martedì 4 ottobre 2011

LA POLITICA DEI BUFFONI


L’ARMATA DEI BUFFONI

Leggere i giornali ed ascoltare i telegiornali è, in questi giorni, come affrontare una lenta agonia. Tutti dicono che la crisi preme, che l’Italia è in bilico sul baratro, le metafore a base di Titanic si sprecano e non succede niente. Immobilismo, anzi paralisi. Il Governo non fa nulla, promette soltanto come ha sempre fatto d’altronde. Il Premier che si lamenta sempre che a Palazzo Chigi non c’è il volante, non lo usa anche quando lo impugna. A lui e solo a lui spetta la nomina del Governatore della Banca d’Italia e questa nomina non arriva. La maggioranza ha promesso un pacchetto di misure per la crescita, urgente. Bene questo pacchetto, prima promesso a inizio ottobre, poi a metà mese, adesso viene rinviato sine die. La terapia arriverà quando il malato sarà già morto.
E’ che questa maggioranza si regge sui veti reciproci e incrociati: nessuno può muoversi, altrimenti tutto cade. Tremonti – parafrasando la Spagna – sembra invocare un cambio di passo e si scatena la tempesta. Berlusconi non ne vuol sapere di elezioni anticipate o di puro scioglimento delle Camere per dar vita a un governo di unità nazionale (unica soluzione possibile e positiva secondo Amoproust) e il motivo è semplice: sarebbe la sua fine, ha tutto da perdere, i processi non avrebbero più freni. La Lega invoca stolidamente la Padania come soluzione e panacea universale, dice una sonora stupidaggine, insensata, una sciocchezza, intanto siede al Governo e non si scrolla.
E’ stupefacente vedere la rappresentazione leghista di questi giorni. Mai visto una scena così paradossale e contraddittoria. I leghisti invocano la secessione di una non ben definita Padania (cos’è  il Lombardo Veneto, tutto il Nord, la fascia prealpina… boh!) e sono membri del Governo centrale, Ministri che hanno giurato sulla Costituzione. Quindi spergiuri. Napolitano li richiama e loro urlano e strepitano e ripropongono nientedimeno che l’autodeterminazione dei popoli! Calderoli docet. Ma qui casca l’asino: cosa succederebbe se veramente si facesse un referendum sull’autodeterminazione del Nord, o del Lombardo Veneto, scegliete voi? Che la Lega si beccherebbe un sonoro e deciso “no”. Calderoli parla proprio perché questo referendum non si potrà mai fare perché anticostituzionale, parla a ruota libera e la Lega pretende di rappresentare tutti i cittadini del Nord. Vien voglia di chieder che si faccia, per Dio, questo referendum, che magari si inserisca nel censimento una domanda “lei vuole la secessione o no?” Per avere una decisa risposta secca. Così tacerebbero per sempre, petulanti e noiosi e perditempo come sono. E’ ora di dire chiaramente che la Lega si sbaglia. E che vada a casa. Lei e tutta la baracca del centrodestra. Bossi si dichiara fedelissimo a Berlusconi, stupefacente se si va a rileggere ciò che ha detto nel 1994 e anche più tardi. Ma ci si dimentica che il Cavaliere ha azzerato tutti i debiti della Lega e, di fronte al denaro, anche i vecchi rancori si placano. Bossi è un morto che cammina, malato, bolso, capace solo di gestacci o di dire insolenze come “preferisco Grilli perché è di Milano”- come se essere di Milano costituisca competenza finanziaria. Mi dicono:” è una persona colpita da un male, abbi pietà!” No, io pietà non ne ho, perché una persona così si ritira dalla vita politica e si cura, non insiste nel dare una rappresentazione compassionevole da un lato a un tempo e triste, miserabile dall’altro. Ci vuole coerenza e buon senso. E, per quanto riguarda tutti i leghisti che la smettano di parlare di Padania, di federalismo fiscale o meno, di secessione perché non sanno manco loro di che parlano. E’ così palese che, quando vengono intervistati invocano queste soluzioni come slogan, ma non sanno esplicitare un contenuto. Vittime di miti e di slogan. Poveracci.
Questo Governo e questa maggioranza  appare sempre più come una barca di folli che va alla deriva,  una zattera della Medusa, dove ci si sbrana e intanto la barca trascina con sé i rottami della povera Italia. Perché i cittadini non si ribellano e non danno l’assalto al Palazzo? Forse non ne hanno la forza, forse pensano che, nel loro piccolo, sono felici (fatto acclarato da un recente sondaggio: l’80% degli italiani si dice “felice” o “abbastanza felice”) e quindi non ne vale la pena disturbarsi, forse aspettano solo l’autoimplosione della maggioranza.
Ma gli italiani si aspettano un cambiamento, questo è certo. Lo hanno detto i referendum di giugno, lo dice la partecipazione incredibile alla raccolta delle firme per il referendum elettorale, raccolta fatta in sordina, senza alcun appoggio dei media.   

E’ un’attesa angosciosa e  silenziosa. Perché il dopo è oscuro, non c’è una chiara alternativa solida, non c’è luce all’orizzonte. E tutto ciò fa paura.


Amoproust, 5 ottobre 2011

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