Benedetta
tecnologia
Devo andare in treno a Milano
perché mi sono stancato delle ore di guida in auto, corredate da code e
imprevisti. Così accetto l’invito a servirsi dei mezzi pubblici. Parcheggio alla stazione di Somma Lombardo (parcheggio che mi hanno detto
comodissimo, ma non è proprio così), trovo posto, sotto un’incipiente nevicata.
Novità (non recente ma novità per me che non prendo il treno da un secolo): non
c’è più la biglietteria. Mi dice un giovane in attesa, gentilissimo: vendono i
biglietti al bar di fianco alla stazione oppure li deve comprare su Internet (in tutto 11 euro!). Esco
(nevica forte) e vado a prendere i biglietti, rischiando di cadere sul terreno
ghiacciato. I biglietti vanno obliterati
in stazione. Il treno passa al terzo binario. Nevica: sottopassaggio intasato da
viaggiatori che aspettano l’arrivo del treno. Non c’è una pensilina, quindi
tutti “sotto”, sui gradini in un pigia pigia da carro merci. Arriva il
convoglio (piuttosto bruttotto e sporco) e trovo due posti, per me e Donatella.
Caldo cane. Potevo non comprare i biglietti, non passa nessun controllore.
Faccio questo pensiero e mi vergogno. Ma la tecnologia alla fine premia i
ladri?
Insomma: la stazione non esiste praticamente
più, è solo una casa abbandonata nel Far West “Lombardland”. Non c’è pensilina, non c’è capostazione, non c’è
una guardia. Tutto automatizzato. E se capita qualcosa di insolito? Dio
provvederà. I ragazzi e gli extracomunitari che viaggiano con noi hanno l’aria
stremata di cani bastonati. Sono studenti e poveracci, habitués di questi “servizi
pubblici”. Come i pendolari che ci hanno preceduti nelle ore del mattino. Qualcuno
di loro potrebbe utilmente occupare i posti di bigliettaio, capostazione,
capotreno, guardia. Con la
disoccupazione che c’è…
I caselli autostradali sono “non
presidiati” in gran parte nelle uscite - chiamiamole così - di minore
importanza: se non hai il Telepass o la viacard o moneta pronta sei fregato,
non passi. Un casellante? No. Aiuterebbe
l’occupazione.
L’autostrada Pedemontana
(presidente Antonio Di Pietro) non ha neppure i caselli. Sei fotografato e
registrato da telecamere. Solo che (piccolo particolare) devi registrarti su
Internet o avere il Telepass. Altrimenti ti arriva a casa la fattura e la multa. Il sistema
costa più o meno di qualche posto di lavoro? Certamente, dato l’afflusso
scarsissimo di traffico su quella tratta (breve per ora) non si è ancora ripagato. Ma non ha dato
lavoro se non a qualche softwarista precario. A parte i cantieri infiniti su
cui i soliti marpioni si sono arricchiti.
Altri esempi di tecnologia bruta
che frega posti di lavoro? I call center elefantiaci all’estero per cui parli
con qualcuno che conosce poco la tua lingua e non capisce il tuo problema. Se ne
servono tutti per risparmiare delocalizzando in Romania, Bulgaria, mi dicono anche Cina: provider telefonici,
banche, assicurazioni, società di marketing.
Disservizio e in Italia c’è disoccupazione.
La gestione di tutto è già oggi
automatizzata e spersonalizzata. Ci aspettano le commesse robot e i droni al
posto dei pony delle consegne. Le auto che vanno da sole e i taxi aerei auto
pilotati. Come nelle fabbriche dove i robot hanno sostituito gli operai della
catena di montaggio. Qualcuno dirà: ma bisogna costruirli i robot. Ma niente
vieta che robot costruiscano robot in una catena infinita di causa-effetto che
ricorda il ricorso a un Dio creatore per spiegare l’Universo. Ci sarà un giorno
un Dio robot che si autoprogetterà e progetterà i progettisti dei progetti? E
il lavoro della gente? Ci sarà una disumanizzazione totale?
Vai dal medico? Non ti guarda più
in faccia. Deve fare tutto sul computer: annotazioni cliniche, prescrizioni,
ricette, impegnative. Il sistema è complicatissimo: ogni impegnativa o ricetta
deve essere registrata dal sistema centrale prima di essere sottoscritta.
Codici a barre e codici informatici. Il medico strabuzza stravolto gli occhi
sul suo PC, si arrabbia perché è lento e il sistema disfunziona. Si dimentica
che tu esisti. Si ricorda solo che c’è una coda infinita nell’ambulatorio e che
prima di sera dovrà ripetere infinite volte operazioni detestate e prescritte
dal sistema sanitario. Quant’era bello auscultare i toraci dei pazienti e
picchiettare la loro pancia! Ma non lo sa fare più! Oh la bellezza di provare la pressione, di far denudare le donne per verificare i noduli al seno!!
Dal farmacista si ripete la storia:
ho contato otto letture di codici per
ogni ricetta. Codici del farmaco, dell’assistito,
della farmacia, del medico. Alla fine la farmacista scrive a mano un numero su ogni
ricetta. Perché?
Al contrario la povera gente non si
è minimamente evoluta: ha paura della tecnologia. I pensionati ritirano in
contanti la pensione alle poste e la spendono al super nei primi giorni del
mese, tenendo il rimanente dei contanti in casa. Non si fidano né dei depositi
postali o bancari, né delle carte di credito e dei bancomat. Prelevare i soldi
in mezzo alla strada? Mai. Peccato che i furti e le truffe nelle case aumentano
costantemente. Conosco un ricco pensionato che ritira dalla banca 4999 euro al
mese, per non incorrere nelle disposizioni antiriciclaggio e non servirsi della
moneta elettronica. E se glieli fregano a domicilio? Basta che i ladri conoscano la sua abitudine rituale.
Quindi c’è una tecnologia che
dovrebbe aiutare a vivere meglio e di fatto fa crescere la disoccupazione e i
disagi. E c’è una tecnologia che di
fatto aiuta e di cui la gente non si fida. In Italia l’uso del contante è spropositato.
Da una parte sfiducia e dall’altra evasione fiscale. Perché il contante è al
portatore e non lascia traccia. Ma è ormai un mezzo di scambio del passato.
Ci vorrebbe moderazione da parte di
chi usa la tecnologia solo per risparmiare e arricchirsi e dovrebbe invece
pensare al “servizio” che è fatto anche di umanità e relazione. Ci vorrebbe poi
educazione del pubblico all’uso della buona tecnologia che offre sicurezza e
modernità. Lo Stato, la gestione pubblica, l’istruzione dovrebbe occuparsi di
mediare tra il popolo e gli strumenti di comunicazione e di gestione. Educare
con la parola e non solo con i social
network che in gran parte diseducano.
E il lavoro? Al tempo della prima
rivoluzione industriale i seguaci di
Ludd distruggevano le macchine perché, secondo loro, portavano via lavoro ai poveracci.
Sbagliavano essendo nel giusto: perché è vero ma le macchine e l’automazione
tolgono lavoro manuale ma creano altri tipi di lavoro intellettuale per cui
occorre istruzione e formazione. Questa serve.
Dobbiamo alla fine capire che esiste
un limite all’automazione e alla tecnicità. E questo limite è insito nella
necessità della relazione umana e della gestione personalizzata dei rapporti. Non
è insito nelle potenzialità della tecnologia che sono imprevedibili ma sicuramente
non finite. Perché un cameriere robot e un cuoco robot potrebbero offrirmi un’ottima
cena, ma non il calore e la vicinanza e il sorriso di un essere umano, uomo o
donna che sia. Anche lo sgarbo e la scorrettezza di cui lamentarmi, perché no?
Amoproust, 3 febbraio 2017.
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