La
storia si ripete?
La risposta è implicita nella
domanda: è un sì. La storia si ripete ma ogni volta con un livello di
consapevolezza superiore, perché gli errori generano e trasmettono coscienza di
sé. Se dovessi tracciare un grafico farei un’onda ciclica che sale progressivamente di livello. Ciò non
esclude affatto che l’umanità - sui tempi lunghi andrà ad estinguersi per
lasciare il posto a un essere vivente
più evoluto e capace di adattamento. Tutto dipende dal'intelligenza con cui l'uomo saprà gestire le sue risorse e quelle del pianeta. Ma nessuno di noi lo vedrà.
Ovunque fioriscono previsioni
catastrofiche e pessimiste: la democrazia in crisi, prevalenza dei regimi
forti, disuguaglianza progressiva, isolazionismo o globalismo distruttivo. Ogni
previsione va verso il peggio.
Gli uomini forti sono sempre
esistiti e hanno spesso determinato svolte epocali o periodi oscuri. Hitler e
Mussolini, Stalin e Polpot sono solo dietro l’angolo della storia, ma sono
stati schiacciati dalla politica reale e dai loro stessi errori criminali.
L’avvento di Trump alla Casa Bianca ha determinato orrore negli ambienti
liberal e progressisti di tutto il mondo. Ma anche lui passerà e delle sue
controriforme non resterà traccia a lungo. Perché sostenuto da una minoranza
bianca cristiana retrograda e xenofoba, vale a dire antistorica, perché la
storia va, sui tempi lunghi, in direzione contraria: maggiore uguaglianza,
rispetto degli altri, diritti religiosi e civili, maggiore collaborazione tra i
popoli, cioè globalizzazione positiva incoercibile. Lo dicono gli strumenti di comunicazione di
massa. Oggi una censura delle informazioni è impossibile, qualcuno ci tenta, ma
fallirà.
Gli uomini forti hanno un destino
comune: per realizzare i loro progetti devono eliminare le garanzie democratiche,
trasformarsi in piccoli o grandi dittatori. Così creano un’opposizione sempre più marcata cui seguono incarcerazioni
abusive e, nei fatti, abolizione dei contropoteri di bilanciamento. Inevitabilmente
segue la rivoluzione, la caduta e la fine (con scenari diversi ma questo è lo schema
storico). Tempo perso per il cammino progressista. Trump è il Presidente degli
USA: può trasformarsi in dittatore come Putin, Erdogan, Orban?
Parlo sui tempi lunghi e con la
consapevolezza che la curva negativa del grafico provoca crisi, orrore e morti,
guerre e stragi. Ma riprenderà la curva positiva, tutti lo sperano e il senso
della positività è chiaro: maggiore libertà, maggiori relazioni, ponti e non
muri.
E’ ottimismo? In parte sì, ma è
anche lettura della storia. Nel secolo XIX e XX l’Europa è stata insanguinata
da guerre fratricide nell’intento che fossero utili a realizzare obbiettivi o
nazionali o economici. Sono state utili? Sì, soprattutto perché hanno spazzato
via regimi “forti” e hanno prodotto consapevolezza che lo strumento guerra non
risolve problemi ma li genera. No, perché oggi c’è la consapevolezza che ogni
guerra è solo morte e distruzione. Oggi pensare
a una guerra in Europa è semplicemente folle. Abbiamo sì altri problemi
ma di crescita. Così anche negli Stati Uniti dove per fortuna la guerra civile
è un ricordo. Le ferite però rimangono come cicatrici. Chi non le sa leggere è
solo un ignorante che gioca la carta
del potere e non sa imparare dagli eventi. Non per nulla i grandi “antistorici”
si vantano sempre di non aver mai letto un libro (Reagan). Penso che Trump di
libri ne abbia letti pochi.
Oggi le guerre imperversano in
altri settori del globo per gli errori commessi nel passato dagli europei
stessi e per divisioni territoriali sostenute da fanatismi e integralismi. Un
ciclo storico arretrato. Anche in Europa ci sono stati fanatismi e guerre di
religione con i dovuti morti. Cattolici e protestanti si sono fatti
reciprocamente la pelle per secoli. Finirà anche altrove.
Stalin irriverente si domandava
“quante divisioni ha il papa?”. Lui è finito e il suo sistema anche ma la
Chiesa di Roma è ancora in piedi e il Pontefice predica pace e uguaglianza. Non
è passato nemmeno un secolo. Anche nella Chiesa ci sono cicli: dal reazionario
Papa Pio X al Concilio e a papa Giovanni e Paolo VI sono seguiti poi Giovanni Paolo
II e Ratzinger, conservatori. Ma la conservazione in un tempo ribollente di richieste
di riforme non ha retto. Ed ecco papa Bergoglio.
Insomma se leggiamo i segnali della
storia dobbiamo pensare positivo. Questo non significa arrendersi e non
combattere, anzi! Il pensiero positivo genera attivismo mentre la negatività
può generare solo apatia e rassegnazione.
Un altro tema molto discusso è la
globalizzazione e la disuguaglianza enorme tra ricchi (sempre meno e sempre più
tali) e i poveri (sempre di più).
La globalizzazione in sé è un bene.
Crea relazioni sempre più ampie tra i popoli. Amplifica la trasparenza e l’informazione.
E’ la premessa per un mondo migliore. Ma se il mondo è dominato dal capitalismo
parassitario (vedi Baumann) la globalizzazione crea le condizioni per uno
sfruttamento sempre più forte dei deboli e il dominio dei forti. Le materie
prime vengono rapite ai paesi che le possiedono e il lavoro delocalizzato dove
costa meno. La catena avvantaggia chi ha il capitale, l’imprenditoria senza
scrupoli, le multinazionali. Il capitalismo parassitario tende a ridurre il
welfare nei paesi che l’hanno e a impedire che forme di tutela si instaurino
dove non ci sono. Questo significa pochi ricchissimi e molti poverissimi. Già
oggi si parla di otto individui che hanno l’80% del capitale mondiale
Ma la storia non finisce qui.
Non è pensabile che miliardi di
sfruttati a lungo sopportino questa condizione di ingiustizia che l’istruzione e appunto la globalizzazione delle
comunicazioni svela sempre più. Ci saranno rivoluzioni e rovesciamenti. Lotta
di classe mondiale. Distribuzione della ricchezza.
La rivoluzione francese del 1789 ha
visto l’insorgere della borghesia produttiva contro l’aristocrazia parassitaria
che viveva nei castelli e a corte senza pagare imposte e è finita come
sappiamo. È venuta poi la restaurazione ma il mondo non è stato più come prima.
Il seme della rivoluzione ha cambiato le classi sociali e i rapporti economici.
La rivoluzione russa del 1917 è
nata da un proletariato affamato e da un esercito stremato dalla guerra contro
una corte zarista imbelle e incapace di riforme e l’ha spazzata via. Dopo il
comunismo (che pure ha realizzato un certo livellamento delle classi e un’economia
non solo rurale – l’industrializzazione) che è poi precipitato nella dittatura.
Ma anche quella è finita e il processo non è ancora esaurito.
La lettura della storia oggi (a un
livello di consapevolezza sociale mai avuto nella società nel passato) ci dice
che o quei pochi ricchi, se prevarrà l’intelligenza, useranno il loro capitale
per creare progresso e lavoro e partecipazione
oppure la rivolta delle classi subalterne li sconfiggerà. La prima ipotesi è difficile, la seconda probabile.
Un’ultima notazione critica: a
monte del discorso c’è la concezione occidentale della proprietà privata come inalienabile che non può continuare
così. Se ammettiamo che – al limite – un solo individuo possa possedere tutti i
beni della terra (possibile secondo la concezione inalienabile) blocchiamo ogni
possibile progresso. E’ quindi necessario che si ponga un limite (ed ecco l’intervento
degli Stati) al possesso infinito di beni. Deve essere stabilito un limite alla
proprietà non investita in imprenditoria che genera lavoro, cioè parassitaria. Com’è
stato per il latifondo. E questo può avvenire solo con la leva fiscale e con
misure restrittive ai paradisi fiscali, veri ostacoli oggi all’uso corretto del
capitale. Un’economia sfrenatamente libera, senza l’intervento moderatore degli
Stati, genera solo povertà. Che piaccia o non piaccia.
Amoproust, 5 febbraio 2017