lunedì 27 febbraio 2017

Fine vita

Il dibattito sul fine vita in Italia ha qualcosa di surreale e disumano. Disumano perché parlamentari in piena salute e gente che non conosce la pienezza e lo stravolgimento del dolore discetta di “sacralità della vita” e di “vita non nelle nostre mani” mentre uomini e donne come loro soffrono o sono in stato di incoscienza forzata da anni.

Sia ben chiaro: la vita è un dono che non va sprecato, ma bisogna chiedersi cos’è la vita. La vita è coscienza e relazione, è capacità di esprimere se stessi, è pensiero e creatività. Tutto ciò non esclude la sofferenza, che tutti abbiamo incontrato e con la quale abbiamo lottato in innumerevoli occasioni. Ma la sofferenza ha un senso quando può essere superata, quando non diventa invasiva e toglie alla vita ogni parvenza di qualità e di autonomia. Quando sostituisce la vita e segna un cammino che prevede solo devastazione e orrore, non ha senso.

Allora scatta il diritto per ciascuno di noi di dire di no. E se le condizioni mentali e fisiche lo impediscono esiste il diritto di avere previsto e deliberato un no in anticipo, con un testamento che prevede l’interruzione delle cure inutili e del mantenimento in vita artificiale. Per questo ci vuole una legge che in Italia non c’è e che è ora che ci sia, al più presto.

In nome della vita si oppongono forze che si appellano alla religione cristiana, forze clericali che pensano che il diritto di togliere la vita spetti solo a Dio e che se Dio mantiene ancora un cuore che batte e un corpo vivo anche se esanime e del tutto incosciente, non sia lecito staccare la spina.

Modo di pensare legittimo all’interno di una concezione religiosa che nessuno pensa di abbattere. Vale per chi vi appartiene e vi crede. Ma non per gli altri, per i laici e per tutti coloro che preferiscono, anche se credenti, pensare che non sia umano mantenere la sofferenza e l’incoscienza come unica manifestazione di vita.

Il testamento biologico non obbliga nessuno a farlo. Nessuno obbliga a togliere nutrizione artificiale e cure palliative se non lo si chiede espressamente. Questo sia chiaro. Come nessuno obbliga una donna ad abortire o una coppia a divorziare se non lo desiderano.

Fatti salvi i diritti dei “fedeli” una legge è necessaria. Sul testamento biologico. Io, per esempio, non ho nessuna intenzione di stare mesi o anni in coma assistito o sofferente in un letto senza alcuna speranza di guarigione. Sento il diritto di chiedere di non essere mantenuto in vita artificialmente e di morire in pace naturalmente senza alcuna forma di accanimento terapeutico. E lo voglio dire prima, quando la mia volontà e capacità di esprimermi è intatta. E nessun medico potrà porre obiezione.

Nessuno può contestare questo diritto. Chi si oppone a una legge che permetta tutto questo a chi lo desidera, è un barbaro disumano, un fautore della tortura e della morte vera, che è un corpo privo della gioia di muoversi e relazionarsi con gli altri.


Amoproust, 27 febbraio 2017

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