sabato 28 gennaio 2012

della ricchezza

Della ricchezza

Argomento impegnativo, soprattutto sul fronte laico. Per coloro che si definiscono cristiani o cattolici, comunque seguaci di un certo Cristo, problemi non ce ne dovrebbero essere. Lui la ricchezza l’ha condannata o meglio l’ha definita pericolosa per la salvezza dell’anima, per cui ha invitato i suoi a disfarsene, prima di seguirlo. Oggi, nella Chiesa, che si dice attenta alle parole di Cristo, segnali così se ne vedono pochini, soprattutto dentro le mura del Vaticano. Ma ben donde… ciascuno risponderà della sua condotta.

Sul fronte laico la cosa è diversa: nessuna demonizzazione o condanna della ricchezza. Anzi la ricchezza è un valore (Monti) – la ricchezza è l’obiettivo di molti, la ricchezza è il motore dell’agire economico. Bene, ma attenti, si parla di ricchezza legittima, onestamente costruita, onesta. Se parliamo della ricchezza mondiale, dei ricchi oggi esistenti quanti possono dire di possedere questo tipo di ricchezza, priva di ombre, costruita nel rispetto pieno delle regole? Parliamo di veri ricchi, non di benestanti, di gente che soddisfa i suoi bisogni primari senza problemi. Veri ricchi, miliardari.
Orbene esistono tre tipi di ricchezza, grosso modo: quella ereditata dai padri, dalla famiglia, quella costruita sulla fortuna e quella fondata sul proprio lavoro, partendo da zero.
La ricchezza ereditata senza alcuna fatica non ha alcun merito. Spesso, anzi, la ricevono passivamente individui indegni, cresciuti all’ombra del patrimonio paterno o familiare, incapaci. Non sempre  certo, ma spesso. Per questo ci vogliono le tasse di successione, tanto più salate quanto più il patrimonio è ingente, solo per ricostruire condizioni di partenza equanimi. Lo diceva Luigi Einaudi, noto comunista. Infatti che potere di competizione ha il poveretto figlio di nessuno, ma dotato di talento contro il figlio di papà che eredita lo studio notarile, l’azienda, il grande latifondo? Nessuno. E ciò è contrario e al principio delle pari opportunità  e al dettato della nostra Costituzione. 
La ricchezza figlia della fortuna (la vittoria alla lotteria, all’Enalotto) è precaria e pericolosa se cade in mano  a individui impreparati. Quante rovine si sono contate per la perdita di controllo e la megalomania del ricco improvvisato, ringalluzzito dalla disponibilità di denaro! Cade in mano a consiglieri interessati, fa  investimenti azzardati, pensa di conquistare il mondo e cade. Rovinosamente. Non escludo che esistano anche individui virtuosi baciati dalla fortuna, ma anch’essi non hanno alcun merito, sono solo una piccola pattuglia nell’esercito sterminato degli aspiranti giocatori, anch’essi spesso con vocazione alla rovina. Tutti sogniamo la vincita ingente quando compriamo il biglietto della lotteria o il “gratta e vinci” ma è meglio che la fortuna non ci assista troppo generosamente.
 
Infine esiste la ricchezza meritata e accumulata con il proprio lavoro, la fatica quotidiana, l’impegno imprenditoriale o professionale. Ma esiste? Sì, forse per qualche caso esemplare, come Bill Gates o Steve Jobs, uomini di talento. Ma con lo sgobbo quotidiano e il lavoro è difficilissimo arricchirsi veramente. Se… se non si ha una spinta, un aiuto, una mano santa e capacità affaristiche e di raggiro. E se si riesce a non pagare le giuste imposte. Certe ricchezze sono solo figlie dell’inganno e della corruzione, dell’evasione e dell’appoggio politico di scambio. Lo sono le ricchezze mafiose e paramafiose, ma lo sono anche ricchezze insospettate di individui che hanno saputo vivere e mestare nell’ombra, in milanese si direbbe “schisci schisci”. Di solito poi con una piattaforma di partenza non certamente pari a zero.
 
E allora non raccontiamoci la barzelletta delle giusta megaricchezza  meritata e sacrosanta. Dove c’è ricchezza improvvisa e ingente, vai  a grattare, scopri la magagna. Non è certamente il caso dei piccoli patrimoni, questi sì, accumulati da generazioni di lavoratori. Ma è il caso di tanti che si sono arricchiti con il contrabbando, i traffici illeciti e la truffa, nonché l’usura e lo sfruttamento altrui.
 
Dove porta questo discorso? Porta a non avere paura a indagare sulla ricchezza e a tassarla giustamente. Non è persecuzione, è giustizia sociale, una cosa che non gode di prescrizione. E se qualcuno strilla come la Santanché, scandalizzata dalla demonizzazione della ricchezza avvenuta a Cortina, lasciamola strillare. Tanto anche se la ricchezza viene tassata giustamente, la vita di molti ricchi non cambierà. Se uno ha dieci miliardi, non soffre se ha un miliardo in meno. Ma se  a un poveraccio che ha una pensione di 800 euro, gliene togliamo 100, beh, è un’altra cosa.

Amoproust, 28 gennaio 2012.

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