martedì 1 marzo 2011

Fini e la destra

Ieri sera ho seguito, su La7, l'intervista a Gianfranco Fini in Otto e mezzo. Intervista in cui il Presidente della Camera ha ribadito concetti noti. Tuttavia mi offre di nuovo occasione di riflettere sui significati delle parole "destra" e "sinistra" nella politica odierna. Il nostro si è affannato a ripetere più volte che la sua compagine politica è una formazione di destra e che nulla ha a che vedere con la sinistra (nessun contatto, nessuna contaminazione). Tuttavia, quando poi si va a scoprire la "lista" dei valori che Fini attribuisce alla destra moderna, cui lui intende appartenere, si coprono punti e affermazioni che - in gran parte - senza tema di smentite - sono propri e riaffermati anche oggi - dalla sinistra. Quando si parla di legalità, senso dello Stato, rispetto della Costituzione e delle Istituzioni, laicità, giustizia sociale, attenzione ai problemi della gente, ditemi: sono valori di destra? sono valori di sinistra? O non sono piuttosto basi condivisibili dell'agire politico, dello stare insieme in una comunità ordinata, dove domina, su tutto, il rispetto della persona e dei suoi diritti?  Da qui alcune conseguenze e il mio pensiero.

Se Fini intende contrapporsi politicamente alla sinistra in che si contrappone, cosa propugna? Se è d'accordo sull'integrazione degli immigrati, sul giusto salario agli operai, sulla libertà di pensiero, su una giustizia corretta e veloce, su un'economia basata sul libero mercato, allora non si contrappone  a nulla. Sarebbe interessante assistere a un futuribile confronto tra Fini, come leader di una compagine di destra e un leader di una  compagine di sinistra: si troverebbero d'accordo sull'80% dei temi. Forse Fini avrebbe da eccepire solo a limitazioni della proprietà privata che la sinistra per altro, da tempo, si bada bene dal proporre. Allora perché competere? Perché non trovare un accordo per una piena e condivisa governabilità del Paese, per quelle riforme e costituzionali e ordinarie che tutti ritengono indispensabili? Già Fini annuncia che - per alcune cose - la condivisione è indipsensabile...

Io penso che tutto questo dimostri, ancora una volta di più, che le categorie politiche, che tutti si ostinano ancora a usare e sostenere (destra-sinistra) sono morte e obsolete e inutilizzabili. La vera competizione oggi è tra forze ragionevolmente riformiste (che vedono l'urgenza di cambiamenti e modifiche degli assetti e delle strutture dello Stato) e forze  centrifughe, autoritarie, conservatrici, velleitarie (come la Lega p.e.). Parlando il linguaggio comune, tra cittadini consapevoli e responsabili e forze sovversive.

Non so perché Fini si ostini a volersi a tutti i costi differenziare dalla sinistra dicendo le stesse cose: forse per salvarsi dalle facili accuse dei berluscones, forse per non sentirsi accusare di essere un comunista, forse per placare rabbie occulte di chi per anni e secoli ha detestato la sinistra, l'ha combattuta al  limite della zuffa continua. Ma Fini si dovrebbe ricordare anche cos'era la destra storica, subito dopo il fascismo: fuori dall'arco costituzionale (il MSI ricordate?), nostalgica del manganello, antioperaia e sostenitrice di una forma autoritaria di stato. Fini dovrà o prima o poi riconoscere che il convertito a una destra europea, nobile e legalitaria è lui. Come la sinistra dovrà riconoscere definitivamente la rinuncia ai suoi miti ideologici (più o meno di stampo marxiano). Queste sono le condizioni per un incontro, non solo di reciproco riconoscimento, ma un incontro finalizzato a una seria collaborazione per la riforma e il rilancio dello Stato.

amoproust 1 marzo 2011







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