sabato 1 marzo 2014

Non ammazziamo Renzi



Non ammazziamo Renzi

Lo sport preferito della sinistra tradizionale, quello di farsi del male, ha  avuto un incremento fortissimo di fans con l’avvento del Governo Renzi.

Critiche, minacce di secessione, sottili distinguo, preannunci di sfaceli prossimi e futuri. E’ una storia già vista.


Del modo poco corretto e un po’ prepotente con cui Renzi è andato sulla poltrona di Palazzo Chigi, già si è detto e non ci ripetiamo. Ma ora che è lì ben insediato, è compito preciso della parte che lo ha portato lì, lo ha voluto lì (vedi primarie, vedi segreteria, vedi voti in Direzione) di sostenerlo compatti e uniti. Sostenere non vuol dire non criticare, non vedere gli errori, consigliare al meglio: sostenere vuol dire, in questo caso, rendersi conto che, se fallisce questo tentativo, fallisce l’ultima possibilità del paese di uscire dalla “palude”.


La sinistra che oggi guarda con sussiego, dall’alto, il tentativo di Renzi, è la sinistra che ha fallito almeno gli ultimi vent’anni di vita del paese: non ha saputo efficacemente contrastare Berlusconi, non ha mai fatto, quand’era al Governo, leggi adeguate a contenerne il potere mediatico, ha boicottato, con le sue divisioni e litigi e massimalismi, l’unico serio tentativo di buon governo (Prodi), ha saputo perdere elezioni sbagliando la campagna elettorale quando tutti i sondaggi la davano vincente, ha divorato il suo buon segretario (Bersani), ha compiuto il lavoro di autodistruzione con l’assassinio nella Cattedrale (il trombamento di Prodi al Quirinale: un capolavoro!), è andata lietamente incontro alle larghe intese dopo aver detto che non le avrebbe fatte mai più.  Questa vecchia bolsa sinistra non ha il diritto, oggi, di dire che Renzi è di destra, che è un presuntuoso, che il suo tentativo fallirà. La sinistra, con questa storia pazzesca alle spalle,  ha il compito-dovere di sostenere Renzi, di collaborare al successo della sua iniziativa.



Renzi propone (non entro nei dettagli) due grosse battaglie: una contro la disoccupazione, soprattutto giovanile, l’altra contro la burocrazia. Battaglie che si incrociano e che ne richiedono altre, collaterali, ma non meno importanti.



La disoccupazione. Un Governo non è in grado di creare posti di lavoro, ma è in grado di creare le premesse per il rilancio dell’economia e degli investimenti: meno costi, meno burocrazia, incentivi per attirare gli investimenti dall’estero, sanzioni per chi non investe , ma colloca i capitali all’estero. E il Governo è in grado di tutelare chi rimane senza lavoro (senza alcuna sua colpa). Il lavoro è un diritto, ma anche un dovere, cui nessuno si può sottrarre. E qui entra in gioco l’imprenditoria italiana che non ha, negli ultimi tempi, dato buona prova di sé: chiusure ingiustificate, delocalizzazioni all’estero, mancanza di coraggio imprenditoriale (intraprendere è un rischio, non è un buon imprenditore chi non vuole alcun  rischio), esportazione di capitali, investimenti in finanza anziché nel creare lavoro. Un capitalismo bieco e assai poco incline all’uso sociale della proprietà privata. Questa imprenditoria va messa alla frusta e non vale dire “la roba è mia” perché quando è in gioco la collettività, non esiste “mio” che tenga.



Seconda battaglia: la burocrazia, la piovra che divora lo Stato con la sua inutilità, inefficienza, lungaggini e ricatti. Tra i potenziali leader che si sono affacciati sulla scena politica Renzi è l’unico ad aver individuato nei lacci della burocrazia un vero nemico “interno” da battere. Guardate che è una lotta impari, difficilissima. I Governi e i Ministri passano, ma la dirigenza nei Ministeri e nelle grandi “partecipate” pubbliche rimane. La burocrazia crea spazi parassitari dove si annidano gli sprechi, crea e sostiene privilegi atavici, resiste al cambiamento, difende assurde prassi che giustificano lentezze e posti inutili. Troncare le sue spire e mettere in riga questa piovra è essenziale per la riforma dello Stato. La burocrazia è in grado di impedire che le leggi vengano attuate, che risorse non vengano utilizzate, è in grado di sostenere gli amici degli amici. Corruzione e sprechi qui si annidano. 800 miliardi di spesa è il costo della macchina dello Stato e annessi: ridurne il costo a 700 (poco più del 10%) salverebbe già il paese, creerebbe risorse per riforme importanti e la diminuzione del debito.



Agire su questi piani significa fare, il “fare” propugnato da Renzi. Ci riuscirà? Vedremo. Intanto non impediamogli di lavorare, non continuiamo a criticare la sua squadra, dicendo che la Guidi è un’infiltrata di Berlusconi (a fare che?), che la Boschi è la bella madonnina di Renzi, che era meglio la Bonino della Mogherini ecc.ecc. Non esiste un’opera perfetta. Era perfetto il governo Letta? Ma andiamo!



Io, personalmente, come molti altri, avrei preferito una buona legge elettorale  e poi il pronunciamento degli elettori. E’ sembrata una strada impossibile e rischiosa. Beh, allora, teniamoci Renzi. Il suo è un governo quasi personale, si è assunto tutta la responsabilità personale di un eventuale fallimento. Questo o è irresponsabilità o è coraggio. Di fronte alla storia è temerarietà. Ma i temerari spesso hanno compiuto grandi imprese.



Amoproust, 1 marzo 2014

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