venerdì 4 ottobre 2013

David Foster Wallace



DFW

David Foster Wallace è un gigante della letteratura contemporanea, non solo americana, ma mondiale.  Suicida a poco più di 40 anni, non oso pensare a quali vette di pensiero e di produzione l’avrebbe portato il suo genio, se la depressione (o lo sconcerto di vivere in questo mondo) non avesse avuto la meglio su di lui.


Ho letto quasi tutti i suoi romanzi, non facili, talvolta apparentemente aridi, ma sempre di una profondità e di un’originalità sorprendente che ti cattura e ti trasporta altrove, in un mondo di sentimenti e di immagini stravolgenti. Ma vivi, veri, reali.


DFW ha scritto anche molti saggi. Ho preso in mano una collezione di tali scritti “Di carne e di nulla” (ed. Einaudi) e mi sono sentito letteralmente schiacciato dalla capacità di analisi dell’autore e dalla sua enorme sconfinata cultura che spazia, per quanto riguarda la letteratura e l’arte, dai classici greci ai postmoderni, da Kafka a Borges, da Voltaire a Wittgenstein e ai suoi commentatori. Mi sono chiesto come abbia potuto un uomo anche se brillante, anche se impegnato a costruirsi un’erudizione non puramente nozionistica, ma profonda a ad ampio raggio, edificare in 30 anni questa gigantesca costruzione di sapere.


Ma non voglio tediare i miei lettori con questa apologia. Chi vuol leggere DFW oggi lo può fare in italiano. I suoi testi sono tradotti e si trovano in libreria, da Infinite jest a La scopa del sistema, da Oblio, a Considera l’aragosta.


Prendo spunto da un’illuminazione (di quelle provocatorie tutte sue) di DFW per l’analisi di un problema - tema attuale: la produzione letteraria (oltreché cinematografica).


DFW cita una sua legge (con molta serietà ironica - com'è suo costume): la legge del costo e della qualità sintetizzata nell’acronimo Lcqi. Legge per cui (cito) “quanto maggiore è il budget di un film, tanto più il film farà schifo” (DFW – Di carne e di nulla – Einaudi 2013 – pgg. 13-14). Che, portato in letteratura, quanto maggiore è l’impegno economico editoriale per fare di un libro un bestseller e lanciarlo nelle classifiche nazionali e internazionali, tanto più questo libro sarà mediocre o addirittura spazzatura.


Perché? Semplice. Per gradi (e parliamo di autori nuovi, non di classici collaudati):

  1. Per lanciare un nuovo autore l’editore oggi deve spendere milioni: pubblicità, interviste, articoli, posizionamento primario nelle librerie che contano, insomma un budget notevole
  2. Per realizzare questo l’editore deve essere certo non solo del rientro dei capitali investiti, ma anche soprattutto di ingenti profitti  (l’editoria è un mercato)
  3. L'autore nuovo è quindi un azzardo “ingiocabile” (anche se gli esperti giudicano ottima la sua qualità) perché si ignorano le reazioni del pubblico, dei potenziali lettori. Lo ameranno, lo compreranno? Il rischio imprenditoriale non esiste, roba di altri tempi.

·     A meno che… nel libro “nuovo” non siano presenti i tradizionali ingredienti che oggi, qui e ora, fanno il successo. Occorre cioè seguire i gusti del pubblico dei lettori, dargli i condimenti giusti, blandire il pubblico come fa il cinema con gli effetti speciali e le rincorse in auto nelle strade di Los Angeles o New York. 
   Per esempio molto sesso-sesso, intrighi oscuri, romanticismo strappalacrime, un po’ di mistero, occultismo, morbosità religiosa (vedi Dan Brown)…

·    Un libro così vende di sicuro e che questa sia la legge seguita dagli editori lo dimostrano le classifiche e anche, talvolta, i premi letterari. Guardate la vetrina di una libreria oggi e cosa vi trovate? Fantasy, occultismo, magia, religione, cucina e   … le sfumature.

·    Vende anche il libro scritto non da un vero autore nuovo ma da un calciatore famoso, riciclato, da un delinquente o un imputato  che recita le sue memorie (già… Amanda Knox) un attore benvoluto al pubblico (vedi Volo), un saggista presente in Tv (leggi Augias).


Che le padelle della Parodi entrino nella classifica dei libri più venduti fa onore all’autrice (e forse alla sua cucina, forse… perché la Parodi non è certo Bocuse o semplicemente Cracco) ma depone molto male, molto male per la cultura italiana. Che Sveva Casati Modigliani (romanzi strappalacrime poco più che rosa) venda migliaia di copie ad ogni libro scritto (da chi?) fa paura. Che i famosi libri della James (“le sfumature” – sesso anche mica tanto normal) dopo avere tenuto banco l’anno scorso sotto gli ombrelloni, abbiano conosciuto una nuova stagione nel 2013 non solo fa paura ma mette angoscia.


La qualità è fuori gioco. Non c’entra veramente nulla. Non fa specie poi se un gigante come Walter Siti vince il premio Strega (un atto dovuto – il suo libro criptico e difficile lo leggeranno sicuramente e veramente in cento – gli altri acquirenti per acquiescenza lo metteranno in biblioteca intonso, come si diceva una volta).  Consideriamo che il premio Bancarella lo ha vinto una certa Premoli con un titolo che è un programma “Ti prego lasciati odiare” dove, sembra, l’amore si intreccia con la finanza. In Siti l’amore omosex si intreccia pure con la finanza. Mode?


Beh, il libro di Siti l’ho letto (con difficoltà). Almeno il titolo è attrattivo “Resistere non serve  a niente”, evoca un pensiero, un tema. E la scrittura è bella, originale, insomma un grande. Non mi sognerei mai invece di acquistare un libro che si intitola “Ti prego lasciati odiare”: sa di melodramma, sprigiona profumo di romanticismo decadente. Non l’ho comprato, non l’ho letto. Quindi non lo dovrei giudicare. Ma quando l’editor ha studiato il titolo non pensava certo al target di lettori  al quale appartengo. Quindi se non lo compero se lo merita, tanto lo leggeranno le sterminate folle di casalinghe infoiate.


Non voglio lasciarmi prendere la mano dalla rabbia e dall’invidia. Sta di fatto che, se voglio pubblicare un libro, che i miei pochi prelettori giudicano ottimo, attraente, insomma un lavoro ben fatto, devo arrangiarmi da me. Pagare. Gli editori cui lo mandi non rispondono manco (secondo me non lo leggono), oppure si offrono di pubblicartelo a pagamento (poi non lo distribuiscono per cui è inutile), oppure (sempre a pagamento) si offrono di farti una scheda di lettura in cui un neolaureato messo allo sgobbo, sbrodola un giudizio quasi sempre saccente e presuntuoso, mai positivo al 50% per cui potresti azzardarti a chiedere: allora, se lo aggiusto, me lo pubblicate?.  Insomma gli editori, se non garantisci le 100.000 copie vendute e in poco tempo, non ti vogliono. Rompi le scatole. Cosa pretendi?


Questa è oggi la situazione del mercato editoriale italiano, forse anche europeo.  Come abbiano fatto poi certi autori  a farsi pubblicare, non si capisce. Dobbiamo forse fare il parallelo con certi deputati o senatori entrati in Parlamento per merito di… (ognuno ci metta quello che vuole: letto, ricatto, soldi, mafiosità, affari, entrature strane in certi ambienti ecc.).


Non voglio spingermi più in là. 

Già un certo artista di nome Battiato, un genio della musica, per avere detto ciò che pensava (che in Parlamento erano entrate delle t… zoccole insomma!) ha perso il posto.


Io non ho posti da perdere ma voglio mantenere un minimo di dignità.



Amoproust, 4 ottobre 2013.

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