Religione e teatralità
Milano ha celebrato la sua giornata
con papa Francesco, giornata di commoventi incontri e soprattutto di grandi
scenografie. A Monza per la celebrazione liturgica della Messa si è dato vita a
un palcoscenico di una grandiosità mai vista e a San Siro, per l’incontro con i
cresimandi le coreografiche create dai ragazzi degli oratori non hanno avuto
nulla da invidiare alle inaugurazione delle Olimpiadi (dati i mezzi a
disposizione!). Il dialogo di papa Francesco con i ragazzi è stato commovente e
ricco di inflessioni pedagogiche.
Questo papa per la sua predicazione,
la rivoluzione introdotta nella Chiesa, la sua attenzione ai poveri e agli
ultimi, la sua predilezione per la parola “misericordia”, merita rispetto e
attenzione anche da parte del mondo laico. E’ rimasta quasi l’unica voce in
Europa a parlare di unità e di solidarietà e solo per questo si profila come un
grande, un gigante della storia.
Ma mi pongo un problema. Ce l’ho
dentro, lo sento e devo dirlo. Fino a
che punto la predicazione evangelica della povertà e dell’umiltà, la scelta di
un profilo modesto da parte di Francesco stesso (la rinuncia all’appartamento
papale, per esempio, i pasti in comune a Santa Marta) si concilia con queste
manifestazioni gigantesche, scenografie luccicanti, folle oceaniche esultanti e
osannanti? Gesù è entrato in Gerusalemme a cavallo di un asinello e vi è
entrato per andare al macello. Non è che mi auguri questo per il papa,
s’intende, ma pongo un confronto.
Lo vuole Lui o glielo impongono?
Certamente la predicazione del
messaggio vuole la forza del mezzo. Ma oggi i mezzi di annuncio della Parola
sono molteplici e non presuppongono la presenza fisica. Si arriva ovunque nel
globo con i media moderni. Mi domando anche: è umano chiedere a un anziano di
81 anni queste performances micidiali solo per accontentare il feticismo delle
folle? Io dico di no. E’ meglio che questo Papa viva a lungo e continui nella
sua riforma della Chiesa che è tutt’altro che compiuta. Anzi di strada verso la
modernizzazione (che è il contrario della mondanità) e verso l’autenticità
della coerenza ce n’è molta da fare. Vita lunga a Francesco.
La spettacolarizzazione
dell’annuncio è iniziata con papa Wojtyla, incessante viaggiatore per il
vangelo ed è proseguita in sordina con Papa Ratzinger. Prima non esisteva: Pio
XII non è uscito quasi mai dal Vaticano, Paolo VI ha fatto viaggi simbolici, in
Terrasanta per esempio. Ma le folle oceaniche sono state volute da papa
Giovanni Paolo II, che proponeva se stesso, la Sua persona come testimone della
Fede. Tutto questo è servito a espandere l’Evangelo nel mondo ? Ho i miei
dubbi: la civiltà si è sempre più secolarizzata, se una religione ha acquisito
fedeli questa è l’Islam.
Non vogliatemene. Ma è semplice.
Perché l’Islam nei suoi fedeli di base ha manifestato coerenza. I precetti
dell’Islam sono semplici: Ramadam, la preghiera rituale, l’elemosina, la visita
a La Mecca se puoi… e i musulmani sono osservanti più dei cristiani. E’ una
constatazione.
In folla andiamo ad applaudire il
papa, ma Messa ci va una minoranza esigua, nessuno più osserva digiuni e
quaresime, prime comunioni e cresime sono occasioni mondane di dimostrazione
del benessere della famiglia, la ricchezza è una meta, la povertà una condanna,
i sacramenti sono dimenticati. Effetto della secolarizzazione certo ma anche,
non diciamo di no, disaffezione e riduzione della religione a qualcosa di
rituale, di esteriore. Sinceramente il popolo cristiano non crede più, recita
il Credo senza sapere ciò che dice.
Mi direte: è vero ma la sostanza
del Cristianesimo è un’altra: è l’osservanza del vangelo, dei precetti della
Carità, delle opere di misericordia. D’accordo ma è proprio questo che sta
“gridando” Francesco con tutta la sua forza: la Chiesa come apparato potrà
anche morire, sparire ma il messaggio di pace
e di solidarietà del Vangelo deve rimanere scolpito nella coscienza
degli uomini.
Questo è il suo messaggio.
Diretto a tutti, cristiani e non.
Io credo che papa Francesco viva
con molto fastidio ciò che il uso ruolo e il “cerimoniale codificato” gli
impongono. Già il Papato saggiamente ha
rinunciato alla Tiara, alla sedia gestatoria, ha introdotto nella liturgia le
lingue nazionali. Mentre papa Ratzinger amava portare il camauro
(antiquatissimo copricapo) e le scarpette rosse, Papa Francesco indossa le
gesuitiche scarpe nere, non porta mantelle rosse, si limita alla veste talare
bianca che lo rende riconoscibile e basta. Sono simboli, scelte però
significative che indicano una lontananza psicologica da orpelli e
sovrastrutture, da “cose” indicative di una sovranità terrena da cui si tiene
distante.
Per questo vedo una contraddizione
tra la sua presenza e imponenti scenografie da “potente” del mondo. Lasciamole
a Kim on-Jung , alla nomenclatura ex sovietica e trumpista, a Hollywood e ai
premi Oscar. Chi le ha progettate e
costruite ha manifestato una mentalità “divistica” impropria. Uno che si chiama
Francesco ama i suoi fedeli ma non credo che ami essere celebrato come un divo.
E’ certamente riconoscente alla manifestazione d’affetto ma ciò che lui
desidera è il dialogo e la vicinanza.
Lo dice lui stesso che Dio è uno
solo. Uno!
Amoproust, 26 marzo 2017.
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