lunedì 26 novembre 2012



Superprimarie


Sono stanchissimo. Ho fatto il Presidente di seggio nella mia cittadina per le primarie del centro sinistra. Stanchissimo ma felice.
Cosa ho visto?
Ho visto una squadra di volontari al lavoro perché tutto andasse bene. Vecchi e giovani. Entusiasti. Hanno dedicato ore e ore a questa realizzazione credendoci fortemente. Senza guadagnarci un euro, anzi rimettendoci tempo e ore sottratte allo studio, al riposo. Una dimostrazione di vitalità, entusiasmo, amore per la politica.

Ho visto poi un popolo ultradisciplinato in fila per registrarsi e poi votare. Un popolo attento alle regole della democrazia, critico talvolta verso l’eccesso di burocrazia (troppe firme!) ma alla fine disposto ad accettarle per la loro utilità al fine della regolarità del voto.

Ho visto uno scrutinio veloce e sorprendente. Un  piccolo campione: 215 votanti, nemmeno una scheda nulla, nemmeno una scheda bianca. Nemmeno un errore. Segni precisi, tracciati con decisione. Eppure c’erano vecchi, donne, giovani inesperti di votazioni. Nessuno ha fatto un errore, nemmeno il 97enne che si è presentato al seggio. Una lezione di civiltà e democrazia. Nessuno ha imprecato contro la politica come avviene in certe adunate oceaniche del populista di turno.

E poi adesso non venitemi  a dire che sono tutti uguali.
Guardate lo scenario.
Di qua un popolo in fila per esprimere la sua preferenza. Un dibattito anche aspro, ma civile e soprattutto aperto, democratico
Di là uno scombinato tentativo di indire delle primarie. E tutti a calar le brache se il capo dice “non si fanno”.
Di qua un popolo, una democrazia.
Di là un capo sgangherato, arifatto, bolso, con il viso gonfio ed emaciato, che dice “faso ancora tuto mi” e si prepara a scendere in campo. Ha 76 anni e pretende di rappresentare il nuovo. Ma quale nuovo? Un dejà vu dietro l’altro e una bugia dietro l’altra. E una truppa sgangherata di non pensanti, di seguaci fedeli che si prestano a fare l’ennesimo teatrino. Il primo si chiama Bondi e fa pena: era un sindaco del PCI. Il burlesque ha funzionato per vent’anni, ma ora credo che fallirà.

Cosa succederà al ballottaggio? Non mi voglio pronunciare. Certo, io tifo per Bersani e voglio dire il perché, ma mi sento più tranquillo. Se dovesse vincere Renzi non ci sarà nessun disastro, solo un grosso rimescolamento delle carte.

Tifo per Bersani perché rappresenta il riformismo tranquillo e sicuro di sé che non vuole miracoli o trasformismi o exploit, colpi di scena, epurazioni, svolte traumatiche che non servono se non a, appunto, traumatizzare. Ma Bersani promette (con la sua personalità e le sue parole) un cammino in avanti lento e inesorabile, destinato a dare equità all’agenda Monti (ciò che manca) e destinato a riforme incisive del fisco, della scuola, della ricerca, delle liberalizzazioni, della politica infine. Quel tipo di cammino che, nella storia, ha sempre garantito il vero cambiamento duraturo.

Non c’è bisogno di rottamare nessuno, c’è bisogno di coinvolgere nuove generazioni, di riavvicinare la gente alla politica, di sconfiggere mafie e corruzione, di dar voce all’economia reale. Ecco perché il Sud ha tifato Bersani. Perché è realista. Perché guarda dritto ai bisogni della gente in carne e ossa.

Ci risentiamo lunedì 3 dicembre.

Amoproust, 26 novembre 2012

Nessun commento:

Posta un commento