domenica 5 febbraio 2017

la storia si ripete - con maggiore consapevolezza

La storia si ripete?

La risposta è implicita nella domanda: è un sì. La storia si ripete ma ogni volta con un livello di consapevolezza superiore, perché gli errori generano e trasmettono coscienza di sé. Se dovessi tracciare un grafico farei un’onda ciclica  che sale progressivamente di livello. Ciò non esclude affatto che l’umanità - sui tempi lunghi andrà ad estinguersi per lasciare il posto  a un essere vivente più evoluto e capace di adattamento. Tutto dipende dal'intelligenza con cui l'uomo saprà gestire le sue risorse e quelle del pianeta. Ma nessuno di noi lo vedrà.

Ovunque fioriscono previsioni catastrofiche e pessimiste: la democrazia in crisi, prevalenza dei regimi forti, disuguaglianza progressiva, isolazionismo o globalismo distruttivo. Ogni previsione va verso il peggio.

Gli uomini forti sono sempre esistiti e hanno spesso determinato svolte epocali o periodi oscuri. Hitler e Mussolini, Stalin e Polpot sono solo dietro l’angolo della storia, ma sono stati schiacciati dalla politica reale e dai loro stessi errori criminali. L’avvento di Trump alla Casa Bianca ha determinato orrore negli ambienti liberal e progressisti di tutto il mondo. Ma anche lui passerà e delle sue controriforme non resterà traccia a lungo. Perché sostenuto da una minoranza bianca cristiana retrograda e xenofoba, vale a dire antistorica, perché la storia va, sui tempi lunghi, in direzione contraria: maggiore uguaglianza, rispetto degli altri, diritti religiosi e civili, maggiore collaborazione tra i popoli, cioè globalizzazione positiva incoercibile.  Lo dicono gli strumenti di comunicazione di massa. Oggi una censura delle informazioni è impossibile, qualcuno ci tenta, ma fallirà.

Gli uomini forti hanno un destino comune: per realizzare i loro progetti devono eliminare le garanzie democratiche, trasformarsi in piccoli o grandi dittatori. Così creano un’opposizione  sempre più marcata cui seguono incarcerazioni abusive e, nei fatti, abolizione dei contropoteri di bilanciamento. Inevitabilmente segue la rivoluzione, la caduta e la fine (con scenari diversi ma questo è lo schema storico). Tempo perso per il cammino progressista. Trump è il Presidente degli USA: può trasformarsi in dittatore come Putin, Erdogan, Orban?

Parlo sui tempi lunghi e con la consapevolezza che la curva negativa del grafico provoca crisi, orrore e morti, guerre e stragi. Ma riprenderà la curva positiva, tutti lo sperano e il senso della positività è chiaro: maggiore libertà, maggiori relazioni, ponti e non muri.

E’ ottimismo? In parte sì, ma è anche lettura della storia. Nel secolo XIX e XX l’Europa è stata insanguinata da guerre fratricide nell’intento che fossero utili a realizzare obbiettivi o nazionali o economici. Sono state utili? Sì, soprattutto perché hanno spazzato via regimi “forti” e hanno prodotto consapevolezza che lo strumento guerra non risolve problemi ma li genera. No, perché oggi c’è la consapevolezza che ogni guerra è solo morte e distruzione. Oggi pensare  a una guerra in Europa è semplicemente folle. Abbiamo sì altri problemi ma di crescita. Così anche negli Stati Uniti dove per fortuna la guerra civile è un ricordo. Le ferite però rimangono come cicatrici. Chi non le sa leggere è solo un ignorante che   gioca la carta del potere e non sa imparare dagli eventi. Non per nulla i grandi “antistorici” si vantano sempre di non aver mai letto un libro (Reagan). Penso che Trump di libri ne abbia letti pochi.

Oggi le guerre imperversano in altri settori del globo per gli errori commessi nel passato dagli europei stessi e per divisioni territoriali sostenute da fanatismi e integralismi. Un ciclo storico arretrato. Anche in Europa ci sono stati fanatismi e guerre di religione con i dovuti morti. Cattolici e protestanti si sono fatti reciprocamente la pelle per secoli. Finirà anche altrove.

Stalin irriverente si domandava “quante divisioni ha il papa?”. Lui è finito e il suo sistema anche ma la Chiesa di Roma è ancora in piedi e il Pontefice predica pace e uguaglianza. Non è passato nemmeno un secolo. Anche nella Chiesa ci sono cicli: dal reazionario Papa Pio X al Concilio e a papa Giovanni e Paolo VI sono seguiti poi Giovanni Paolo II e Ratzinger, conservatori. Ma la conservazione in un tempo ribollente di richieste di riforme non ha retto. Ed ecco papa Bergoglio.

Insomma se leggiamo i segnali della storia dobbiamo pensare positivo. Questo non significa arrendersi e non combattere, anzi! Il pensiero positivo genera attivismo mentre la negatività può generare solo apatia e rassegnazione.

Un altro tema molto discusso è la globalizzazione e la disuguaglianza enorme tra ricchi (sempre meno e sempre più tali) e i poveri (sempre di più).

La globalizzazione in sé è un bene. Crea relazioni sempre più ampie tra i popoli. Amplifica la trasparenza e l’informazione. E’ la premessa per un mondo migliore. Ma se il mondo è dominato dal capitalismo parassitario (vedi Baumann) la globalizzazione crea le condizioni per uno sfruttamento sempre più forte dei deboli e il dominio dei forti. Le materie prime vengono rapite ai paesi che le possiedono e il lavoro delocalizzato dove costa meno. La catena avvantaggia chi ha il capitale, l’imprenditoria senza scrupoli, le multinazionali. Il capitalismo parassitario tende a ridurre il welfare nei paesi che l’hanno e a impedire che forme di tutela si instaurino dove non ci sono. Questo significa pochi ricchissimi e molti poverissimi. Già oggi si parla di otto individui che hanno l’80% del capitale mondiale

Ma la storia non finisce qui.

Non è pensabile che miliardi di sfruttati a lungo sopportino questa condizione di ingiustizia che l’istruzione  e appunto la globalizzazione delle comunicazioni svela sempre più. Ci saranno rivoluzioni e rovesciamenti. Lotta di classe mondiale. Distribuzione della ricchezza.

La rivoluzione francese del 1789 ha visto l’insorgere della borghesia produttiva contro l’aristocrazia parassitaria che viveva nei castelli e a corte senza pagare imposte e è finita come sappiamo. È venuta poi la restaurazione ma il mondo non è stato più come prima. Il seme della rivoluzione ha cambiato le classi sociali e i rapporti economici.

La rivoluzione russa del 1917 è nata da un proletariato affamato e da un esercito stremato dalla guerra contro una corte zarista imbelle e incapace di riforme e l’ha spazzata via. Dopo il comunismo (che pure ha realizzato un certo livellamento delle classi e un’economia non solo rurale – l’industrializzazione) che è poi precipitato nella dittatura. Ma anche quella è finita e il processo non è ancora esaurito.

La lettura della storia oggi (a un livello di consapevolezza sociale mai avuto nella società nel passato) ci dice che o quei pochi ricchi, se prevarrà l’intelligenza, useranno il loro capitale per creare progresso e lavoro  e partecipazione oppure la rivolta delle classi subalterne li sconfiggerà.  La prima ipotesi  è difficile, la seconda probabile.

Un’ultima notazione critica: a monte del discorso c’è la concezione occidentale della proprietà privata come inalienabile che non può continuare così. Se ammettiamo che – al limite – un solo individuo possa possedere tutti i beni della terra (possibile secondo la concezione inalienabile) blocchiamo ogni possibile progresso. E’ quindi necessario che si ponga un limite (ed ecco l’intervento degli Stati) al possesso infinito di beni. Deve essere stabilito un limite alla proprietà non investita in imprenditoria che genera lavoro, cioè parassitaria. Com’è stato per il latifondo. E questo può avvenire solo con la leva fiscale e con misure restrittive ai paradisi fiscali, veri ostacoli oggi all’uso corretto del capitale. Un’economia sfrenatamente libera, senza l’intervento moderatore degli Stati, genera solo povertà. Che piaccia o non piaccia.

Amoproust, 5 febbraio 2017



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