sabato 11 febbraio 2017

intellettuali e competenti

Intellettuali e competenti.

Periodicamente compare all’ordine del giorno un attacco alla stampa oppure un’intollerante alzata di spalle verso gli intellettuali.

La libertà di stampa è sempre stata osteggiata dai regimi, perché l’opposizione vive grazie alla carta stampata e, oggi, anche alle Tv e alla rete.  I regimi quindi cercano di censurare, tagliare e imprigionare chi parla troppo liberamente e fuori dagli schemi imposti da chi governa, legittimamente o, più spesso, in modo illegittimo.

Capita anche però che la stampa (i media in generale) venga attaccata da forze politiche che, al governo o all’opposizione, si sentono oggetto di critica, di scherno o di satira. E’ l’intolleranza mentre si vorrebbe sempre essere elogiati e riveriti. La democrazia invece vuole il diritto di critica e di satira, fino al limite (non superabile) dell’ingiuria e della calunnia. I partiti politici o i movimenti della società civile non possono sottrarsi alla pubblica opinione che si esprime attraverso i media e devono tollerare il vaglio dei loro comportamenti. Ciò comporta qualche rischio, ma è inevitabile.

Diverso in parte è il discorso sugli intellettuali. Occorre intenderci su chi si cela dietro questa parola e chi può arrogarsi il diritto di chiamarsi “intellettuale”. Non raramente rozzi uomini politici hanno mostrato disprezzo verso questa categoria: il “culturame” di scelbiana memoria e l’espressione recentemente usata “con la cultura non si mangia” ne sono la spia.

Intellettuale è chi pensa, chi ha come arma la cultura o la competenza. Intellettuale è chi sottopone al vaglio della ragione le azioni o le intenzioni degli uomini, dei partiti o dei movimenti. L’intellettuale dovrebbe essere “privo di pregiudizi” (cosa difficilissima per la natura stessa dell’uomo che tende a schierarsi). Intellettuale è l’uomo di cultura intendendo non solo chi ha studiato e letto molti libri, ma chi valuta con occhio critico la cronaca e la storia.  L’intellettuale ha vita difficile sotto i regimi  e le dittature in genere. Non è necessario fare citazioni.

Poi c’è la competenza. E questa si articola per materie. Il filosofo non ha competenza in scienza delle costruzioni, come l’ingegnere non ha competenza in questioni di legge. Quindi l’intellettuale farà bene a non pronunciarsi in questioni in cui non è competente, oppure dovrà limitarsi a opinioni di indirizzo, lecite per tutti coloro che hanno l’età della ragione. Anche se l’intellettuale non ha una laurea in geologia, potrà sempre sostenere che costruire laddove c’è rischio sismico o idrogeologico è una scemenza, come lo può fare anche un ragazzino di dodici anni.

L’uomo politico che siede in Parlamento o nel Governo del paese non può essere competente in tutto. Ma in agire politico sì, in amministrazione quel tanto che occorre per costruire regole, leggi e provvedimenti equi. Potrà servirsi di consulenti, dovrà costruirsi una squadra di esperti che lo aiutino o, altrimenti, si esporrà a incidenti o farà guai.

Sotto gli occhi di tutti sono due esempi contemporanei clamorosi anche se diversissimi per luogo e potere: Trump e Raggi.

Il nuovo Presidente degli USA sta agendo impulsivamente (senza competenza) nel tentativo di realizzare a spron battuto le promesse fatte in campagna elettorale per ringraziarsi i suoi elettori. Quindi rischia grosso, infrangendo leggi federali e mettendosi in cattiva luce presso alleati storici e l’opinione pubblica mondiale. Agisce cioè da “dittatore” immune da contropoteri che in una democrazia compiuta esistono e sono presenti. Rischia grosso, rischia l’impopolarità sui due versanti dei suoi e dell’opposizione (i suoi perché non vedono realizzate le sue proposte e dell’opposizione per ovvi motivi). Quindi o si trasforma in dittatore vero (ma si può negli USA?) o rientra nei ranghi di una politica “possibile”.

Il sindaco Raggi (non mi piace sindaca, è un neologismo orribile nato in omaggio a una moda di rispetto del gender) è meno importante sul piano politico internazionale,  ma è vitale per la politica italiana, come sindaco della capitale Roma, caput mundi. Ora dopo sette mesi dalla sua elezione è più il tempo passato a creare posti in giunta e a disfarli, a difendersi da accuse, a gestire il suo rapporto con Grillo e gli altri del M5S che a governare, a gestire una città profondamente ferita (non per colpa sua, s’intende), in crisi, senza risorse, malata, con corruzione diffusa. Ne è capace? Ha qualche competenza specifica? Forse una laurea in legge non basta, occorre una squadra veramente competente e una risolutezza che il personaggio non mostra: o si è succubi di Grillo e della Casaleggio associati o non si fa nulla. Raggi si è circondata da uomini controversi o addirittura già sotto il mirino della magistratura, uno in galera. Ma chi ha eletto Grillo? Il sindaco risponde solo ai suoi elettori e alla città. Altrimenti si dimette.

A questi due esempi se ne potrebbero aggiungere molti, contemporanei o meno. Ma non è il caso. Chi vuol intendere, ha inteso.

Amoproust, 11 febbraio 2017.



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