I maschietti
progressisti
Su Facebook un’amica scatenata mi
ha chiamato “maschietto progressista” perché ho osato dire che la parità non si
prescrive per decreto. Io penso infatti che sia un grande errore stabilire delle quote
rosa in una legge elettorale. La consapevolezza che le donne hanno pari dignità
degli uomini e che possono aspirare a
guidare e rappresentare la società è una conquista storica, dopo secoli di
pregiudizio e supremazia maschile. Ma non si deve imporla per legge. Le forze
politiche che hanno maturato questa consapevolezza agiranno di conseguenza e,
se non lo fanno, mostreranno la natura atavica del pregiudizio. Ma è inutile
chiedere a forze che non hanno questa consapevolezza, forze retrive e
reazionarie che – per legge – introducano quote femminili. Spesso non le hanno,
in politica. Spesso storicamente hanno “onorato” le donne mandando in
Parlamento solo bellone, raccomandate, escort e veline. Bella conquista!
La parità non c’è ora. Si
realizzerà non per decreto ma agendo sui meccanismi sociali che premiano gli
uomini e discriminano sessualmente ovunque, nella scuola, nelle aziende e nei
partiti. Occorre un cambio di mentalità e di atteggiamenti.
Poi guardiamoci in giro. Già oggi
il Parlamento italiano (grazie alla sinistra ndr) è il Parlamento che, in
Europa, ha più presenze femminili. Non c’è in Europa una nazione che abbia
stabilito per legge delle quote rosa. Ma le donne al potere ci sono, e come!
Le donne considerino con
attenzione chi è dalla loro parte e chi fa finta di esserlo. Fatti, ancora
una volta. Non parole e nemmeno decreti.
Renzi e i mille euro
Già si è detto tutto sulle
modalità di marketing di presentazione della proposta Renzi. Ci vuol poco a
capirlo, basta guardare Renzi parlare e vedere in lui un ottimo venditore.
Ma a me la proposta non piace.
Perché anzitutto osannata da tutti e già questo la rende sospetta. E poi perché
demagogicamente orientata solo alla platea dei lavoratori dipendenti. I più
tartassati d’accordo, ma non meno dei pensionati e non meno dei piccoli
artigiani che, se magari evadono un po’, tuttavia fanno fatica a mettere
insieme pranzo e cena e sono strangolati dalla burocrazia. Quanti ne ho visti e
sentiti che hanno preferito gettare la spugna e la partita Iva per farsi
assumere! Meno grane e stipendio piccolo ma sicuro a fine mese. Non si ottiene
giustizia sociale discriminando.
Permettere poi detrazioni a chi ha un lavoro dipendente e non al pari
reddito che ha uno status diverso è anticostituzionale. Soprattutto se si
considera l’enorme platea di pensionati con assegno mensile pari o inferiore ai
mille euro. A loro niente? Se la mossa Renzi è orientata a risollevare i
consumi, i pensionati forse non sono consumatori? Poi c’è un’altra
considerazione. In molti casi la pensione dei nonni e dei padri è il più grande
ammortizzatore sociale che permette di vivere a tanti giovani disoccupati,
soprattutto al Sud. Se non ci fossero queste pensioni, ciao pepp! Rivoluzione
sociale o meglio rivolta sociale sicura! E allora, Matteuccio caro, buttiamo un
occhio su tutte le situazioni di disagio e non solo sulle platee che creano
consenso.
Infine una vera riforma fiscale
non agisce sulle detrazioni ma cambia la curva delle aliquote, alleggerendo le
basse e inasprendo man mano che si sale. Lo sanno anche gli studenti al primo
anno di economia.
Speruma.
Amoproust, 15 marzo 2014
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