martedì 20 dicembre 2016

Renzi rilancia

Il rilancio di Renzi

I sindaci passano, gli apparati restano. Questo è il vero commento per la vicenda Raggi. Le migliori intenzioni sono destinate a infrangersi contro la cortina fumogena delle Amministrazioni corrotte fino al midollo. Gli errori e le ingenuità, nonché gli antidirivieni dell’ormai più chiacchierata sindaco (non mi piace sindaca) d’Italia non si contano. Ma procederebbe con il vento in poppa se l’apparato fosse stato pronto  a raccogliere le sue indicazioni politiche e a farle proprie. Poi si è messo di mezzo il Movimento e Grillo e Casaleggio. Ma che c’entrano, soprattutto quest’ultimo? Chi lo ha eletto? Ha vinto anche lui un concorso? Allora zitti e fuori dai piedi!

Il caso Sala (mentre scrivo può darsi che ci siano gli ultimi sviluppi) non è equiparabile. Sala è vittima-forse colpevole della fretta e di una burocrazia pazzesca. Gli appalti al massimo ribasso sono un’idiozia e obbligano le Amministrazioni a accettare condizioni che poi si rivelano impossibili da mantenere con i conseguenti aumenti in corso d’opera. Deja vu fino alla nausea. Già visto, sempre così. Del Rio ha detto che si cambia sistema, speriamo. Sala ha firmato quel che non doveva firmare perché l’Expo doveva partire  a tutti i costi. Ha retrodatato alcuni verbali? Per fare in fretta, non ripensarci. Spero che non si sia messo in tasca del denaro, non voglio crederci. Ma lui non è un politico calato nell’apparato. Lui è un uomo di apparato. Un po’ più di attenzione, please.

Renzi ha rilanciato il Mattarellum. Finalmente una cosa sensata, una grande opportunità. Un sistema elettorale equo e che garantisce partecipazione di tutti e governabilità (entro certi limiti, s’intende). Già pronto, servito in tavola, sperimentato. Poi tocca all’intelligenza dei cittadini. Un sospiro di sollievo dopo il Porcellum, il Consultellum e l’Italicum (morto prima di nascere). Ovvio che alcuni non ci stiano. Ma è così da sempre, per tutto. Una riforma condivisa da tutti è impensabile. Soprattutto se prevede il ritorno al vecchio proporzionale con le conseguenze di ingovernabilità e inciuci inevitabili. La sinistra del PD esce dall’aula. Ma perché?


Amoproust, 20 dicembre 2016.

martedì 13 dicembre 2016

nuovo governo

Nuovo governo…

Il referendum è alle spalle e sarebbe inutile recriminare, stracciarsi le vesti e guardare indietro. Il responso  delle urne è stato chiarissimo e così anche l’”intenzione” vera che ha guidato il voto: mandare  a casa Renzi. 
Esito logico con l’ammucchiata che ha visto accomunati nel “no” estrema sinistra e estrema destra, nonché forze antisistema. Il quesito del referendum ignorato dai più, come si può constatare dialogando con i cittadini che hanno votato contro Renzi.
“Perché cosa succede?”è la domanda comune, la FAQ, si direbbe in linguaggio informatico.

Ogni riforma costituzionale, compreso il bicameralismo perfetto bloccata, chissà ancora per quanto tempo. Il caos Governo Regioni causato dalla riforma del titolo V fatta dal centro sinistra nel 2001 (purtroppo) continuerà imperterrito.

Ora Renzi giustamente si è dimesso. Ma le Istituzioni sembrano non avere capito a fondo il messaggio dei cittadini che hanno votato “no”. 
Dicendo “no” a Renzi si è invocato un cambio di passo in economia, sulle riforme per il lavoro, sulla crisi in generale, sulle emergenze territoriali. Cioè il messaggio è stato: “Pensate un po’ di più ai nostri problemi, un po’ meno alle vostre poltrone”. Messaggio che si è servito del no, impropriamente.

La riproposizione di un governo semifotocopia ha due significati: si continua come prima (senza significativi cambi di rotta) e sarà per poco: qualche mese e non di più, giusto il tempo per fare la riforma elettorale, gestire gli incontri internazionali e andare  a votare. Riforma elettorale necessaria per evitare clamorosi pasticci e ingovernabilità.

Quindi ancora attesa e lungaggini per l’attacco deciso ai sempiterni problemi dei cittadini.

Gentiloni è un galantuomo, si spera che abbia una modalità di relazione con il Parlamento e con i cittadini più cortese e garbata e nel merito dei problemi. Speriamo.

Poi certe scelte ministeriali sono, a dir poco, discutibili.
Perché Alfano agli esteri? Non ha alcuna competenza e la situazione internazionale esige invece decisioni, lungimiranza e esperienza. Poltrona data solo per  completare il cursus honorum del Soggetto.

Perché Maria Elena Boschi giubilata, promossa? E’ la grande sconfitta dall’ esito del referendum, da lei si esigeva un passo indietro come ha fatto Renzi. Il posto di sottosegretario a Palazzo Chigi è delicatissimo, non era il caso di cambiare. La Boschi (un’altra!) non ha esperienza in merito.

Perché solo la Giannini punita con l’esclusione? Certo l’istruzione è una casella importante, ma l’insuccesso della “buona scuola” è solo della Giannini? E cosa potrà fare la Fedeli in pochi mesi? E non c’era nessun altro (tipo Poletti) da mettere da parte?

Insomma o Gentiloni e il Presidente della Repubblica hanno avuto solo fretta (un po’ a ragione) e hanno fotocopiato per mandare un messaggio: “dura minga, non può durare!”

Alla prossima dunque, dopo le elezioni.


Amoproust, 13 dicembre 2016

sabato 3 dicembre 2016

Un paese spaccato

Un paese spaccato

Domani si vota per il referendum. Un sospiro di sollievo per la fine di questa oltraggiosa  e vergognosa campagna elettorale. Oltraggiosa per la democrazia in sé  e per la dignità del paese.

Sono volati insulti e minacce, bugie incredibili e supposizioni balorde. Previsti disastri da tutte le parti, sia che vinca il sì, sia che vinca il no.

Non una semplice consultazione referendaria ma una vera guerra civile a parole. Sia chiaro che ciascun cittadino può scegliere come meglio crede, ma nessuno è legittimato  a prevedere e augurarsi disastri se vince la parte avversa.

L’invito a calmare le acque è venuto da più parti, soprattutto dal Presidente della Repubblica.

Ma purtroppo il “calore incendiario” rimarrà anche dopo. E’ facile profezia.

Se vincerà il sì, i sostenitori del no grideranno ai brogli elettorali e faranno denunce  e querele, manifestazioni e proteste. E bisognerà riformare la legge elettorale.

Se vincerà il no, comincerà una lunga serie di dimissioni, consultazioni, tentativi di formare governi e forse elezioni anticipate  per le quali serve una legge elettorale che contempli almeno anche il Senato. Un periodo di turbamento nella miglior ipotesi.

C’è solo da augurarsi che le parti politiche e i cittadini accettino di buon grado il responso delle urne. Si calmino gli animi e si ricominci a vivere una vita politica dignitosa.

Inutile distribuire patenti di “colpa”. Un paese spaccato e diviso non serve a nessuno, è solo foriero di eventi peggiori.

Buon voto.


Amoproust 3 dicembre 2016

martedì 22 novembre 2016

Avventura metropolitana (ossia follia di ordinaria burocrazia)

Donatella soffre di disturbi della memoria. Il medico curante dice : “Qui ci vuole uno specialista. E’ meglio che vada  a Milano”. Così mi rivolgo all’istituto Besta che mi dà un appuntamento abbastanza  veloce. Si fa per dire: quattro mesi.

La neurologa, gentilissima e competente ma con un cartellino al petto che dice co.co.co. (una professionista!), dopo vari esami di cui preferisco non parlare (due mesi di tempo e 200 euro di ticket) mi dice: “Ci sono dei farmaci che possono aiutare. Glieli segno così il suo medico curante glieli prescrive”.

Ma, per questi medicinali, occorre un cuore perfetto. Quindi visita cardiologica. Mi rivolgo alla ASL del luogo: 4 mesi. No, dico. Mi rivolgo a una struttura privata convenzionata: 15 giorni. Il cardiologo visita, fa l’ECG e dice: “Ci sono dei segni che non mi convincono.  Sembra che ci sia stato un infarto, ma è una piccola probabilità. Serve un’ecocardio.  Prenoti qui  e venga”. Prenoto (intanto paura e sospetti) e dopo quindici giorni l’ecocardio. Stesso ambulatorio e stessi medici. Ma non potevano farlo subito? 

Siamo contenti perché non c’è nulla di importante. Cuore perfetto.

Torniamo dalla neurologa di Milano che gentilmente ci dà un appuntamento fuori CUP, altrimenti ci vogliono i 4 mesi. “Bene – dice la dottoressa – le faccio il piano terapeutico perché per questi medicinali ci vuole il piano terapeutico”. Un foglio con i dati anagrafici della paziente, il medicinale prescritto e il tempo di prescrizione (30 giorni). Non altro. 
Bene, con il piano terapeutico torniamo dal medico curante che fa la ricetta. Rossa, perché per questi farmaci ci vuole la ricetta rossa (quella bianca non basta). La farmacista osserva la ricetta e dice: “Gliela procuro”. “Perché, non l’ha in negozio?” “No questo tipo di farmaci li consegna direttamente la ASL. Torni domani.”

Finalmente riesco ad avere il farmaco. Chiedo alla farmacista: “Perché tutta questa manfrina? E’ un farmaco costoso?” “No - è la risposta. 16 euro”.

Perdirindina.

Ho speso per ticket delle varie visite ed esami più di 100 euro per avere un farmaco che ne costa 16?

Questa è la burocrazia della sanità  in Italia. Non ammalatevi e se vi ammalate… beh vi auguro una felice cura e incrociate le dita.


Amoproust 22 novembre 2016

venerdì 18 novembre 2016

Voterò…sì.

Credo che a pochi interessi ciò che farò il giorno del referendum, ma dato che nel mio blog mi sono sempre esposto sinceramente, trovo corretto esprimere il mio orientamento per il voto, nel massimo rispetto di chi ha deciso diversamente.

Io penso che la riforma proposta da Renzi abbia molti difetti ma, leggendola attentamente:
·       non vedo lo stravolgimento della Costituzione. Infatti i punti fondamentali rimangono intatti
·              non ho riscontrato pericoli di svolte autoritarie o peggio
·            ci sono positività che si rincorrono da anni: il superamento del bicameralismo perfetto, compiti diversi per la Camera  e il Senato, maggiore semplicità nell’approvazione delle leggi
·        la riforma del titolo V attribuisce poteri allo Stato che prima erano delle Regioni: fatto positivo in quanto il federalismo accentuato rischiava di minare l’uguaglianza dei cittadini e il diritto di tutti a prestazioni identiche (la riforma del 2001 si è rivelata profondamente sbagliata).

I difetti:
·             un Senaticchio formato da consiglieri regionali e sindaci con un doppio lavoro non retribuito. Non faranno bene né la prima cosa né la seconda e si sa che, quando una persona non è retribuita, non fa niente o quasi. Era forse meglio abolire il Senato del tutto.
·        l’assenza di un’indicazione chiara di chi elegge i Senatori, la camera alta. Perché sottrarre ai cittadini questa prerogativa?
·             il pericolo, data l’ambiguità di alcune norme, di conflittualità permanente tra lo Stato e le Regioni (si sa la litigiosità degli italiani che si accapigliano per tutto e sono riottosi a regole comuni).

In sintesi: la Riforma poteva essere fatta meglio e con maggior giudizio ma questo non è ragione per bocciarla al cento per cento. Bocciarla significa lasciar tutto come prima, perdere i vantaggi che offre (indiscutibili) e ricominciare a lamentarsi per mettere in piedi a ritmo continuo altri aborti di riforma non condivisa.

Ancora: il Parlamento (e noi siamo una Repubblica parlamentare) ha operato due letture della Riforma per Camera e l’ha approvata nel testo esatto e con il titolo esatto in cui viene sottoposta ai cittadini.  Delegittimiamo il Parlamento? E perché alcuni parlamentari che l’hanno approvata adesso optano per il “no”? Non do giudizi, mi pongo la domanda.

Le obiezioni relative al cosiddetto “combinato disposto” risultante dall’incrocio perverso tra riforma e legge elettorale è stato in parte superato con l’accordo interno al PD per una riforma della legge elettorale. Cuperlo l’ha firmato.

E’ solo una promessa e una prospettiva, ma il capo del governo ha tutto l’interesse politico a mettere in piedi una riforma dell’Italicum che ora promette solo di sbalzarlo di sella. Non solo ma l’accordo prevede di riportare i cittadini alla elezione dei Senatori. “Come” non si sa, ma è un passo avanti. E poi c’è il fatto che la legge va approvata dal Parlamento  e nessuno è disponibile a votarla prima del 4 dicembre (ci sono i numeri?).

Infine per il no e il sì alcune considerazioni strategiche.

Il “sì” origina stabilità, non apre scenari di crisi. Indiscutibile. Renzi (è un arrogante - lo sappiamo -  attacca a testa bassa, si rende antipatico) si rafforza ma non sarà un regime. Togliamoci questa idea dalla testa. C’è un Presidente della Repubblica e c’è una forte opposizione. Timori infondati.

Il “no” introduce fatalmente un periodo di instabilità. Nessun dramma, ma molti problemi. Urla e strepiti. Richieste di dimissioni del Governo, che, se accettate, potrebbero portare a elezioni anticipate. Con quale legge? Una per la Camera e una diversa per il Senato? Con quali conseguenze? Le elezioni porterebbero fatalmente a un ballottaggio in cui gli italiani –  si prevede (al di là dei sondaggi di cui non si fida più nessuno, ma in una prospettiva politica corretta) – consegnerebbero il Governo ai 5 stelle. Potrebbero anche governare bene, ma Grillo non dà alcuna affidabilità.  Chapeau, un capolavoro.

Oppure il no prelude a un governicchio tecnico o a un ritorno di Renzi con le grandi intese. E’ questo che vogliono i sostenitori del no?

E non me la sento di mettermi in compagnia di Salvini, Grillo, Brunetta e Meloni. + Sel e alcuni dem. Non mi piacciono queste ammucchiate destra-sinistra, sempre preludio nella storia di brutti periodi.

Con i problemi  sul tappeto in Europa e nel mondo non è il caso di aprire una crisi che può essere semplice ma anche drammatica. Non lo possiamo prevedere. 
Oggi non abbiamo un’alternativa seria, migliore a Renzi. Lo predica da mesi il filosofo Cacciari. E gli do ragione.  La pensano così altri autorevoli personaggi. Mi trovo in compagnia di Scalfari, Veltroni, Pisapia, Cuperlo, Fassino, Chiamparino, Rossi, Zingaretti, autorevoli rappresentanti del PD. Forse anche Prodi. Gente di sinistra, tra i fondatori del PD. E il referendum non mette in gioco il governo (dichiarazione di Bersani).

Sono approdato al “sì” con un travaglio personale che mi vede scegliere una soluzione che molti dei miei amici e compagni non condividono.

Mi dispiace ma la coscienza politica è coscienza politica.


Amoproust, 18 novembre 2016

martedì 15 novembre 2016

e-commerce

E-commerce

L’e-commerce è un’altra di quelle formule “magiche” che definiscono la modernità tecnologica. Non vorrei sembrare reazionario ma io ho le mie perplessità. E vi spiego il perché.

Certo, è di una comodità sconcertante. Vai su Internet, esplori i siti di vendite (Amazon p.e.), trovi un prodotto che ti piace, fai pochi clic e lo comperi. Con la carta di credito o con Paypal. Non ti muovi da casa tua, in vestaglia e pantofole. Qualche giorno dopo ti arriva il plico con il prodotto. Velocissimo. Amazon prime promette in un giorno.

Ma pochi pensano a cosa c’è dietro: colossali magazzini dove giovani spesso al primo lavoro (si prende ciò che si trova) registrano gli acquisti, movimentano le merci, le impacchettano, le dirigono agli spedizionieri, le caricano e via al destinatario. Moderni operai: una vera catena di montaggio logorante, un nuovo schiavismo. Retribuzioni da fame, spesso a cottimo: chi più fa (pacchetti – movimentazioni, imbustamenti) più guadagna. Un  tanto a lavorazione. Facchinaggio, carrelli, pacchi, scaffali, ritmi insensati. Stakanov insegna.

Nessuna vera tutela, precarietà assoluta, licenziamenti facili. Una fabbrica senza sindacati.

E poi? Camion e furgoni che girano per il territorio a consegnare. Sempre in fretta, sempre senza respiro.

Internet, la rete doveva semplificare la vita e andare verso il disinquinamento del pianeta. E’ esattamente l’opposto con l’e-commerce.

Non discuto che certe categorie di persone abbiano bisogno della consegna a domicilio  e certi beni siano rintracciabili solo on-line. Ma se uno ha le gambe e la voglia di uscire di casa va  in centro, gira per i negozi, guarda le vetrine. Trova ciò che gli piace, lo acquista. Queste abitudini possono aiutare a rivitalizzare i centri cittadini, alcune volte degradati  a favore di enormi centri commerciali.

Volete aiutare la società? Alzatevi dalla sedia  e muovetevi. Limitate l’e-commerce allo stretto necessario. I giovani possono trovare lavoro come commessi e vetrinisti e commercianti. Non saranno più schiavi di un enorme magazzino.

Poi ingiuriatemi come codino e retrogrado. Ci sto.

Amoproust, 15 novembre 2016


giovedì 10 novembre 2016

la vittoria di Trump

Trump ha vinto

Le elezioni presidenziali in America. 

Trump ha vinto. Non nei numeri perché in termini di popolazione Hillary ha avuto più voti, ma per il perverso sistema americano per cui, negli Stati, chi vince anche per un solo voto, si prende tutti i grandi elettori. Una vittoria politica, di sistema,  che dovrebbe essere amara  e far riflettere un uomo che si definisce antisistema, anti  establishement. Non ha il consenso popolare se non per il 50%. 

Ma intendiamoci! Mai vedremo fare ragionamenti di questo tipo. In America il sistema è sacro anche per chi è political incorrect. Trump si è affrettato  a fare dichiarazioni concilianti, dopo una campagna elettorale “armata”, corredata di promesse “rivoluzionarie” oltre che di insulti e diffamazioni.  

L’uomo Trump è imprevedibile e ciò continua  a renderlo pericoloso  e disponibile a qualsiasi avventura purché nella direzione voluta dalla middle class dei wasp, i maschi bianchi protestanti e lontani da ogni vera “intellettualità”. Il culturame (direbbe Scelba)  che questi ultras americani disprezzano in nome del vecchio sogno americano maschio, bianco e puritano. Quella razza bianca americana così viva e forte negli Stati rurali e discendenti nostalgici dell’individualismo  e del farsi giustizia da sé, intollerante di regole restrittive, viva il Far West. 

Ha vinto lo spirito dei John Waine e dei Clint Eastwood. Senso di predominio, paura del diverso, uso della forza delle armi, negazione della democrazia come dialogo, steccati, disprezzo della cultura, supremazia sulla donna: queste le caratteristiche di Trump e del suo popolo. L’ho già detto e lo sanno tutti.

Cos’è in gioco per cui il mondo è cambiato dopo Obama? 

E’ in gioco l’ambiente, Trump farà carta straccia degli accordi di Parigi, troppo frettolosamente esaltati come la soluzione del problema. E’ in gioco la pace: Trump ama l’uso della forza delle armi e questa logica ha conseguenze nefaste, soprattutto se, all’orizzonte, si staglia una perversa e inedita alleanza con la Russia di Putin. 
E’ in gioco la pace intrarazziale, che potrebbe, se le minoranze etniche fossero di nuovo ridotte all’emarginazione, scatenare una vera guerra civile. 
E’ in gioco la relazione pacifica con l’Europa che vede di fronte a sé non più un sicuro alleato, ma un interlocutore difficile e pronto all’appoggio di forze disgregatrici. Non per nulla hanno esultato Orban, Erdogan, Le Pen e Salvini, nonché, ahimé, il mi(se)rabile   Grillo. Pronto  a sfruttare qualsiasi vaffa.

Ma l’America non è compatta dietro Trump. Forse è quello che lui vorrebbe e che si è augurato nel discorso postelettorale. 

Il popolo americano è di fatto spaccato in due: da una parte la minoranza dei maschi bianchi conservatori e una middle class dimenticata e impoverita cui si sono aggregate minoranze rabbiose per la loro condizione sociale e le lobbies delle armi e del big oil. Questa minoranza oggi ha il petto gonfio per la vittoria, e, forse, sotto sotto risogna la segregazione e l’apartheid (che bello avere la moglie ai fornelli e i domestici negri in giardino e nella casa a tenere in ordine a costo quasi zero!). Dall’altra la minoranza colta dell’intellighenzia delle Università e della cultura cui è pronto ad aggregarsi  l’establishement economico finanziario che non alcun interesse a vedere il paese spaccato in due  e impoverito. 

Questa minoranza, se Trump dovesse procedere come un carro armato nelle sue controriforme (in campo sanitario, ambientale, pacifista) esprimerà il dissenso nei modi più forti possibile. Aspettiamoci una stagione di manifestazioni, scontri, marce degli ecologisti, dei movimenti delle donne e delle minoranze etniche. 

Trump non potrà spegnere l’incendio del dissenso con i sistemi di Erdogan (anche se forse gli piacerebbe) perché semplicemente gli Stati Uniti non sono la Turchia, ma lo Stato democratico più longevo del pianeta. Non potrà in alcun modo.

Per questo, come ha detto Obama con un intelligente retropensiero “il sole sorgerà ancora”. Molto presto. Spesso la vittoria degli ultra conservatori antisistema serve ad aprire gli occhi ad una nazione intera, forse al mondo occidentale intero.

La speranza non è morta.

Amoproust 11 novembre 2016



giovedì 3 novembre 2016

Le elezioni americane

Trump e Hillary

Noi siamo turbati e quasi paralizzati dal disastro immane che ha colpito il nostro già povero Paese e ciò ci rende distratti nei confronti di altri eventi di portata universale.

Le elezioni presidenziali in America. Trump in forte ripresa: un uomo che molti definiscono “pericoloso”, rappresentante di quella razza bianca americana così viva e forte negli Stati rurali e poco “intellettuali” degli USA. Senso di predominio, paura del diverso, uso della forza anche delle armi, negazione della democrazia come dialogo, steccati, disprezzo della cultura, supremazia sulla donna: queste le caratteristiche di Trump e del suo popolo. Assai poco rassicuranti per il mondo, se dovesse vincere.  La pace che già non c’è in pericolo come non mai. 

La controparte Hillary non è poi il meglio che l’America democratica potesse esprimere e non stiamo a dilungarci sul perché. Tra i due è il candidato più rassicurante e ci auguriamo che vinca. Ma non è finita.

Il sistema americano, in più parti perverso, oltre a consentire di arrivare alla corsa per la Presidenza solo a chi possiede mezzi enormi (ed è quindi di fatto una plutocrazia), permette maggioranze diverse per la Camera e il Senato per cui è possibile una Camera repubblicana e un Senato democratico oppure tutte le combinazioni possibili. E’ chiaro che una vera governabilità dello Stato e della politica estera è possibile solo con una forte coesione politica  a livello di organi decisionali. Questo non è avvenuto per Obama che avrebbe potuto realizzare molto di più del suo programma se non fosse stato ostacolato dall’opposizione della Camera.

Hillary, se eletta, corre rischi molto più alti. Non solo i repubblicani si concentreranno sull’elezione dei loro rappresentanti al Senato e alla Camera per creare appunto una situazione di conflitto e di stallo (la classica stanga tra le ruote) ma Hillary sarà perseguitata dalle accuse e dagli impedimenti. Le sarà impedito di eleggere membri della Corte suprema (il Senato può bocciare le decisioni presidenziali). Le lezioni di mid-term possono creare situazioni di paralisi. Hillary sarà resa impotente.

Questo è il risultato di un sistema perverso, pensato per avere contrappesi ma, in caso di odio fra le parti e demagogie irrazionali, destinato a creare le promesse per una totale ingovernabilità. E ciò per la potenza più grande del mondo è un dato impressionante. Putin ridacchia e il premier cinese si sfrega le mani soddisfatto.

Tenendo conto poi del dato che in America votano solo il 30% dei cittadini aventi diritto, ci possiamo chiedere che fine ha fatto o farà quella che fu chiamata la più grande democrazia del mondo.

Le democrazie sono in crisi un po’ ovunque e dilagano populismi e  regimi autoritari, anche in Europa. Il panorama è desolante. L’Italia ancora si salva (in un contesto di tensioni non indifferenti). 

Monito anche per non dimenticare che rappresentatività e governabilità sono due assi dello Stato democratico da salvaguardare attentamente per non “perdersi”.


Amoproust 3 novembre 2016

lunedì 17 ottobre 2016

Leggere documentarsi riflettere

Leggere, documentarsi, riflettere

Per chi vuol andare votare al referendum con consapevolezza e coscienza e non sull’onda emotiva dei talk show televisivi e nemmeno della simpatia – antipatia per i vari protagonisti della politica, è indispensabile una lettura attenta di articolo per articolo della nuova riforma Renzi-Boschi. E un confronto sereno non pregiudiziale con gli articoli attuali.

Le mie simpatie – antipatie verso i vari personaggi si distribuiscono equamente sia nel campo del sì sia nel campo del no. Non voglio scegliere seguendo un criterio di pancia. Vorrei scegliere, com’è giusto, razionalmente, per quanto è possibile con la mia testa, dopo essermi documentato. E’ difficile ma tutti gli elettori dovrebbero tentare questa strada.

Trovo che in ciascuno dei due campi si sparino grossolane panzane, esagerazioni, fosche previsioni.

Vediamone alcune:
  •   “la riforma fa scempio della Costituzione” – enormità inesistente. I principi fondamentali (titolo I – parte prima) non vengono toccati.
  •  "la riforma è un primo passo verso un regime autoritario” – ma dove  e perché? Io non ho trovato questi germogli nefasti
  •  "la riforma toglie potere al Parlamento e accentua il potere dell’esecutivo” – in parte è vero ma snellisce la governabilità e il processo di formazione delle leggi, non introduce il premiariato, come viene detto da più parti.
  •  "con la riforma del titolo V il contenzioso tra Stato e Regioni aumenterà a dismisura. Certo se le Regioni saranno riottose ad accettare le regole comuni.
  •  “si attua un risparmio di spesa” : grossolana bugia. Il risparmio è molto limitato e non tale da farne un atout della Riforma
  •    “si diminuiscono le poltrone”:   come sopra. Poche.
  •    “se vince il no, precipiteremo nel caos” – semplicemente si apriranno problemi risolvibili, ma tutto rimarrà come prima (siamo sopravvissuti finora?)

Trovo  che la riforma abbia pregi indubbi:
·   
   - introduce un bicameralismo con competenze ben distinte tra Camera (unica a    legiferare e a dare la fiducia) e Senato delle autonomie.  E’ questo il baricentro  della riforma ed è importante, dopo anni che si parlava male del nostro bicameralismo perfetto. Allinea l’Italia alle democrazie occidentali – finalmente!
·       
    - snellisce il processo legislativo pur mantenendo garanzie di controllo.
·       
    - introduce l’obbligo dei parlamentari di partecipare alle sedute del Parlamento e  delle Commissioni – insomma no all’assenteismo (finalmente!). Speriamo che  vengano introdotte serie sanzioni a chi  non  rispetta la regola.

·       -  introduce la parola “trasparenza” in molti punti. Ottimo.
·       - divide le competenze dello Stato Centrale da quelle degli enti locali (Regioni e   Comuni) a favore di una maggior uniformità e centralizzazione. Corregge le  storture di un Federalismo zoppo. Ovviamente non tutti, soprattutto nelle  Regioni più riottose e autonomiste, possono essere d’accordo. Ma che scuola,  sanità, ambiente, energia, cultura debbano essere regolate dallo Stato e non  lasciate al ghiribizzo (spesso velleitario) degli organi regionali mi pare giusto.    Inizialmente ci sarà un po’ di confusione  e di contenzioso, ma è inevitabile  quando si cambiano le regole.

·       - abolisce le Province. Dubbio vantaggio in quanto rimangono le competenze da  mantenere e distribuire. L’importante è che queste vengano attribuite ai  Comuni, alle Regioni e alle Città metropolitane con un processo chiaro e  funzionale.
·       
-   - stabilisce nuove maggioranze per l’elezione del Presidente della Repubblica.  Non capisco se sia un bene o un male. Potrebbe protrarre all’infinito un’elezione  incerta, dibattuta.
·       
     - Abolisce il CNEL. Nessuno ne sentirà la mancanza.

Per ora – quindi – soggettivamente non ho constatato nella Riforma rischi e problemi tali da far temere per la nostra democrazia formale. La democrazia reale è minacciata da ben altri gravi problemi (corruzione, clientelismo, antipolitica, populismo, criminalità organizzata). Solo provo rammarico per alcune lacune e storture che potevano essere evitate:
·
     - perché sottrarre ai cittadini il diritto di eleggere i Senatori?  Perché fare del Senato una specie di succursale delle Regioni e dei Comuni? Se è il Senato delle autonomie e delle istituzioni locali, non occorreva distinguere controllore e controllato? Oltre il resto è un Senato cangiante in continuazione, soggetto ai cicli elettorali locali. Non bene. Per me il Senato deve continuare a essere la Camera Alta: così non lo è.
·       
   - perché, visto che la riforma ha l’obiettivo di diminuire poltrone e spese della politica, non diminuire anche il numero dei deputati?

    - perché non limitare la quasi totale autonomia delle Regioni a Statuto speciale, fonte di sperpero, privilegi e sprechi?

In una cosa i contestatori a sinistra della Riforma hanno ragione. Il Senato è formato da persone non elette dal popolo o elette indirettamente. Quindi occorre una legge elettorale che garantisca un numero di deputati eletto dai cittadini (non nominati) tale da ripristinare la sovranità popolare che altrimenti sarebbe non poco calpestata.

Quindi per me (e non solo) il problema è la legge elettorale (strettamente legata e complementare alla Riforma costituzionale). I politici dicono “combinato disposto”: meglio se si spiegassero altrimenti gli elettori che capiscono?

Non si può decidere cosa votare finché questo nodo non sarà sciolto o subito o con stringente programmazione. 

Alla prossima puntata, augurandoci che la sarabanda furiosa abbia termine e si cominci a ragionare come si dice “nel merito”.

Amoproust 17 ottobre 2016


martedì 4 ottobre 2016

Bergoglio progressista?

Bergoglio progressista o/e rivoluzionario?

Parlando di Francesco si sono sentiti spesso usare accenti, anche da parte di autorevoli commentatori laici (p.e. Scalfari) piuttosto “pesanti “ e impegnativi, come gli aggettivi contenuti in questo titolo. Alla fine questo Papa riesce simpatico e alla mano, semplice, immediato. E’ portatore di una ventata nuova nella Chiesa, sia per il modo di comunicare, sia per l’accettazione universale soprattutto anche dei credenti di altre fedi (Dio è unico per tutti).

Ma chi si aspettava un Papa progressista anche in materia di morale sessuale e di famiglia si è semplicemente sbagliato. Qui sembra che la Chiesa non possa proprio cambiare, né dopo Freud, né dopo gli sconvolgimenti sociali del secolo scorso (femminismo, riconoscimento dell’omosessualità come diritto).

Due i sintomi/momenti in cui Papa Francesco si è scoperto al mondo. Il rilancio della demonizzazione dei rapporti prematrimoniali e della masturbazione (convegno dei giovani) e la ridefinizione della famiglia come un unicum basato sul matrimonio “sacro” tra uomo e donna, finalizzato alla procreazione (viaggio in Armenia e dintorni).

Per una mentalità laica questo è puro oscurantismo che ci riporta indietro di anni, secoli. Quale giovane oggi può accedere al matrimonio “puro” “ vergine” solo per fede religiosa? La masturbazione non è riconosciuta ormai universalmente dagli psicologi come tappa fondamentale della maturazione sessuale? E civilmente la diversità di famiglie eterogenee per sesso e forma di unione non è ritenuta una tappa di progresso?

Sta di fatto che, mentre in campo sociale la Chiesa può farsi portavoce dei poveri e degli esclusi, condannare la ricchezza fine a se stessa, invocare la cessazione di ogni conflitto come “offesa” a Dio e agli uomini, sembra che non possa, le sia impedito affrontare con modernità il tema della morale sessuale (che trascina con sé la famiglia, il tema del divorzio e di nuove unioni “diverse”).

Non può, a scapito della sua stessa esistenza. Non può anche a rischio di alienarsi folle di fedeli e di giovani. Non può perché sono intrinseci alla Chiesa la supremazia del maschio (sacerdoti solo uomini, esclusione delle donne), la sacralità del matrimonio (sacramento che permette il controllo sociale sulla crescita e l’educazione delle future generazioni), la sessuofobia e l’omofobia, come fondamenti della repressione degli istinti (dove si arriva se si permette all’emozione di prevalere sulla mente?). Per esigere la Fede la Chiesa deve richiedere sottomissione  e obbedienza e quale campo è banco di prova di “repressione” ascetica  se non il sesto comandamento?

Nei manuali di morale il “de sexto” ha avuto sempre una supertrattazione nei confronti degli altri precetti. Supertrattazione (pagine e pagine) che spingeva i moralisti a chiedersi se la donna commette peccato mortale mostrando le caviglie o affacciandosi alla finestra fomentando così i desideri dei maschi. Cose – direte – oggi del tutto superate, ma il principio, la radice sessuofobica e maschilista è rimasta, nel costume della Chiesa (le tonache dei preti – il voto di castità - l'esclusione delle donne come "impure" dagli altari) e nella ipocrisia dei comportamenti.

No, nemmeno papa Bergoglio è un “progressista” in campo di morale sessuale. Nessun papa, eletto da una comunità di maschi settuagenari e più, lo potrà mai essere. Chi nutre attese di questo tipo, se le scordi.  O, meglio, il giorno in cui la Chiesa dovesse allinearsi con la società civile anche in questo, sarà morta o non più distinguibile dalle altre comunità, confraternite, sette o massonerie in genere. La sessuofobia è una sua specificità identitaria.

L’altro giorno, vedendo in televisione l’incontro di Bergoglio con i patriarchi ortodossi, in quello scintillio di paramenti sacri, opulenza di copricapi e simboli di potere, brillio di ori e di icone sacre, ho pensato: “cosa c’è di innovazione e rivoluzione in tutto questo?”. Ho avuto un attimo di smarrimento ma poi mi sono detto che le parole non servono a nulla se non sono accompagnate da una profonda revisione dei costumi anche all’interno e non solo nella predicazione all’esterno.

Una società maschile (simile alla corporazione monastica del monte Athos) non ha nulla da dire al mondo moderno. Che non muove nessuna guerra al matrimonio (congiura evocata da papa Francesco), ma semplicemente si evolve. E si chiede se sia umano pretendere l’eternità dell’amore dentro una coppia dove l’amore non c’è più, dove regna l’indifferenza e talvolta l’odio.  Se sia umano reprimere la propria natura al punto da misconoscerla. Se sia meglio nascondere ipocritamente la realtà ai figli, piuttosto che far loro riconoscere che la vita scorre cambia, è un flusso di esperienze nuove che producono maturazione e crescita.

Papa Bergoglio è un grande uomo, un vero profeta per la pace e l’uguaglianza dei popoli, la giustizia, l’abolizione delle discriminazioni e  delle frontiere. Per questo ci inchiniamo alla sua grandezza e diversità.

Ma non aspettiamoci da lui l’impossibile. Non arriverà mai. Perché la Chiesa è “oltre” l’umano, è in se stessa sovrumana.

Amoproust, 4 ottobre 2016  - San Francesco