martedì 6 dicembre 2011

ANCORA SU EQUITA' E DINTORNI


MA E’ COSI’ DIFFICILE REALIZZARE L’EQUITA’?

Secondo un  sondaggio di  Sky TG24 la maggioranza degli italiani ritiene la manovra di Monti iniqua. Non è un sondaggio “scientifico” ma ci vuol poco a credervi.

Ma domandiamoci: cos’è che impedisce  a un governo tecnico, non vincolato a condizioni elettoralistiche come sono i partiti, di realizzare una manovra economica equa?

Alcune ragioni, scegliete voi ciò che vi piace di più:
  • nessuno è un tecnico puro. Ciascuno risponde  a una scuola, a una ideologia, a un indirizzo di pensiero. La compagine Monti risponde  a un’area non certamente sociale o socialdemocratica, ma sostanzialmente conservatrice e di destra. Per la quale la ricchezza e la proprietà sono intoccabili, se non in minima parte. Salvaguardare il capitale è un must non un optional
  • non solo ma un forte orientamento cattolico nella compagine Monti ha impedito di realizzare l’equità tassando i beni della Chiesa, almeno quelli non strettamente di culto
  • in Italia esistono potenti lobby di pressione, anche oscure e segrete, che non permettono che privilegi, patrimoni, ricchezze vengano colpite. Pensate a come – ad ogni occasione di manovra – sia impossibile ridurre le spese militari o ridurre quelle spese ingiuste che gravano sulla casa e che sono le tariffe notarili (lobby). E l’elenco potrebbe essere molto lungo. Sono poteri con l’arma del ricatto
  • un pensiero implicito, ma nemmeno tanto, di tipo meritocratico spinto, per cui la ricchezza è una conquista meritevole, mentre la povertà o la condizione di indigenza è frutto di ignavia e debolezza intrinseche. Già Calvino, alla radice del pensiero protestante e capitalistico diceva che il ricco è benedetto da Dio e che la ricchezza è segno di elezione divina. Il povero è tale perché se lo merita o lo  vuole, quindi se lo castigo è colpa sua e faccio la volontà di Dio
  • la concezione macroeconomica per cui colpendo la massa con piccoli prelievi si realizzano ingenti entrate mentre non vale la pena colpire molto quei pochi che hanno molto. Non si realizza una cifra consistente. Non vale lo sforzo e la spesa (chi è ricco è furbo, ha uffici legali attrezzati, si difende molto bene). E’ il principio per cui negli USA (tanto decantata democrazia delle imposte!) non si fanno accertamenti fiscali nei casi in cui le spese risultino superiori al ricavato possibile per l’erario (all’animo della giustizia!)
  • la mentalità tecno burocratica e positivista per cui l’uomo è una macchina e ubbidisce a criteri meccanicisti. Si calcola sull’uomo, la sua produttività, la sua “resa” come si fa con le macchine. La si spreme come macchina finché non è obsoleta. Non c’è spazio in questa ideologia per una visione umanistica per cui l’uomo ha obiettivi, risorse e fini diversi da quelli di una macchina.  Si pensi al ragionamento cinico con cui si sono manipolati i tempi pensionistici. Può piangere la Fornero e a ragione. Ma cosa deve fare uno che pensava di pensionarsi l’anno prossimo e si vede costretto a lavorare ancora 5 anni (5 anni – signori, è vero!). Di colpo senza preavviso e gradualità. E’ una mannaia spietata.
  • il famoso criterio che viene evocato stupidamente  a  difesa dei grandi patrimoni scudati per cui si dice “ho fatto rientrare i capitali al 5% facendo un patto con lo Stato che adesso lo Stato non può infrangere”. Ma se è valido questo ragionamento, lo è per tutti, anche per i pensionati. Che potrebbero dire: quando sono entrato nel mondo del lavoro c’erano certe regole e queste non si cambiano in corso d’opera. Il principio per cui le regole possono esser cambiate se lo decide il Parlamento vale per tutti
I sacrifici sono sacrifici quando ti cambiano il tenore di vita. Devi tagliare, non ti puoi permetter più di andare al cinema o al ristorante o di fare un viaggio o di comprare un bel vestito, per non parlare di sacrifici alimentari. Non è sacrificio “oggettivo” rinunciare al lusso, allo yacht di ultima generazione, alla Ferrari e al ristorante da 300 euro. Può esserlo soggettivamente per chi è viziato e in competizione con altri degenerati. Per cui di che parliamo quando parliamo di tassazione dei grandi patrimoni? Parliamo di graffietti, di  giocarelli, anzi di un benefico aiuto a rimeditare sul significato della vita. Che, se poi qualcuno dice che così mettiamo a rischio l’industria del lusso, rispondo papale papale che non me ne frega niente, si riconverta, diventi industria del  bello, che è meglio. Che si abbia timore a toccare questo tipo di società mi infastidisce, eppure succede.

Se il Governo Monti rinuncia a realizzare giustizia sociale è un’altra grande occasione perduta per il nostro Paese. I mercati guardano ai numeri, al saldo finale, non gliene frega niente da chi vengono i soldi se dai poveretti o dai pensionati, dalla classe media o dai benestanti sfondati. Quindi lo spread scende e la Borsa sale, ovvio. Non significa dire che Monti ha salvato la patria. Lo avrebbe fatto monetariamente, non moralmente, ma forse, a sua discolpa, non era un suo compito. Che ne dice il nostro grande Giorgio?

Ma il clima del Paese è avvelenato e la divisione richiama la lotta di classe. Che dovrebbe essere un residuato del passato, un ricordo. Qualcuno dice che sta tornando di moda il Carletto e che quel tipetto di Treviri con il barbone aveva un bel po’ di ragioni.  

Sarà contento Berlusconi (in pensione, si spera) se tornano i comunisti, almeno potrà dire che non lottava contro dei puri fantasmi.

Amoproust  6 dicembre 2011

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