte in caso di grave impedimento. Ha messo ciascuno di noi nelle mani di medici estranei alla nostra vita.
Questa legge, se sarà approvata come si teme anche dal Senato, ci allontana ulteriormente dal mondo civile e dall’Europa, ci condanna al destino di paese di serie B, dominato dalla presenza ingombrante della Chiesa Cattolica, che tiene sotto ricatto i suoi fedeli  deputati, o meglio li costringe a essere dei servi ubbidienti.  La Chiesa Cattolica, così lontana dalla pietà del  Vangelo e dalla purezza cristallina dei comportamenti morali, si permette, in nome della salvezza di un’anima ipoteticamente immortale, di condannare l’uomo alla sofferenza, di legarlo a riti di assistenza umilianti e degradanti, di toglierli la possibilità di dire “basta” a un’esistenza terrena diventata impossibile e priva di valore e cieca e insensata. In nome della vita. Ma quale vita? A che livello di qualità? In nome di che? Se Cristo fosse su questa terra griderebbe un’altra volta agli “scribi e farisei ipocriti” che, per puro spirito di potere, creano legami e vincoli e impedimenti  alla libera scelta di come morire. Cosa che ciascuno di noi vorrebbe semplice e lineare e priva di assurdità come mesi o anni di pura vita vegetativa. La Chiesa rivela la sua anima crudele e oscurantista. Non potendo più condannare al rogo gli eretici o torturarli, in nome della fede, in un ultimo estremo tentativo di arginare la laicità e il libero pensiero, detta vincoli disumani ai suoi adepti e pretende che tutti, fedeli o no, vi soggiacciano. Ultimo colpo di coda in un mondo secolarizzato, che vede spegnersi  non la vera fede o il cristianesimo dei giusti, ma la legittimità del potere temporale.  Chiesa crudele e oscurantista. 
Viene voglia di essere cattivi e di augurare a tutti coloro che, coscientemente o distrattamente hanno approvato questa ignominia, questo aborto incivile, una morte dopo lunghi mesi di agonia in un letto, nutriti a forza, con il corpo avvizzito e ormai spento,  vegetale. Una morte assurda che si meriterebbero tutti  per la loro insensataggine.  Ma forse, nel  loro animo sperano di cavarsela, di costituire  – come  sempre  - l’eccezione  regolare (si è sempre trovato un infermiere disponibile a staccare la spina con lauta mancia – s’intende). Ipocrisia, come sempre. 
Amoproust  si augura di non vedere questo calvario per nessuno dei suoi e per se stesso.  Ma è disponibile a disubbidire, a obiettare in coscienza.  Non vi è obbligo di ubbidire a leggi palesemente contro l’uomo e la sua dignità.  E in certi casi l’ubbidienza non è più una virtù, ma una viltà.

Amoproust – 13 luglio 2011