Fine
vita
Il dibattito sul fine vita in Italia ha
qualcosa di surreale e disumano. Disumano perché parlamentari in piena salute e
gente che non conosce la pienezza e lo stravolgimento del dolore discetta di
“sacralità della vita” e di “vita non nelle nostre mani” mentre uomini e donne
come loro soffrono o sono in stato di incoscienza forzata da anni.
Sia ben chiaro: la vita è un dono
che non va sprecato, ma bisogna chiedersi cos’è la vita. La vita è coscienza e
relazione, è capacità di esprimere se stessi, è pensiero e creatività. Tutto
ciò non esclude la sofferenza, che tutti abbiamo incontrato e con la quale
abbiamo lottato in innumerevoli occasioni. Ma la sofferenza ha un senso quando
può essere superata, quando non diventa invasiva e toglie alla vita ogni parvenza
di qualità e di autonomia. Quando sostituisce la vita e segna un cammino che
prevede solo devastazione e orrore, non ha senso.
Allora scatta il diritto per
ciascuno di noi di dire di no. E se le condizioni mentali e fisiche lo
impediscono esiste il diritto di avere previsto e deliberato un no in anticipo,
con un testamento che prevede l’interruzione delle cure inutili e del
mantenimento in vita artificiale. Per questo ci vuole una legge che in Italia
non c’è e che è ora che ci sia, al più presto.
In nome della vita si oppongono forze
che si appellano alla religione cristiana, forze clericali che pensano che il
diritto di togliere la vita spetti solo a Dio e che se Dio mantiene ancora un
cuore che batte e un corpo vivo anche se esanime e del tutto incosciente, non
sia lecito staccare la spina.
Modo di pensare legittimo
all’interno di una concezione religiosa che nessuno pensa di abbattere. Vale
per chi vi appartiene e vi crede. Ma non per gli altri, per i laici e per tutti
coloro che preferiscono, anche se credenti, pensare che non sia umano mantenere
la sofferenza e l’incoscienza come unica manifestazione di vita.
Il testamento biologico non obbliga
nessuno a farlo. Nessuno obbliga a togliere nutrizione artificiale e cure
palliative se non lo si chiede espressamente. Questo sia chiaro. Come nessuno obbliga una donna ad abortire o una coppia a divorziare se non lo desiderano.
Fatti salvi i diritti dei “fedeli”
una legge è necessaria. Sul testamento biologico. Io, per esempio, non ho
nessuna intenzione di stare mesi o anni in coma assistito o sofferente in un
letto senza alcuna speranza di guarigione. Sento il diritto di chiedere di non
essere mantenuto in vita artificialmente e di morire in pace naturalmente senza
alcuna forma di accanimento terapeutico. E lo voglio dire prima, quando la mia
volontà e capacità di esprimermi è intatta. E nessun medico potrà porre obiezione.
Nessuno può contestare questo
diritto. Chi si oppone a una legge che permetta tutto questo a chi lo desidera,
è un barbaro disumano, un fautore della tortura e della morte vera, che è un
corpo privo della gioia di muoversi e relazionarsi con gli altri.
Amoproust, 27 febbraio 2017
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