venerdì 3 febbraio 2017

Benedetta tecnologia

Benedetta tecnologia

Devo andare in treno a Milano perché mi sono stancato delle ore di guida in auto, corredate da code e imprevisti. Così accetto l’invito a servirsi dei mezzi pubblici. Parcheggio alla stazione di Somma Lombardo (parcheggio che mi hanno detto comodissimo, ma non è proprio così), trovo posto, sotto un’incipiente nevicata. Novità (non recente ma novità per me che non prendo il treno da un secolo): non c’è più la biglietteria. Mi dice un giovane in attesa, gentilissimo: vendono i biglietti al bar di fianco alla stazione oppure li deve comprare su Internet (in tutto 11 euro!). Esco (nevica forte) e vado a prendere i biglietti, rischiando di cadere sul terreno ghiacciato. I biglietti  vanno obliterati in stazione. Il treno passa al terzo binario. Nevica: sottopassaggio intasato da viaggiatori che aspettano l’arrivo del treno. Non c’è una pensilina, quindi tutti “sotto”, sui gradini in un pigia pigia da carro merci. Arriva il convoglio (piuttosto bruttotto e sporco) e trovo due posti, per me e Donatella. Caldo cane. Potevo non comprare i biglietti, non passa nessun controllore. Faccio questo pensiero e mi vergogno. Ma la tecnologia alla fine premia i ladri?

Insomma: la stazione non esiste praticamente più, è solo una casa abbandonata nel Far West “Lombardland”.  Non c’è pensilina, non c’è capostazione, non c’è una guardia. Tutto automatizzato. E se capita qualcosa di insolito? Dio provvederà. I ragazzi e gli extracomunitari che viaggiano con noi hanno l’aria stremata di cani bastonati. Sono studenti e poveracci, habitués di questi “servizi pubblici”. Come i pendolari che ci hanno preceduti nelle ore del mattino. Qualcuno di loro potrebbe utilmente occupare i posti di bigliettaio, capostazione, capotreno, guardia.  Con la disoccupazione che c’è…

I caselli autostradali sono “non presidiati” in gran parte nelle uscite - chiamiamole così - di minore importanza: se non hai il Telepass o la viacard o moneta pronta sei fregato, non  passi. Un casellante? No. Aiuterebbe l’occupazione. 

L’autostrada Pedemontana (presidente Antonio Di Pietro) non ha neppure i caselli. Sei fotografato e registrato da telecamere. Solo che (piccolo particolare) devi registrarti su Internet o avere il Telepass. Altrimenti ti arriva  a casa la fattura e la multa. Il sistema costa più o meno di qualche posto di lavoro? Certamente, dato l’afflusso scarsissimo di traffico su quella tratta (breve per ora)  non si è ancora ripagato. Ma non ha dato lavoro se non a qualche softwarista precario. A parte i cantieri infiniti su cui i soliti marpioni si sono arricchiti.

Altri esempi di tecnologia bruta che frega posti di lavoro? I call center elefantiaci all’estero per cui parli con qualcuno che conosce poco la tua lingua e non capisce il tuo problema. Se ne  servono tutti per risparmiare delocalizzando in Romania, Bulgaria, mi dicono anche Cina: provider telefonici, banche, assicurazioni, società di marketing.  Disservizio e in Italia c’è disoccupazione.

La gestione di tutto è già oggi automatizzata e spersonalizzata. Ci aspettano le commesse robot e i droni al posto dei pony delle consegne. Le auto che vanno da sole e i taxi aerei auto pilotati. Come nelle fabbriche dove i robot hanno sostituito gli operai della catena di montaggio. Qualcuno dirà: ma bisogna costruirli i robot. Ma niente vieta che robot costruiscano robot in una catena infinita di causa-effetto che ricorda il ricorso a un Dio creatore per spiegare l’Universo. Ci sarà un giorno un Dio robot che si autoprogetterà e progetterà i progettisti dei progetti? E il lavoro della gente? Ci sarà una disumanizzazione totale?

Vai dal medico? Non ti guarda più in faccia. Deve fare tutto sul computer: annotazioni cliniche, prescrizioni, ricette, impegnative. Il sistema è complicatissimo: ogni impegnativa o ricetta deve essere registrata dal sistema centrale prima di essere sottoscritta. Codici a barre e codici informatici. Il medico strabuzza stravolto gli occhi sul suo PC, si arrabbia perché è lento e il sistema disfunziona. Si dimentica che tu esisti. Si ricorda solo che c’è una coda infinita nell’ambulatorio e che prima di sera dovrà ripetere infinite volte operazioni detestate e prescritte dal sistema sanitario. Quant’era bello auscultare i toraci dei pazienti e picchiettare la loro pancia! Ma non lo sa fare più! Oh la bellezza di provare la pressione, di far denudare le donne per verificare i noduli al seno!!

Dal farmacista si ripete la storia: ho contato otto letture  di codici per ogni ricetta. Codici  del farmaco, dell’assistito, della farmacia, del medico. Alla fine la farmacista scrive a mano un numero su ogni ricetta. Perché?

Al contrario la povera gente non si è minimamente evoluta: ha paura della tecnologia. I pensionati ritirano in contanti la pensione alle poste e la spendono al super nei primi giorni del mese, tenendo il rimanente dei contanti in casa. Non si fidano né dei depositi postali o bancari, né delle carte di credito e dei bancomat. Prelevare i soldi in mezzo alla strada? Mai. Peccato che i furti e le truffe nelle case aumentano costantemente. Conosco un ricco pensionato che ritira dalla banca 4999 euro al mese, per non incorrere nelle disposizioni antiriciclaggio e non servirsi della moneta elettronica. E se glieli fregano a domicilio? Basta che i ladri conoscano la sua abitudine rituale.

Quindi c’è una tecnologia che dovrebbe aiutare a vivere meglio e di fatto fa crescere la disoccupazione e i disagi.  E c’è una tecnologia che di fatto aiuta e di cui la gente non si fida. In Italia l’uso del contante è spropositato. Da una parte sfiducia e dall’altra evasione fiscale. Perché il contante è al portatore e non lascia traccia. Ma è ormai un mezzo di scambio del passato.

Ci vorrebbe moderazione da parte di chi usa la tecnologia solo per risparmiare e arricchirsi e dovrebbe invece pensare al “servizio” che è fatto anche di umanità e relazione. Ci vorrebbe poi educazione del pubblico all’uso della buona tecnologia che offre sicurezza e modernità. Lo Stato, la gestione pubblica, l’istruzione dovrebbe occuparsi di mediare tra il popolo e gli strumenti di comunicazione e di gestione. Educare con la parola  e non solo con i social network che in gran parte diseducano.

E il lavoro? Al tempo della prima rivoluzione  industriale i seguaci di Ludd distruggevano le macchine perché, secondo loro, portavano via lavoro ai poveracci. Sbagliavano essendo nel giusto: perché è vero ma le macchine e l’automazione tolgono lavoro manuale ma creano altri tipi di lavoro intellettuale per cui occorre istruzione e formazione. Questa serve.

Dobbiamo alla fine capire che esiste un limite all’automazione e alla tecnicità. E questo limite è insito nella necessità della relazione umana e della gestione personalizzata dei rapporti. Non è insito nelle potenzialità della tecnologia che sono imprevedibili  ma sicuramente non finite. Perché un cameriere robot e un cuoco robot potrebbero offrirmi un’ottima cena, ma non il calore e la vicinanza e il sorriso di un essere umano, uomo o donna che sia. Anche lo sgarbo e la scorrettezza di cui lamentarmi, perché no?


Amoproust, 3 febbraio 2017.

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