martedì 14 febbraio 2012


Socialdemocratici o demosocialisti?

Ci risiamo. Trovo del tutto inutile e fumoso il dibattito identitario sulla natura del PD. Perché è un dibattito tutto rivolto al passato e per nulla consapevole dei tempi nuovi che stiamo attraversando e della storia che ci siamo lasciati alle spalle.
Il PD è nato come fusione delle diverse anime del riformismo e si basa sulla considerazione che è del tutto inutile guardarsi in cagnesco e farsi la guerra in nome delle ideologie, quando si persegue uno scopo comune. Le anime del riformismo sono quelle antitetiche al conservatorismo borghese, che ritiene acquisiti i diritti e immutabili i privilegi. Riformare è equivalente a prendere in considerazione un problema e “aggiornarlo” alla luce dei principi immutabili di uguaglianza universale, giustizia, equità  e  maggior benessere e tenendo d’occhio le possibilità economiche e soprattutto a che condurrà  l’evoluzione futura. Un vero riformista non liquiderà mai un problema come quello dell’immigrazione con un semplice “respingimento” ma prima di tutto considererà i diritti dell’uomo, poi il bene dell’individuo e la sua capacità di portare utilità alla collettività. Così via. Il moderno riformismo, e qui siamo al punto, non si basa su schemi ideologici, su dottrine (come può essere il marxismo o il socialismo utopico o la dottrina sociale della Chiesa) ma è pragmatico e operativo e teso al benessere comune e guarda al futuro. Sfide continuamente nuove si propongono, e non possiamo valutarle con il libretto rosso in mano. Per esempio il tema del clima e dell’ecologia: fino a trent’anni fa era una materia per nicchie e per studiosi dilettanti e per anime belle, oggi si impone come una sfida epocale. Vent’anni fa i sindacati avrebbero fatto carte false per avere tout court una fabbrica – oggi dobbiamo stare attenti all’inquinamento e a cosa può comportare un’occupazione selvaggia del suolo. Ne va della vita delle future generazioni. Così ieri si lottava per dare a tutti una “seicento” (mi ricordo i discorsi degli anni sessanta) – oggi riteniamo molto più fondamentale la salute, l’istruzione e gli investimenti per la ricerca (che un certo sindacalismo del passato avrebbe irriso). Insomma occhi fissi in avanti sul progresso della società inteso come avanzamento progressivo verso la libertà, l’uguaglianza, la parità di diritti, la ridistribuzione del reddito. Quindi tutto questo chiacchierare sul tema se siamo socialdemocratici o che, è un inutile sguardo alle etichettature del passato. Vorrei chiedere che significato ha ai fini operativi, appunto del progresso (stiamo attenti a ciò che vuol dire questa parola e a non confonderla con l’esasperazione della tecnologia e della cosiddetta modernità). Il passato va studiato e rispettato,  mai mitizzato.

Amoproust – 14 febbraio 2012
San Valentino: AUGURI!

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