mercoledì 2 dicembre 2015

Scaldabanchi e comunisti



Scaldabanchi e comunisti


Non ho intenzione di parlare  a lungo di loro, gli scaldabanchi, in questo mio post, perché non si meritano nemmeno una noticina.  Mi riferisco a quei 1000 lazzaroni con stipendi da favola che da 30 sedute non riescono a trovare un accordo per eleggere i membri mancanti della Consulta. E metto tutti nel mazzo, 5 stelle compresi che fanno i moralizzatori ma che, come tutti, impediscono l’obiettivo. Non solo meriterebbero di essere – tutti – mandati a casa, ma, nell’impossibilità di fare ciò, li terrei sui banchi a votare giorno e notte, fino all’esaurimento. E Mattarella che fa? Guarda? E Grasso che fa? Minaccia soltanto. Troppo poco.


Non parlerò di loro mentre, nel paese serpeggia la paura, giustificata, del terrorismo, la disoccupazione impera (quale trionfalismo per un 0, in meno!), la corruzione gode e la gente, come me, non capisce il perché bisogna raggiungere un’inflazione di due punti, mentre tutti invocano i consumi. 
Secondo il parere dell’uomo della strada per aumentare i consumi bisogna aumentare i salari e le pensioni, abbassare i prezzi (che in certi casi sono ingiustificabilmente alti) e mettere sul mercato prodotti che abbiano un rapporto prezzo-qualità equo. Misteri dell’alta finanza che finora sarà alta, ma ci ha impoveriti.


Ma oggi voglio concedermi il lusso di raccontare un aneddoto, un episodio capitato  a me. In un negozio incontro un amico, un tipo un po’ strambotto anche se simpatico. Sapendolo vicino ai movimenti di sinistra estrema (con passaggi dall’uno all’altro alla ricerca di chissà che) gli chiedo quasi per celia: “Allora adesso sei con Fassina e compagnia antidem?” “No, mi risponde perché io sono comunista e sto solo con i comunisti…” Risposta lapidaria. Dove sono, per lui, i comunisti? Esce dal negozio e vedo che sale su una macchina nuovissima di discreta grandezza e se ne va.


Se è comunista il compagno sarebbe disposto a condividere il suo nuovo mezzo con gli altri? Con me per esempio che ho un vecchio catorcio? No di certo. Magari ha anche due o tre appartamenti in affitto e sfratta gli inquilini se non lo pagano. Per certo ha una casa di proprietà e che io sappia non è disponibile a condividerla con nessuno. Strano tipo di comunista! 
Il perché è semplice: la parola è diventata un puro flatus vocis e non indica più una comunità e condivisione di beni e di strumenti di produzione, ma solo una vaga appartenenza a un movimento identitario di inguaribili utopisti. Brava gente ma che si emargina costantemente ai confini della lotta politica e non combina un emerito cazzo.


Ora essere comunisti vorrebbe, nel significato originario della parola, condividere beni e servizi, abolendo del tutto la proprietà come esclusività di possesso e d’uso. Al mondo oggi esiste solo qualche sparuta comunità di idealisti - per lo più cattolica - che realizza quest’intento.  Erano comunisti i contadini che nel ‘500 lottavano per la comunità delle terre e dei pascoli e  dei boschi. Ma sono stati massacrati con la benedizione del riformista Lutero. Erano comunisti coloro che, nel XIX secolo lottavano contro il latifondo chiedendo di poter lavorare la terra e usare i frutti del proprio lavoro. Erano comunisti e non lo sapevano.


Ma, soprattutto, era comunista il mondo degli umani all’inizio. Quando l’uomo della pietra cacciava e condivideva con il clan la “grigliata” che ne ricavava. Quando spingeva le sue bestie al pascolo là dove c’era l’erba e nessuno glielo impediva. Poi, un giorno, forse con la nascita dell’agricoltura, qualcuno pensò bene di cintare il “suo” pezzo di terra, impedendo agli altri, anche con la violenza, di entrarvi. Questa è l’origine della proprietà (lo dice anche Rousseau – io non lo sapevo ma è una cosa che ho sempre pensato): un abuso, una sottrazione alla comunità di un bene comune, per farne un uso proprio e personale. La proprietà ha origine da un abuso.


Lo so - mi diranno i dottoroni - oggi è diverso, ci sono le leggi che regolano la proprietà e le successioni, il diritto d’uso e il pagamento delle imposte allo Stato. Ma perché allora c’è chi ha tanto, troppo (spesso inutilmente) e chi non ha nulla, nemmeno una casa ove ripararsi e il cibo quotidiano? È comunismo pensare di togliere qualcosa ai primi per dare qualcosa ai secondi? E' comunismo pensare di far pagare una patrimoniale ai primi per dare ai secondi il minimo vitale? E' comunismo invocare, caro Matteo, che si tolga la tassa sulla casa ai poveri e la sia faccia pagare a chi ha redditi molto alti? Si accettano dibattiti.


No, non è comunismo, è solo giustizia sociale. Il comunismo vero vorrebbe molto molto di più. Ma se i sedicenti comunisti di oggi vanno in giro con il SUV ultimo  modello e sfruttano il prossimo, allora il comunismo, sì, è morto.


Amoproust, 2 dicembre 2015

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