sabato 9 agosto 2014

Un Senato da operetta



Il Senato da operetta

In prima lettura il Senato ha votato la sua estinzione. E la sua trasformazione in un’assemblea di poco conto, costituita da nominati estratti dalla platea dei consigli regionali e dei sindaci (naturalmente solo delle grandi città!). Che c’entrano questi personaggi con il Senato non so, non capisco. Tanto valeva abolirlo o trasformarlo in un’assemblea di cittadini maggiorenni estratti a sorte. Un’idea fantasiosa, ma che almeno avrebbe rivalutato la “sovranità che appartiene al popolo”. E, invece, di fatto, è sempre più appannaggio dei politici e dei partiti.

Si è detto a lungo che le riforme istituzionali dovevano essere fatte “insieme”, maggioranza e opposizione. Per questo è nato il famigerato “patto del Nazareno”.  In effetti è successo un pateracchio incredibile: gran parte dell’opposizione fuori dall’aula, una quarantina di dissidenti anche nelle due forze “contraenti” il patto. E questo dopo un dibattito costellato di sceneggiate e insulti, con uno spettacolo assai poco edificante offerto ai cittadini e  alla stampa internazionale. Se fossi Renzi, mi asterrei da eccessivi brindisi: è una vittoria di Pirro.

E poi quegli scandalosi abbracci tra la Boschi e Romani, i conciliaboli Lotti Verdini, insomma larghe intese affettuose e incestuose. Se Renzi non dovrebbe esultare, ha ragione Berlusconi a farlo: l’ex cavaliere è di nuovo in sella, raggiante come il sole, nonostante le condanne e i processi pendenti, un passato da imprenditore del tutto oscuro e un curriculum disastroso in quanto politico: un ventennio di leggi ad personam e di un niente di fatto per il paese. Ma la Boschi, che si intitola la riforma, quando il cavaliere spazzò via la prima Repubblica, ciucciava ancora il latte: non si può pretendere che abbia memoria politica.

Firenze è tornata a essere la capitale d’Italia: il cerchio magico di Matteo Renzi conta sulla fiorentinità scanzonata e irriverente. Conta anche la spregiudicatezza che ha in Verdini il suo caposaldo. Ma la gente e il PD si ricorda chi è Verdini? Non certo un angioletto del Paradiso. 

Matteo vuol governare l’Italia come ha governato Firenze da sindaco: una giunta di fedelissimi obbedienti (il governo), un Consiglio docile che approva tutto (la Camera), progetti di legge che partono solo e soltanto dall’esecutivo, che non si permetta il Parlamento di porsi di mezzo. Spazzato via il Senato, nessun ostacolo. Siamo di fatto nella repubblica “renziana”. Se mettiamo nel conto che Renzi è arrivato a Palazzo Chigi solo per via diretta, senza passaggio elettorale, che ha fatto un colpo di mano contro Letta (dopo primarie un po’… allargate, a dire il vero, che lo hanno designato segretario del PD), che ha avuto una legittimazione di massa alle europee… beh, tutto questo assomiglia molto a una “presa di potere”.  Forse domani avremo un film “la presa di potere di Matteo  primo”.

Questo è un progetto che parte da lontano, per niente improvvisato e oggetto di una strategia precisa: rottamare i “vecchi” del PD, assumere il potere nel Partito, flirtare con i poteri che contano, compresa l’opposizione, puntare  a un progetto riformatore che appaia una diluzione di idee di sinistra con idee liberali. Da una parte la scelta di campo dei socialisti europei, ma, dall’altra, nell'area dell’economia e del lavoro, liberi tutti.

L’altra sera, a “In onda” sulla 7, Matteo Renzi ha detto che le cose si stanno facendo, ma che la stampa non ne parla (la solita accusa). Per esempio i cantieri aperti nelle scuole per le ristrutturazioni. Il giorno dopo, sui quotidiani, appare la notizia che in molte province italiane, anche importanti, non ci sono fondi per far partire l’anno scolastico (effetto “dell’abolizione” delle province e del marasma che ne è conseguito. Molti ignorano che le province gestiscono molte scuole medie e superiori): mancano banchi, personale, soldi per pagare le bollette. I bidelli volontari imbiancano i muri. Gli studenti staranno al freddo perché non ci sono soldi per pagare il gasolio. Insomma come stanno le cose? Sembra di essere in un film Luce di propaganda fascista…

C’è poco da dire. O Renzi cambia stile (difficile!) o, a poco a poco, i cittadini si renderanno conto del colossale bluff. E per l’Italia saranno ancora occasioni perse.

Diciamola tutta: Renzi ha un potenziale molto alto di dinamicità e voglia di fare. Ma ha molto da imparare sul piano del metodo. Rispetto del dissenso interno e dialogo, ascolto delle proposte e dialettica, coscienza che non si possiede la verità rivelata ma che l’errore fatidico è dietro l’angolo, che l’eccessiva fretta è nemica del bene. Che la trasparenza non è solo una parola. Che, infine, la presunzione è un brutto difetto: provoca antipatie e non concilia il consenso.

Questa, infine, si chiama “democrazia”.

Amoproust, 9 agosto 2014

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