giovedì 12 settembre 2013

A Silvio



Silvio,


non ti chiamo “caro” come usa nelle lettere, perché mi sentirei e sarei un vero ipocrita. “Caro” non mi sei mai stato, ma sinceramente piuttosto fastidioso e, talvolta, odioso per certi tuoi atteggiamenti, certe prese di posizione. Ma lasciamo perdere. Siamo avversari politici, questo sì: tu capo della destra e io militante di sinistra.  


Ti scrivo per darti un consiglio e un parere. Più il secondo che il primo perché so che di consigli te ne danno in tanti, a proposito e a sproposito. Per il tuo bene. Non ridere (se lo fai lo capisco). Ma è vero.

Non ho amato mai le sentenze che condannano la gente alla galera. Perché anche i delinquenti sono uomini, hanno una storia e si credono spesso innocenti anche se colpevoli di fronte alla legge. Innocenti per la loro coscienza che può essere appesantita da pregiudizi e incrostazioni derivanti da cattiva educazione, un’impostazione di fondo sbagliata. Questo non li scusa ma “spiega” la loro posizione e spesso il loro delinquere.


Anche tu ti credi innocente. Lo gridi a gran voce. E’ un tuo diritto. Ma sbagli in una cosa: nel non accettare la sentenza e non uscire dalla scena politica come senatore. Sbagli perché siamo in uno Stato di diritto e, anche nel caso limite di un errore giudiziario, le sentenze definitive vanno eseguite. Lo sai quanti condannati gridano alla loro innocenza? Una folla. Non per questo vengono liberati. C’è un limite oltre il quale uno Stato non può arretrare: l’esecuzione della giustizia che, anche se imperfetta, sempre giustizia è. E poi come credere a un errore giudiziario e a un complotto trascinato attraverso tre gradi di giudizio per ben dieci anni? Tu non sei un ingenuo cittadino sprovveduto, hai un fronte legale di primo livello. Se ti hanno condannato prove inoppugnabili devono esistere. Certo che chiedi uno sforzo di fede immane per credere alla tua innocenza. Chi ti adora va be’, ma il grande pubblico?


Puoi ritirarti, assolvere quella lieve pena che ti hanno appioppato e metterti a parlare liberamente e  a vivere serenamente. Farai un atto da statista vero, consegnerai il tuo partito al tuo successore. Dovrà pur avere la destra un leader alternativo o prima o poi. Tu non sei immortale, (credimi) e potrai anche un po’ goderti la vita. Altrimenti a che ti sono serviti i miliardi che hai accumulato? Certo le aziende, i figli, il buon nome imprenditoriale, cose vere ma che non bastano.


Tu sei sceso in politica per la “rivoluzione liberale”. Riconosci che non sei riuscito nel tuo intento che una certa nobiltà l’aveva. Dai pure la colpa agli altri, a chi ti ha impedito di “manovrare il volante”. La storia giudicherà, questo non lo puoi impedire.


Tutto sommato ciò che conta è “avere per la storia credibilità e dignità”. Se insisti nel tuo tentativo di salvarti a tutti i costi (cioè ottenere un salvacondotto) sarai ricordato come un uomo meschino, palesemente supino ai suoi interessi, alieno alle leggi dello Stato. Se farai invece un passo indietro, questo significherà l’accettazione di un destino per te doloroso, ma che molti “grandi” della storia hanno conosciuto.


Guarda nel dirti di fare un passo indietro ti faccio un enorme favore. Acquiserai popolarità e dignità, forse un maggior seguito elettorale per la tua parte. Vuoi invece tenere duro, farti decadere, mettere in crisi il governo Letta? Lo pagherai. Alla fine, da uomo a uomo, guarda dentro di te, ascolta la tua coscienza, comunque sia. E’ pulita, perfetta, candida? Rispondi alla storia, Silvio.  


Amoproust, 13 settembre 2013.

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