domenica 20 settembre 2015

Annunci e trovate a sorpresa



ANNUNCI E TROVATE A SORPRESA


I toni sono sempre drammaticamente alti. Nella politica italiana dell’oggi non si dialoga né discute, preferibilmente si urla. Ma con gli schiamazzi i problemi non si risolvono.


Il premier Matteo Renzi non rinuncia alla sua specializzazione: l’annuncio eclatante, forte, se non vogliamo dire “populista” diciamo pure di grande presa sulle masse. Questa volta tocca alla promessa di abolire la TASI, la tassa sui servizi indivisibili, per brevità ridotta a tassa sulla casa.  Tassa sulla casa era l’ICI, poi l’IMU rimasta per le seconde terze case, non la TASI. Stupisce che il premier con i suoi annunci favorisca l’ignoranza, la semplificazione. Con la TASI i cittadini pagano l’illuminazione pubblica, la manutenzione delle strade e quant’altro i comuni devono fare per la qualità della vita dei cittadini. Abolire la TASI significa ancora una volta affamare i comuni, impedire loro di fare il loro mestiere. Ma di questo Renzi se ne fa un baffo.


Non solo, ma come si è detto e gridato a gran voce dall’opposizione soprattutto interna nel PD, abolire tout court ogni tassazione per i servizi basata sul possesso di una casa significa trattare da uguali chi è disuguale. Le situazioni sono molteplici: c’è chi ha una casa grande in centro ereditata e magari un reddito piccolo, chi ha una villa e chi un monolocale… La casa è una scelta individuale o familiare. C’è chi ha preferito investire in una casa grande e chi invece preferisce il piccolo ma centrale ecc.ecc. 
Dire: nessuno paga più niente è come fare un regalo ai ricchi, inaspettato e lasciare i poveri con un pugno di mosche in mano. Non sarebbe meglio, se le tasse devono essere ridotte (e in questo tutti sono d’accordo) rivedere le aliquote per i redditi più bassi? Così si rilanciano i consumi e riparte l’economia, sembra.


Seconda questione: esplode il problema del Senato. Forse bisognava pensarci un po’ prima  e non in seconda lettura che tutto si fa più complicato. Ma un Senato di nominati (come si prevede sia un Senato di consiglieri regionali) accanto a una Camera per lo più di nominati riduce la sovranità popolare  a una barzelletta. E poi io sarò vecchio ma un Senato ridotto a niente, a poco più di una commissione consultiva, mi sembra uno sfregio costituzionale intollerabile. Infatti i Padri Costituenti vedevano nel Senato la Camera alta, quella dei seniores e se invece diventa la camera dei nominati tanto per dire, meglio abolirlo o chiamarlo diversamente, Camera delle autonomie, p.e. Ma che debba essere eletta dai cittadini questa Camera non ci piove, altrimenti c’è uno sfregio alla sovranità popolare non da poco.


A Matteo – ormai è palese – piace l’autoritarismo, piacciono le decisioni secche prese dall’alto, da chi comanda, lui, in questo caso. Ed è molto pericoloso, questo modo di porsi e di pensare, per la democrazia. Purtroppo la democrazia ha tempi lunghi, prevede passaggi plurimi. Possiamo vedere di accorciare i tempi ma la delega totale a un “uomo solo” non è mai democrazia. 
E’ vero. Di riforma del Senato si parla, come dice Renzi, da molti anni. Ma se ci siamo decisi a farla superando il bicameralismo perfetto, facciamola bene. Io non so chi abbia inventato questo meccanismo balordo dei senatori scelti tra i consiglieri regionali, è veramente un pateracchio, un insulto al buon senso. Se si voleva evitare una seconda scheda in sede di elezioni politiche (e perché mai?), non era il caso di pensare a un’assemblea di macchiette, reperendo eletti nei consigli più inaffidabili che ci siano. Comunque un fatto è certo: i senatori devono essere eletti dai cittadini. Poi possiamo non pagarli, pensare solo a un rimborso spese, abolire la complessa macchina dei dipendenti di palazzo Madama (attenzione! Aspettiamoci una bella giusta protesta!). 
Un Senato di nominati no. E se Matteo vorrà a tutti i costi far votare questa ignobile riforma, passerà alla storia come il “dittatorello” fiorentino. Non passerà molto tempo ma la sua riforma come altre sue riforme saranno riviste, riformate. A meno che il fiorentino non sia l’apripista di un governo eternamente centrista, eternamente con un piede di qua e uno di là.  


Amoproust, 20 settembre 2015

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