domenica 26 marzo 2017

religione e teatralità

Religione e teatralità

Milano ha celebrato la sua giornata con papa Francesco, giornata di commoventi incontri e soprattutto di grandi scenografie. A Monza per la celebrazione liturgica della Messa si è dato vita a un palcoscenico di una grandiosità mai vista e a San Siro, per l’incontro con i cresimandi le coreografiche create dai ragazzi degli oratori non hanno avuto nulla da invidiare alle inaugurazione delle Olimpiadi (dati i mezzi a disposizione!). Il dialogo di papa Francesco con i ragazzi è stato commovente e ricco di inflessioni pedagogiche.

Questo papa per la sua predicazione, la rivoluzione introdotta nella Chiesa, la sua attenzione ai poveri e agli ultimi, la sua predilezione per la parola “misericordia”, merita rispetto e attenzione anche da parte del mondo laico. E’ rimasta quasi l’unica voce in Europa a parlare di unità e di solidarietà e solo per questo si profila come un grande, un gigante della storia.

Ma mi pongo un problema. Ce l’ho dentro, lo sento e devo dirlo. Fino  a che punto la predicazione evangelica della povertà e dell’umiltà, la scelta di un profilo modesto da parte di Francesco stesso (la rinuncia all’appartamento papale, per esempio, i pasti in comune a Santa Marta) si concilia con queste manifestazioni gigantesche, scenografie luccicanti, folle oceaniche esultanti e osannanti? Gesù è entrato in Gerusalemme a cavallo di un asinello e vi è entrato per andare al macello. Non è che mi auguri questo per il papa, s’intende, ma pongo un confronto.

Lo vuole Lui o glielo impongono?

Certamente la predicazione del messaggio vuole la forza del mezzo. Ma oggi i mezzi di annuncio della Parola sono molteplici e non presuppongono la presenza fisica. Si arriva ovunque nel globo con i media moderni. Mi domando anche: è umano chiedere a un anziano di 81 anni queste performances micidiali solo per accontentare il feticismo delle folle? Io dico di no. E’ meglio che questo Papa viva a lungo e continui nella sua riforma della Chiesa che è tutt’altro che compiuta. Anzi di strada verso la modernizzazione (che è il contrario della mondanità) e verso l’autenticità della coerenza ce n’è molta da fare. Vita lunga a Francesco.

La spettacolarizzazione dell’annuncio è iniziata con papa Wojtyla, incessante viaggiatore per il vangelo ed è proseguita in sordina con Papa Ratzinger. Prima non esisteva: Pio XII non è uscito quasi mai dal Vaticano, Paolo VI ha fatto viaggi simbolici, in Terrasanta per esempio. Ma le folle oceaniche sono state volute da papa Giovanni Paolo II, che proponeva se stesso, la Sua persona come testimone della Fede. Tutto questo è servito a espandere l’Evangelo nel mondo ? Ho i miei dubbi: la civiltà si è sempre più secolarizzata, se una religione ha acquisito fedeli questa è l’Islam.

Non vogliatemene. Ma è semplice. Perché l’Islam nei suoi fedeli di base ha manifestato coerenza. I precetti dell’Islam sono semplici: Ramadam, la preghiera rituale, l’elemosina, la visita a La Mecca se puoi… e i musulmani sono osservanti più dei cristiani. E’ una constatazione.

In folla andiamo ad applaudire il papa, ma Messa ci va una minoranza esigua, nessuno più osserva digiuni e quaresime, prime comunioni e cresime sono occasioni mondane di dimostrazione del benessere della famiglia, la ricchezza è una meta, la povertà una condanna, i sacramenti sono dimenticati. Effetto della secolarizzazione certo ma anche, non diciamo di no, disaffezione e riduzione della religione a qualcosa di rituale, di esteriore. Sinceramente il popolo cristiano non crede più, recita il Credo senza sapere ciò che dice.

Mi direte: è vero ma la sostanza del Cristianesimo è un’altra: è l’osservanza del vangelo, dei precetti della Carità, delle opere di misericordia. D’accordo ma è proprio questo che sta “gridando” Francesco con tutta la sua forza: la Chiesa come apparato potrà anche morire, sparire ma il messaggio di pace  e di solidarietà del Vangelo deve rimanere scolpito nella coscienza degli uomini.
Questo è il suo messaggio. Diretto  a tutti, cristiani e non.

Io credo che papa Francesco viva con molto fastidio ciò che il uso ruolo e il “cerimoniale codificato” gli impongono. Già il Papato saggiamente  ha rinunciato alla Tiara, alla sedia gestatoria, ha introdotto nella liturgia le lingue nazionali. Mentre papa Ratzinger amava portare il camauro (antiquatissimo copricapo) e le scarpette rosse, Papa Francesco indossa le gesuitiche scarpe nere, non porta mantelle rosse, si limita alla veste talare bianca che lo rende riconoscibile e basta. Sono simboli, scelte però significative che indicano una lontananza psicologica da orpelli e sovrastrutture, da “cose” indicative di una sovranità terrena da cui si tiene distante.

Per questo vedo una contraddizione tra la sua presenza e imponenti scenografie da “potente” del mondo. Lasciamole a Kim on-Jung , alla nomenclatura ex sovietica e trumpista, a Hollywood e ai premi Oscar.  Chi le ha progettate e costruite ha manifestato una mentalità “divistica” impropria. Uno che si chiama Francesco ama i suoi fedeli ma non credo che ami essere celebrato come un divo. E’ certamente riconoscente alla manifestazione d’affetto ma ciò che lui desidera è il dialogo e la vicinanza. 

Lo dice lui stesso che Dio è uno solo. Uno!


Amoproust, 26 marzo 2017.

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