venerdì 28 ottobre 2011

MUAMMAR GHEDDAFI


UN’AMARA RIFLESSIONE

Mu’ammar Abū Minyar ‘Abd al-Salām al-Qadhdhāfī, ossia Muammar Gheddafi  ha finito tragicamente la sua esistenza a Sirte. Era un dittatore spietato e la morte di un dittatore non fa scalpore, soprattutto quando avviene in un teatro di guerra che lo ha visto opporsi a ogni trattativa, sparare sul suo popolo e non accettare alcuna condizione di cambiamento.

Tuttavia il contesto violento e barbarico di una vera e propria esecuzione non può non attivare sentimenti di riprovazione. Gheddafi andava catturato e processato. Si dice sempre così con i dittatori, poi si preferisce toglierli di mezzo, sono scomodi, sanno troppe cose, potrebbero rivelare retroscena inquietanti.

Gheddafi era un dittatore e come tutti i dittatori usava il pugno di ferro, non ammetteva dissensi e si sbarazzava crudelmente dei suoi oppositori. Gheddafi però, occorre dirlo a onore della verità e della storia, aveva a suo favore, un percorso positivo di affrancamento dai primi anni di appoggio al terrorismo, alla condanna dell’attentato delle torri gemelle, al tentativo di chiudere il contenzioso coloniale,  all’avvicinamento progressivo all’Europa. Non a caso era stato ricevuto in più paesi come un capo di Stato riconosciuto. Prodi lo aveva ricevuto in Europa con tutti gli onori e poi in Italia, così era avvenuto in Francia, non parliamo  dell’Italia di Berlusconi che gli ha tributato addirittura applausi e abbracci. Alla Libia è stato tolto l’embargo e chi ha potuto fare affari con Muammar li ha fattI senza scrupoli. Non solo ma Gheddafi ha tentato di creare gli Stati Uniti d’Africa e ha portato il suo popolo ad avere il più alto reddito dei paesi africani. E ha dissetato con un’imponente opera di ingegneria tutta la Libia (andando a catturare le acque sotto il deserto). Insomma: dittatore ma con qualche merito.

Allora ciò che colpisce tra la sua vicenda e quella degli altri popoli che hanno conosciuto  la cosiddetta primavera araba è l’immensa diversità di comportamento dell’Europa e della Nato, nonché dell’America. In Egitto, Tunisia e Siria nessun intervento, anche se in Siria, p.e. la dittatura di Assad non era e non è più tenera di quella di Gheddafi e la repressione messa in atto dal regime è stata tremenda. In Egitto e in Tunisia  le cose sono andate come voleva il popolo e, non a caso,  a Mubarak è succeduta una giunta militare e in Tunisia libere elezioni hanno portato al potere un  partito reazionario di destra islamica.  Siamo ben lontani dalla tanto decantata democrazia.

In  Libia invece c’è stato l’intervento armato della Nato, fortemente voluto dalla Francia,  contro Gheddafi.  Tutta la stampa occidentale ha parlato di lui come di un mostro da catturare, la corte internazionale dell’Aja lo ha messo sotto processo. Assad no, Gheddafi sì. Mubarak no, Gheddafi sì. Perché? Perché la Libia è un immenso forziere su cui tutti i paesi occidentali fremono per mettere le mani. La guerra non era ancora finita ma già i contatti commerciali erano in atto per assicurarsi una fetta della torta. E l’Italia non da meno degli altri, anzi con una forte rivendicazione di primogenitura dato il passato coloniale (triste).

La morte di Gheddafi come le morti dei trentamila libici caduti e le distruzioni del territorio si chiamano semplicemente “petrolio”.

Amoproust, 27 ottobre 2011

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