Intellettuali
e competenti.
Periodicamente compare all’ordine
del giorno un attacco alla stampa oppure un’intollerante alzata di spalle verso
gli intellettuali.
La libertà di stampa è sempre stata
osteggiata dai regimi, perché l’opposizione vive grazie alla carta stampata e,
oggi, anche alle Tv e alla rete. I regimi
quindi cercano di censurare, tagliare e imprigionare chi parla troppo
liberamente e fuori dagli schemi imposti da chi governa, legittimamente o, più
spesso, in modo illegittimo.
Capita anche però che la stampa (i
media in generale) venga attaccata da forze politiche che, al governo o all’opposizione,
si sentono oggetto di critica, di scherno o di satira. E’ l’intolleranza mentre
si vorrebbe sempre essere elogiati e riveriti. La democrazia invece vuole il
diritto di critica e di satira, fino al limite (non superabile) dell’ingiuria e
della calunnia. I partiti politici o i movimenti della società civile non possono
sottrarsi alla pubblica opinione che si esprime attraverso i media e devono
tollerare il vaglio dei loro comportamenti. Ciò comporta qualche rischio, ma è
inevitabile.
Diverso in parte è il discorso sugli
intellettuali. Occorre intenderci su chi si cela dietro questa parola e chi può
arrogarsi il diritto di chiamarsi “intellettuale”. Non raramente rozzi uomini
politici hanno mostrato disprezzo verso questa categoria: il “culturame” di
scelbiana memoria e l’espressione recentemente usata “con la cultura non si
mangia” ne sono la spia.
Intellettuale è chi pensa, chi ha
come arma la cultura o la competenza. Intellettuale è chi sottopone al vaglio
della ragione le azioni o le intenzioni degli uomini, dei partiti o dei
movimenti. L’intellettuale dovrebbe essere “privo di pregiudizi” (cosa difficilissima
per la natura stessa dell’uomo che tende a schierarsi). Intellettuale è l’uomo
di cultura intendendo non solo chi ha studiato e letto molti libri, ma chi
valuta con occhio critico la cronaca e la storia. L’intellettuale ha vita difficile sotto i
regimi e le dittature in genere. Non è
necessario fare citazioni.
Poi c’è la competenza. E questa si
articola per materie. Il filosofo non ha competenza in scienza delle
costruzioni, come l’ingegnere non ha competenza in questioni di legge. Quindi l’intellettuale
farà bene a non pronunciarsi in questioni in cui non è competente, oppure dovrà
limitarsi a opinioni di indirizzo, lecite per tutti coloro che hanno l’età
della ragione. Anche se l’intellettuale non ha una laurea in geologia, potrà
sempre sostenere che costruire laddove c’è rischio sismico o idrogeologico è
una scemenza, come lo può fare anche un ragazzino di dodici anni.
L’uomo politico che siede in Parlamento
o nel Governo del paese non può essere competente in tutto. Ma in agire
politico sì, in amministrazione quel tanto che occorre per costruire regole,
leggi e provvedimenti equi. Potrà servirsi di consulenti, dovrà costruirsi una
squadra di esperti che lo aiutino o, altrimenti, si esporrà a incidenti o farà
guai.
Sotto gli occhi di tutti sono due
esempi contemporanei clamorosi anche se diversissimi per luogo e potere: Trump
e Raggi.
Il nuovo Presidente degli USA sta
agendo impulsivamente (senza competenza) nel tentativo di realizzare a spron battuto
le promesse fatte in campagna elettorale per ringraziarsi i suoi elettori.
Quindi rischia grosso, infrangendo leggi federali e mettendosi in cattiva luce
presso alleati storici e l’opinione pubblica mondiale. Agisce cioè da “dittatore”
immune da contropoteri che in una democrazia compiuta esistono e sono presenti.
Rischia grosso, rischia l’impopolarità sui due versanti dei suoi e dell’opposizione
(i suoi perché non vedono realizzate le sue proposte e dell’opposizione per
ovvi motivi). Quindi o si trasforma in dittatore vero (ma si può negli USA?) o
rientra nei ranghi di una politica “possibile”.
Il sindaco Raggi (non mi piace sindaca, è un neologismo orribile nato
in omaggio a una moda di rispetto del gender) è meno importante sul piano
politico internazionale, ma è vitale per
la politica italiana, come sindaco della capitale Roma, caput mundi. Ora dopo
sette mesi dalla sua elezione è più il tempo passato a creare posti in giunta e
a disfarli, a difendersi da accuse, a gestire il suo rapporto con Grillo e gli altri
del M5S che a governare, a gestire una città profondamente ferita (non per
colpa sua, s’intende), in crisi, senza risorse, malata, con corruzione diffusa.
Ne è capace? Ha qualche competenza specifica? Forse una laurea in legge non
basta, occorre una squadra veramente competente e una risolutezza che il personaggio
non mostra: o si è succubi di Grillo e della Casaleggio associati o non si fa
nulla. Raggi si è circondata da uomini controversi o addirittura già sotto il
mirino della magistratura, uno in galera. Ma chi ha eletto Grillo? Il sindaco
risponde solo ai suoi elettori e alla città. Altrimenti si dimette.
A questi due esempi se ne potrebbero
aggiungere molti, contemporanei o meno. Ma non è il caso. Chi vuol intendere,
ha inteso.
Amoproust, 11 febbraio 2017.
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