sabato 15 marzo 2014



I maschietti progressisti

Su Facebook un’amica scatenata mi ha chiamato “maschietto progressista” perché ho osato dire che la parità non si prescrive per decreto. Io penso infatti che sia un grande errore stabilire delle quote rosa in una legge elettorale. La consapevolezza che le donne hanno pari dignità degli uomini e che possono aspirare  a guidare e rappresentare la società è una conquista storica, dopo secoli di pregiudizio e supremazia maschile. Ma non si deve imporla per legge. Le forze politiche che hanno maturato questa consapevolezza agiranno di conseguenza e, se non lo fanno, mostreranno la natura atavica del pregiudizio. Ma è inutile chiedere a forze che non hanno questa consapevolezza, forze retrive e reazionarie che – per legge – introducano quote femminili. Spesso non le hanno, in politica. Spesso storicamente hanno “onorato” le donne mandando in Parlamento solo bellone, raccomandate, escort e veline. Bella conquista!

La parità non c’è ora. Si realizzerà non per decreto ma agendo sui meccanismi sociali che premiano gli uomini e discriminano sessualmente ovunque, nella scuola, nelle aziende e nei partiti. Occorre un cambio di mentalità e di atteggiamenti.

Poi guardiamoci in giro. Già oggi il Parlamento italiano (grazie alla sinistra ndr) è il Parlamento che, in Europa, ha più presenze femminili. Non c’è in Europa una nazione che abbia stabilito per legge delle quote rosa. Ma le donne al potere ci sono, e come!

Le donne considerino con attenzione chi è dalla loro parte e chi fa finta di esserlo. Fatti, ancora una  volta. Non parole e nemmeno decreti.

Renzi e i mille euro

Già si è detto tutto sulle modalità di marketing di presentazione della proposta Renzi. Ci vuol poco a capirlo, basta guardare Renzi parlare e vedere in lui un ottimo venditore.

Ma a me la proposta non piace. Perché anzitutto osannata da tutti e già questo la rende sospetta. E poi perché demagogicamente orientata solo alla platea dei lavoratori dipendenti. I più tartassati d’accordo, ma non meno dei pensionati e non meno dei piccoli artigiani che, se magari evadono un po’, tuttavia fanno fatica a mettere insieme pranzo e cena e sono strangolati dalla burocrazia. Quanti ne ho visti e sentiti che hanno preferito gettare la spugna e la partita Iva per farsi assumere! Meno grane e stipendio piccolo ma sicuro a fine mese. Non si ottiene giustizia sociale discriminando.  Permettere poi detrazioni a chi ha un lavoro dipendente e non al pari reddito che ha uno status diverso è anticostituzionale. Soprattutto se si considera l’enorme platea di pensionati con assegno mensile pari o inferiore ai mille euro. A loro niente? Se la mossa Renzi è orientata a risollevare i consumi, i pensionati forse non sono consumatori? Poi c’è un’altra considerazione. In molti casi la pensione dei nonni e dei padri è il più grande ammortizzatore sociale che permette di vivere a tanti giovani disoccupati, soprattutto al Sud. Se non ci fossero queste pensioni, ciao pepp! Rivoluzione sociale o meglio rivolta sociale sicura! E allora, Matteuccio caro, buttiamo un occhio su tutte le situazioni di disagio e non solo sulle platee che creano consenso.

Infine una vera riforma fiscale non agisce sulle detrazioni ma cambia la curva delle aliquote, alleggerendo le basse e inasprendo man mano che si sale. Lo sanno anche gli studenti al primo anno di economia.
Speruma.

Amoproust, 15 marzo 2014

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